«Shine» la storia segreta
il caso. Difficoltà, crisi, ricadute: oltre il film, il grande pianista raccontato dalla moglie il caso. Difficoltà, crisi, ricadute: oltre il film, il grande pianista raccontato dalla moglie «Shine», la storia segreta «Così ho salvato Helfgott» Quella morte non mi convince I quotidiani italiani nel dare notizia della morte di Bohumil Hrabal danno per scontato che si sia trattato di una caduta accidentale da una finestra del quinto piano dell'ospedale di Praga dov'era ricoverato, mentre stava dando da mangiare ai colombi appollaiati sul davanzale. Ho pensato alla stranezza di una simile morte e mi è subito venuta alla mente una singolare coincidenza. Hrabal aveva preannunciato la sua possibile morte il 17 gennaio 1989 nel racconto II flauto magico, scritto all'indomani delle manifestazioni studentesche svoltesi a Praga per ricordare l'anniversario del suicidio di Jan Palach. Lo scrittore ó in un momento di profondo pessimismo per dolorose vicende personali e, insieme, per la situazione politica del suo Paese e ricorda quante volte abbia pensato di suicidarsi proprio gettandosi rial quinto piano della sua casa. Più volte ritorna nel racconto, pubblicato in Italia dalla e/o con la bella traduzione di Annalisa Cosentino, il tema del «quinto piano». «... quante volte avrei voluto buttarmi dal quinto piano, dalla mia casa, in cui tutte le camere mi fanno male, ma l'angelo all'ultimo momento mi salva sempre, mi tira indietro, come dal quinto piano voleva buttarsi il mio dottor Franz Kafka, dalla Maison Oppelt, ci si arriva da piazza della Città Vecchia, ma il dottore sarebbe caduto dietro l'angolo che dà sulla Parizska, forse anche a lui faceva male il mondo e la sua vita gli faceva male, così pure dal quinto piano voleva buttarsi Malte Laureds Brigge, anche a lui a Parigi faceva male il mondo intero, anche a Rainer Maria Rilke...» (p. 9/10). Subito dopo pare che Hrabal respinga la ricorrente tentazione. «... Io, però, non mi buttero più dalla finestra... Io devo vivere di nuovo il male che mi fa il mondo resto, 1 'infanzia con il padre autoritario, gli studi a Londra, la follia, entrano per ampi flash back. E non è vero, come dicono le favole, che vissero insieme felici e contenti. Non è stata per niente facile, soprattutto all'inizio nel 1983, la vita fra il musicista e l'astrologa Gillian. Fer esempio: «Ogni giorno David beveva da quinchei a venti tazze di caffè con cinque cucchiaini di zucchero ciascuno; spargeva caffè e zucchero dappertutto, faceva innumerevoli docce, e fumava Helfgott al piano con il gatto Rachmaninoff; a destra, con i protagonisti del film 125 sigarette al giorno». E non smetteva di fumare e bere caffè neppure mentre suonava al pianobar «Riccardo's» a Perth, dove Gillian lo incontra la prima volta. Non è stato facile convincerlo a non fumare e bere per almeno venti minuti, quanto duravano, mediamente, i brani che doveva eseguire al concerto del «comeback», il grande ritorno, l'8 giugno del 1984. Non è stato facUe neppure districarsi fra ripicche e incomprensioni dei molti amici che, soccorrevoli, negli anni della follia erano stati vicini al malato. Ma soprattutto la grande conquista è stata fare uscire David, ancora confuso e in preda a un continuo stato di eccitazione motoria e verbale, dalla nebbia, «the fog». Cioè quel senso di obnubilamento, di smarrimento che aveva incominciato ad assalirlo da ragazzo, negli Anni 60. Quando il padre, po¬ a Sopra, David Helfgott col padre e la sorella; sotto, a destra, Vladimir Ashkenazy . :.}■■
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