«Nessuna pressione di Scalfaro» di M. Cor.

Accorata relazione del presidente della Corte Costituzionale: sui referendum totale libertà di giudizio Accorata relazione del presidente della Corte Costituzionale: sui referendum totale libertà di giudizio «Nessuna pressione di Scalfaro» Granata: falsa la notizia di una sua telefonata «Alt ai sospetti contro giudici che non possono difendersi» mmmmmmmmm E Pannella «insorge» Manifestazione al Quirinale ed è scontro con la polizia ROMA. E' il giorno dell'ira, al vertice della Corte Costituzionale. D presidente, Renato Granata, sottoposto da giorni al fuoco delle polemiche, su tutte quelle di Marco Pannella, sbotta: «Non è in questione la piena libertà di discussione e di critica sulle decisioni della Corte. Però è lecito chiedere che la discussione non degeneri mai, e non si può dire che ciò non sia avvenuto, in pura denigrazione dell'istituzione e dei suoi rappresentanti». Era in calendario, ieri, la rituale conferenza stampa del presidente su un anno di lavoro alla Consulta. Sennonché in questi giorni la Corte Costituzionale si trova, suo malgrado, al centro delle polemiche. E anche ieri manifestavano i militanti radicali fuori della porta. E anche ieri sono piovute interpellanze, dichiarazioni, polemiche. Dunque era fatale che la relazione del presidente finisse sul tema scottante dei referendum in larga parte bocciati. Granata non vorrebbe parlarne: «Sono da ricomprendersi nell'attività svolta durante l'anno in corso e destinate pertanto a essere considerate nella relazione annuale successiva». Però l'attualità incalza. E quindi finisce che se ne parla. Primo, dice Granata, la Corte rinnova «l'auspicio che il legislatore intervenga per dettare una più adeguata disciplina dell'istituto referendario». Secondo, basta aggressioni. Basta semplificazioni, la Corte non prende «decisioni politiche», come «si tenta ossessivamente di rappresentare, a fini puramente politici, VENT'ANNI POPÒ PADOVA DAL NOSTRO INVIATO Il fantasma di Toni Negri, a 63 anni suonati, a venti dal '77, a quattordici dall'esilio francese (o latitanza, a seconda delle opinioni), si aggira ancora per Padova. A Scienze Politiche, il professor Luciano Ferrari Bravo (sei anni di carcere preventivo per l'inchiesta 7 aprile e poi assolto da tutto) usa come testo il «Potere costituente» del maestro. Qui nella sede di Radio Sherwood, di «Negri» ancora incellophanati ce ne sono a pacchi. Non bruciano dalla voglia di leggerli i ragazzi che vanno e vengono dalla storica radio del movimento padovano. Ma non diteglielo, che subito s'arrabbiano: «Stavano per mandarli al macero: per fortuna siamo riusciti a salvarli». Salvati dal macero, non dalla polvere. Comunque grazie. Il fantasma del professore è sottile, ma vivo. Un suo vecchio collega e avversario, all'università, ci ha parlato di «piccoli detriti», a proposito di quel che resta di Autonomia. E però una rete c'è, una decina di centri sociali (occupati e autogestiti) tra Vicenza e Trieste e legati tra loro nella multietnica definizione di «melting» coltiva 1'«antagonismo» senza passamontagna e tenta di cucire un filo di continuità. Un'associazione, L'Adi, per la «difesa dei lavoratori», riunisce i Cobas che si stanno moltiplicando e non solo nel pubblico impiego. L'associazione «razzismo-stop» ha fatto battaglie per aiutare profughi jugoslavi. Un sito Internet (http://www.ecn.org/Pad/) è a disposizione di chi vuol accedere alla rete dei «contropoteri territoriali» che probabilmente piacerebbero molto al professore fuggito a Parigi, ispiratore e teorico della fiammata padovana del 1977, quando la rivolta dei collettivi rivelò l'altra faccia di quel Nord-Est che cominciava a formicolare: la grande fabbrica che si frantumava e disperdeva nelle famiglie e nei sottoscala. Una classe operaia difficile da condurre su grandi lotte collettive come aveva capito il teorico dell'operaismo comunista Mario Tronti: «Rude razza padana, senza ideali e senza fede», così citato a memoria da Emilio Vesce. Il modello dell'individualismo veneto stava silenziosamente costruendo il suo miracolo mentre rumorosamente si affermava il suo apparente contrario, l'Autonomia operaia del professor Toni Negri. Vent'anni fa, in quelli che Guido Petter, psicologo dell'età evolutiva, sprangato da un commando di alla pubblica opinione». «Si sono dette e scritte molte cose sulla Corte - scandisce Granata, leggendo le conclusioni della sua relazione - e sulle sue decisioni infierì con modi e toni molto diversi, non di rado esasperati e del tutto impropri. Poiché la Corte parla con le sue