Mafiosi nel partito di Berisha di Vincenzo Tessandori

Mafiosi nel partito di Berisha Mafiosi nel partito di Berisha LONDRA. Traffici di droga, riciclaggio di denaro sporco, contrabbando di armi: l'Albania - stando a sferzanti accuse dei servizi segreti occidentali di cui ha dato ieri notizia in esclusiva e con grande risalto l'«Independent», è nelle grinfie di «un regime gangsteristico». A detta del giornale britannico, rapporti riservati dell'intelligence sulla rampante corruzione a Tirana circolano da due anni nelle cancellerie occidentali che però hanno chiuso gli occhi considerando il presidente Sali Berisha un elemento di stabilità e fornendogli quindi incondizionato appoggio. In un articolo del proprio corrispondente da Roma, Andrew Gamble, l'«Independeht» dà per certe «la collusione e la partecipazione di esponenti del partito democratico» in una «straordinaria gamma di crimini» cui non è estranea la mafia italiana. [Ansa] E' fuggito in Italia il titolare di una delle società coinvolte A sinistra: la protesta nelle strade di Valona In aito: il cambio di lek in dollari nel centro di Tirana rassicuranti, a dispetto delle certezze ripetute in tv dai «finanzieri dei miracoli». Perché, per esempio, si è saputo che l'ambasciata statunitense ha negato il visto a Vehbi Alimugaj, signore della Vefa. Lo hanno negato a lui e alla moglie Flora. Qualcuno ha avuto l'impressione che abbiano tentato di tagliare la corda. Ora lui ha lasciato Tirana e la villetta a tre piani con stendardo e riflettori, sede della società, per ritirarsi a Valona. Per attenuare le tinte la Vefa ha riaperto qualche sportello e cominciato a distribuire pochi denari: in lek, e soltanto gli interessi, calcolati al 3 per cento mensile, anche se era stato contrattato il 10. Ma si sa, business is business e il corpulento Vehbi Alimugaj, uno che negli anni del regime era sottufficiale dell'esercito, gli affari sembra che abbia saputo farli. I suoi, almeno. In tv ha proposto: «Datemi cinque anni e dell'Albania farò l'America». Tempo, occorre tempo, e magari qualche aiuto esterno per evitare la catastrofe. Ma, si sa, per ottenere bisogna pur dare qualche cosa e qui nessuno pare disposto a concedere niente. Non il governo, che ha rifiutato di farsi da parte, a dispetto di pressanti richieste piovutegli un po' da ogni lato, tantomeno l'opposizione. In questa situazione ha i suoi guai anche Ferdinand Kamberi e pure lui ha cercato di prendere il largo: voleva andarsene a Budapest, la settimana scorsa, ma all'aeroporto di Rinas, quello della capitale, lo hanno rispedito indietro. Così se n'è tornato a Valona, patria degli inventori dell'improbabile «miracolo economico». E in qualche modo è scivolato in Italia. «A Parma, a contrattare con il nostro partner, Ziveri International», informano alla sede della filiale di Tirana, un modesto appartamento al terzo piano di uno stabile cadente sulla Konferenca e Pedes, a due passi dalla piazza Scanderbeg. Da Parma, nessuna conferma: evidentemente la riservatezza è il motto dell'importexport. E' pure quella del giovane finanziere laureato in legge, uno abituato a soppesare le parole e a rispondere per scritto. Non solo non ho guai, garantisce lui, ma sono solido e prospero come pochi. Il denaro Kamberi, lo ha investito in varie attività. ((Abbiamo cominciato nel 1994 basandoci su tre cose: i miei averi privati, che naturalmente nei primi tempi erano limitati; i crediti dei cittadini albanesi e' quelli degli investitori stranieri, soprattutto italiani». Lui si è lanciato nell'allevamento dei maiali. «Noi possiamo dichiarare», spiega usando il pluralis maiestatis, come Giulio Cesare, «che abbiamo seguito una buona strada nel determinare le direzioni principali dell'attività della nostra società puntando sulla zootecnia e sul turismo». In ogni modo il «socio unico della Company» i cordoni della borsa li ha tirati il 26 gennaio: da quel giorno non ha più distribuito un lek. C'era una piccola folla di gente comune, ieri mattina, davanti alla serranda abbassata dell'ufficio in Banesa 51/1, uno slargo in terra battuta. I creditori hanno mandato una petizione, per bocca del suo direttore generale, Petraq Balliu, la Company chiede due settimane di respiro: dal 1° marzo, si garantisce, verranno rimborsati fra i 2 e i 5 mila dollari, più avanti avverrà la restituzione completa. Ma pochi ci credono. Vincenzo Tessandori

Persone citate: Andrew Gamble, Balliu, Berisha, Ferdinand Kamberi, Kamberi, Sali Berisha, Ziveri International