Mutamenti del clima, nuovo motivo di allarme

Mutamenti del clima, nuovo motivo di allarme Mutamenti del clima, nuovo motivo di allarme Aprima vista, effetto serra, colera e malaria, sembrano senza alcun rapporto causale. Invece non è così. La correlazione si sta lentamente delineando: una brutta sorpresa che ci fa capire quanto fuorviarne sia pensare all'effetto serra (ES) come un ad un semplice aumento della temperatura media di 2-4°C: sono le conseguenze collaterali quelle che più ci toccheranno da vicino, dall'innalzamento del livello degli oceani allo scioglimento dei ghiacciai dell'Antartide. Inoltre questi fenomeni sono destinati a colpire popolazioni che poco o nulla hanno contribuito alla causa iniziale, che è stata invece innescata dai Paesi sviluppati: pensiamo alle decine di milioni di persone che in Egitto e in Bangladesh si troverebbero a dover affrontare un mare mezzo metro più alto. A questo scenario si aggiungono ora studi epidemiologici che ci ammoniscono che un aumento della temperatura potrebbe causare un aumento dell'incidenza di colera e malaria. Cominciamo con la malaria, una infezione trasmessa dalla femmina di zanzara (Anopheles) che ospita ben 4 parassiti malarici (Plasmodium). La femmina si infetta ingerendo sangue umano infetto per poi trasmettere il parassita ad altri esseri umani del cui sangue si nutre. Le condizioni climatiche ottimali sono: 20-30°C, umidità del 60% e temperatura invernale superiore ai 15°C. Il 95% di tutti i casi di malaria si ha nella regione del Sub-Sahara: qui ogni anno muoiono mezzo milione di bambini. La popolazione a rischio è oggi di 2.1 miliar¬ di e le persone infette sono 270 milioni. L'effetto serra, causando un aumento della temperatura, farebbe salire la malaria verso il Nord, in regioni dove oggi i mosquitos vettori non pongono ancora un pericolo, per esempio, in Kenya e Zimbabwe. Consideriamo ora il colera, un antico flagello delle fasce più povere della società. L'etimologia più attendibile lo farebbe derivare dal greco chole (bile) e reo (scorro). Il batterio del colera, Vibrio cholerae, è trasmesso da acqua e cibi contaminati. L'infezione è già descritta in testi in sanscrito del 500 B.C., nonché in Grecia più di duemila anni fa. Un flagello antico: endemico, e di tanto in tanto epidemico. In Inghilterra arrivò nel 1849 e qui avvenne un fatto importante. Il medico della regina Vittoria, John Snow, fu il primo a capire che l'infezione era dovuta ad acqua contaminata. In un classico studio di epidemiologia, nel 1854 dimostrò che su 10.000 case, ben 315 casi di morte risultarono in case alimentate da una sorgente (Southwark and Vauxhall Company) contro 37 casi di morte in case alimentate da un'altra sorgente (Lambeth Company) meno contaminata. In Africa, nel 1991 ci furono 45.149 nuovi casi di malaria con una mortalità di 3488, circa l'8%. Un numero assai più elevato di quello in America Latina dove ci furono 251.533 nuovi casi con una mortalità di 2618, cioè dell'I per cento. Il caso dell'America Latina è particolarmente importante perché ci ha rivelato un fattore nuovo, la relazione con il clima. Il colera arrivò in Perù nel 1991. In tre settimane si sparse su una regione costiera di 2000 chilometri; i casi riportati furono 30.000 con 114 fatalità. Il primo caso fu a Chancay, 60 km da Lima, ed il giorno dopo a Chimbote, un porto 400 km a Nord di Chancay. L'ipotesi originale che navi ancorate al porto del Callao avessero scaricato acque contaminate non poteva essere vera data la quasi simultanea occorrenza dell'epidemia. Si capì invece che il fenomeno era dovuto alla fioritura del plancton marino a causa del fenomeno climatico El Nino in cui acque calde (di circa 1°C) si originano lungo le coste peruviane spostandosi verso il Pacifico (Tahiti) dove si è verificata, con vari satelliti, una vasta regione di acque calde. Per rimpiazzare tali acque, lungo le coste peruviane avviene uno spostamento verticale di acque profonde che portano alla superficie nutrienti, da qui una fioritura del fitoplancton. Usualmente il fenomeno El Nino (che avvenendo verso Natale prende il nome da Gesù Bambino, El Nino in spagnolo), è della durata media di un anno, ma nel 1990-1995 si verificò il caso più prolungato nella storia di tale fenomeno. E questo coincise con l'epidemia del colera. Il colera può diventare endemico, per esempio, in Bangladesh c'è un'epidemia annuale che coincide con la fioritura delle alghe (Anabaena) nelle acque salmastre lungo le coste. L'organismo del colera, il Vibrio cholerae, sopravvive nell'ambiente in cui si trova nascondendosi e riparandosi negli strati mucosi di svariate alghe e fitoplancton che sono molto sensibili alle condizioni climatiche prevalenti nel luogo. E' stato recentemente portato a tennine uno studio durato 3 anni, dal 1987 al 1990, in Bangladesh. Si impiegarono dieci stazioni fisse, 2 corrispondenti al delta di fiumi e 8 villaggi lagunari, 46 km a Sud della capitale Dacca. Campioni di acqua ed alghe (cianobatteri, diatomi, alghe blu...) venivano prelevati ogni due settimane. Il risultato fu chiarissimo: l'abbondanza di Vibrio cholerae aumenta con l'abbondare dei copepodi (fra i più numerosi gruppi di zooplancton). Il risultato verrà presentato in una pubblicazione degli autori: Colwell, Huq, Russek-Cohen e Jacobs. Nella figura riportiamo un recentissimo risultato dove si nota una chiara correlazione fra l'incidenza di colera e l'aumento della temperatura del mare in Bangladesh. I massimi e minimi sono troppo ben correlati. Abbiamo discusso su queste pagine (4 dicembre 1996) recenti esperimenti che tenterebbero di mitigare l'effetto serra fertilizzando gli oceani con ferro che porta ad una fioritura del fitoplancton del 3000 per cento. Ma se ciò avvenisse nei pressi di terra abitata, l'incidenza colerica sarebbe catastrofica. Se e quando l'esperimento verrà discusso seriamente su scala globale, gli epidemiologi avranno molto da insegnarci, e noi molto da imparare sulla nostra complicata biosfera. Vittorio M. Canuto Nasa. New York

Persone citate: Canuto, Cohen, El Nino, Gesù Bambino, Jacobs, John Snow, Vittoria