«La tregua» è Levi, non Turturro di Primo Levi

Il libro torna nelle edicole con la foto dell'interprete del film Il libro torna nelle edicole con la foto dell'interprete del film «La tregua» è Levi, non Turturro OGNI copia in più de «La tregua» di Primo Levi venduta grazie al film di Francesco Rosi dobbiamo certo considerarla un'amara goccia di bene dentro il mare dell'indifferenza. Benvenuta dunque la pubblicità della pellicola al libro, lo si legga nelle scuole e raggiunga le troppe case che la televisione ha deprivato di biblioteca. Né del resto potremmo negare il valore in sé dell'opera cinematografica quale strumento di recupero della memoria perduta, nell'epoca in cui la percezione per immagini ha di gran lunga sopravanzato la capacità di introiettare la parola scritta. Ci sono capolavori come «Schindler's List» di Spielberg che non solo Z..Q.2.!.fi> 771122" 176003 espediente. Ma l'Einaudi meglio avrebbe fatto ad accontentarsi della solita fascetta «da questo libro è tratto il film...», lasciando a Primo Levi la sua faccia. Un minimo segno di rispetto per l'eccezionalità della testimonianza narrata ne «La tregua», che non è opera di fantasia come un romanzo da ciascuno rielaborabile nel proprio immaginario, ma invece fedele resoconto di un'esperienza vissuta. E poi il viso di Primo Levi, i suoi occhi luccicanti passione razionale, meritano di essere ricordati di per sé, ci parlano ben oltre la pur felice trasfigurazione di un attore. Non risulta che mai in passato l'Einaudi avesse tradito così l'immagine dei numerosi suoi autori dalle cui opere siano stati tratti dei film. Perché cominciare proprio da Primo Levi? Sono sicuro che neppure John Turturro può aver gradito questa pubblicità di dubbio gusto. meritano la considerazione propria dell'opera d'arte, ma che forniscono un contributo fondamentale alla perpetuazione del ricordo dell'Olocausto. E' auspicabile che anche il film di Rosi possa assolvere alla medesima funzione. E, lo ripeto, se anche l'opera non fosse artisticamente all'altezza, vale comunque la sua formidabile promozione del libro di Levi, a dieci anni dalla tragica morte. Eppure in tutta questa ammirevole operazione, non riesco a nasconderlo, avverto una piccola nota stonata della quale mi rammarico anche perché giunge dalla parte meno attesa: la casa editrice di Primo Levi, l'Einaudi. Va bene approfittare della benefica pubblicità derivante dall'uscita de «La tregua» nelle sale, ma occorreva proprio mettere in commercio un'edizione del libro recante in copertina il volto di John Turturro, l'attore che impersona Primo Levi? Pur di favorire la lettura, ci siamo abituati a giustificare ogni Gad Lerner