decisioni, meglio sarebbe che ci si basasse su queste e non su valutazioni preconcette, ovvero su sospetti, insinuazioni, congetture, specialmente se relative ad atteggiamenti e a voti di singoli giudici. Sospetti, insinuazioni, congetture formulate nella piena consapevolezza che quei giudici non possono difendersi nel merito senza violare il segreto della camera di consiglio al quale ogni componente del collegio è rigorosamente tenuto, come tutti ben sanno, anche coloro che del collegio non fanno più parte». E così è servito anche l'ex presidente Antonio Baldassarre, chiamato in causa dal Tempo come fonte degli articoli più velenosi, svanito sulle nevi di Corvara senza smentire. Il fatto più grave è che si è chiamato in causa il presidente Scalfa¬ ri Interviene Granata con voce secca: «Le deliberazioni assunte in ordine ai giudizi di ammissibiUtà di tutti, dico tutti, e trenta i referendum sono state adottate dalla Corte come sempre in totale libertà di giudizio e in piena osservanza delle regole che disciplinano la formazione delle sue decisioni». Ma Granata vuole essere ancora più chiaro. Dice fuori testo: «Voglio ribadire che la notizia circa telefonate che il Presidente mi avrebbe fatto per raccomandare la "bocciatura" del referendum sulla Guardia di Finanza è assolutamente falsa. Altrettanto falsa a 360 gradi è la notizia circa analoghe telefonate rivolte ad altri giudici. A nome dell'istituzione che ho l'onore di presiedere, e a nome di tutti, sottolineo tutti i suoi giudici, aggiungo e lo dico con assoluta fermezza che per nessuno, dico nessuno, dei referendum sottoposti al suo esame la Corte ha mutato giudizio». Nelle ore in cui la Consulta faceva sentire la sua voce, però, il governo annunciava una formale censura verso Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia, accusato di «collocarsi al di là del ri• spetto delle regole del diritto». Subito dopo una furibonda polemica tra il ministro Bassanini ed esponenti del Polo. Bassanini: «Se c'è un aggressore, è l'on. Formigoni». Lapidario Gasparri, di An: «Organo presunto costituzionale. In realtà illegale, inconstituzionale, illiberale». ROMA. Marco Pannella al Quirinale. O meglio, sotto il Quirinale a protestare per i referendum negati. Un sit-in intorno all'obelisco su cui si affacciano sia le finestre di Scalfaro sia le stanze della Corte Costituzionale dove ieri il presidente Renato Granata leggeva la relazione di bilancio del 1996. In piazza accanto al leader radicale dovevano essere molti di più. Erano, invece solo una decina armati di cartelli «anti Scalfaro» subito sequestrati dalla pohzia. Ma lo striscione - con su scritto «Scalfaro e Granata usurpatori dimettetevi» - è stato aperto solo qualche secondo fino all'intervento di polizia e carabinieri che lo hanno strappato dalle mani dei manifestanti. Un intervento senza «danni», se non qualche spintone. Un vero assalto, a sentire i manifestanti. «Siamo stati letteralmente assaliti senza aver avuto nemmeno il tempo di aprire il nostro striscione da agenti in assetto da guerra», ha protestato uno dei segre- La manifestazione di Pannella. A sinistra: il presidente tari della lista Pannella, Mario Giustino. Inferocito Marco Pannella: «Per difendere dei delinquenti, anche delle forze repubblicane ligie non possono che farlo con metodi sospetti. Ma solo per difendere dei delinquenti». Secondo il leader radicale «non c'era alcuna manifestazione da autorizzare» perché «tutti i rittadini sono liberi di camminare per una piazza pubblica esercitando il diritto di manifestare pubblica¬ mente il proprio pensiero». Pannella ha sottolineato il bisogno di «esercitare il diritto di manifestare le proprie opinioni pubblicamente e non come fanno questi signori telefonandosi di notte e facendo i delinquenti, come fa il presidente della Repubblica o il presidente della Consulta, di cui chiediamo le dimissioni assumendoci le nostre responsabilità come in tutti i paesi civili». A far arrabbiare Pannella anche l'assenza delle tv nazionali, Francesco Grignetti della Consulta Renato Granata quelle «di Stato e del parastato, cioè della Rai e di Berlusconi». E al grido di «Scalfaro, dimissioni» gridato verso le finestre del Presidente della Repubblica dal leader dei radicali la manifestazione è finita. Pannella ha poi annunciato che un gruppo di giuristi sta studiando le forme legali per poter fare ricorso contro le decisioni della consulta a proposito dei referendum bocciati. Tra le varie ipotesi quella di un «ricorso internazionale», [m. cor.]

Luoghi citati: Corvara, Lombardia, Padova, Parigi, Roma, Trieste, Vicenza