«Ma tutto è nell'incipit» di Bruno Quaranta

«Ma tutto è neWincipit» «Ma tutto è neWincipit» PER George Eliot la conclusione di un romanzo «è il punto debole», per James una «distribuzione di premi». Per Michele Straniero è un passepartout per andare oltre, per accompagnare la narrazione oltre la terribile parola «fine». Frutterò e Lucentini, qualche anno fa, con «Incipit», avevano raccolto 757 inizi di romanzi, suggestionati da un singolare libro giallo e da un progetto di Valéry che voleva fare una raccolta d'incipit. Cosa ne pensano i due scrittori di questo ribaltamento di prospettiva usato da Straniero e Schwamenthal? «Un autore - dicono Frutterò e Lucentini - cerca di chiudere bene la sua storia. Ma il punto di forza sta nel prima. Si può chiudere con un fuoco d'artificio o con tono basso. Il finale del Corsaro Nero è buono, quel suo piangere è una buona idea. Anche Madame Bovary è un esempio stupendo. La Princesse de Clèves ha un finale di grande retorica: "Al fine, interi anni essendo trascorsi, il tempo e la lontananza mitigarono il suo dolore e spensero la sua passione". Più mole ha il romanzo, architettura, e più il suo finale richiede attenzione. Proust per la Ricerca chissà quanto ci ha lavorato su. Kafka non è uno che si deve essere tormentato. Il finale viene in parte da sé, dettato dalla tonalità del raccontare: bassa, ironica, nostalgica. C'è un finale esplosivo in Addio alle armi di Hemingway, che ha lo stesso tono dell'attacco. Ma un finale sbalorditivo non può mai esserci perché lo stai preparando dall'incipit. Una valanga che metti in moto e poi si srotola e si ferma. E' meno angoscioso, gravoso di un attacco. L'attacco ti dichiara la tonalità: il finale non può che essere una conseguenza, un obbligo di quanto viene prima». [n. o.] Da Cesare Abba a Stefan Zweig: 365 casi raccolti da Schwamenthal ' Straniero in un 'antologia che inaugura «Un'autobiografia: riflette il cammino del lettore allo .stalo puro, che non tollera pungoli accademici o snobistici. la collana «Nani» diretta da Del Buono onnivoro, fedele nolo al suo fiuto» Straniero è un fabulatore civile di lontana data. Spesso e volentieri sottobraccio allo spartito. Come dimenticare la testimonianza politico-musicale di «Cantacronache», fra Anni Cinquanta e Anni Sessanta, che nutrì con Liberovici, Jona, De Maria, Amodei, Del Prete, Pogliotti, Fortini, Calvino? La fatica di opporre all'Italia delle sagre un'Italia vertebrata, che non voleva saperne di considerare una colpa la Resistenza, che non voltava le spaile alle morti bianche, che non esitava a denunciare l'ottusità della classe dirigente. Canzoni e canzoni. Michele L. Straniero non solo ne ha composte mantica della bizzarra coppia esauriscono i cardini su cui ruota l'antologia? «Sì e no - spiega Straniero -. Certo: vuole essere una sequela di sorprese. E' insieme vero che non difettano i til rouge. Il gioco consiste nell'individuarli. Un esempio: tanti epiloghi sono tanti modi di rendere l'anima. Dallo Scialo di Pratolini alla Madre di Gor'kij». Chi svetta sul praho battente bandiera Baldini & Castoldi? «11 plauso a Salgari, fra gli artificieri che sapevano incendiare la fantasia della mia generazione, è evidente. Ma credo che sia Carolina Invernizio la più convocata. I classici-classici non mi sembra abbondino. Si è voluto evitare ciò che dovrebbe essere arcinoto. L'endecasillabo dantesco "e quindi uscimmo a riveder le stelle" non meno del manzoniano scrupolo: "...se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta"». Di sicuro gli ostinati cercatori o predatori di finali, per dirla con Salgari, non riescono a tediare. Il loro album, ovunque lo si apra, rigenera 0 gusto di lasciarsi avvolgere dalle storie. L'omaggio all'Invernizio non è gratuito, già Gramsci ne isolava la capacità di farsi leggere, il numero di prestigio dominante all'ombra del Corsaro Nero. Storie e cantastorie. Michele L. (alcune con Virgilio Savona, Quartetto Cetra, «un piccolo cabaret teologico-politico e erotico-sentimentale»). Ne ha anche sottratte centinaia e centinaia alla deriva. I canti dell'emigrazione e i canti della grande guerra, i canti dell'Italia fascista e i canti partigani, i canti d'osteria e i canti del mare: fiumi di accordi che hanno modellato il «Nuovo Canzoniere Italiano» e «I disclù del Sole». Esercizi di salvataggio intervallati da prove alla scrivania: «Sto finendo un'escursione intorno a Spinoza: Spinoza ateo virtuoso. "Non piangere, non ridere, non condannare, ma capire" è la verità che mi ha trasmesso». (A proposito di finali. Sarebbe fuori luogo insidiare la privatissima galleria della ditta Straniero & Schwamenthal con il logoro rompicapo «chi c'è, chi non c'è». Ma sarebbe ugualmente imperdonabile non porgere rispettosa domanda affinché in una futura edizione trovi asilo il finale dei finali, il Triste, solitario y final di Osvaldo Soriano: "Per tutti i giorni che siamo stati insieme mi sono domandato chi è lei, cosa cerca da queste parti'). «Lo ha scoperto?». «No, ma mi piacerebbe saperlo». No, non può mancare il monumento al finale ignoto). Bruno Quaranta

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