Dal «boom» delle presidenziali 1992 all'assoluzione di Craxi Il revival del cecchino di Filippo Ceccarelli

Dal «boom» delle presidenziali 1992 all'assoluzione di Craxi Dal «boom» delle presidenziali 1992 all'assoluzione di Craxi Il revival del cecchino razione dei franchi tiratori. Questo per dire la tradizione, che ben si sposa con il culto nazionale per l'astuzia dei disegni segreti o dissimulati. Del resto i cecchini, confessava Andreotti in un empito di sincerità, «sono la malapianta di cui ci si rallegra quando si manifesta in ausilio alle proprie tesi, e si demonizza negli altri casi». A lungo e con molteplici sommovimenti i democristiani oscillarono tra questi due opposti stati d'animo. Fanfani era così ossessionato dai franchi tiratori che un giorno, leggendo alcune anonime frasi contro di lui in un album dei ricordi di un ristorante, commentò: «Eccoli, pure qui me li ritrovo». Di Moro si è detto. Nel 1980 Cossiga cadde con lo stesso sistema. De Mita, che nel 1964 fu perfino sospeso dal partito perché votava contro Leone, sperimentò poi da presidente diverse imboscate. Sembrava una nemesi esclusivamente democristiana. L'impallinamento della Rebuffa smentisce quest'impressione, e come da antico proverbio conferma che l'erba cattiva ricresce con una certa facilità. NROMA ULLA si crea e nulla si distrugge. Tutto torna, semmai, e così, insieme con Patty Pravo, la marcatura a uomo, le sale cinematografiche piene e i pantaloni a zampa d'elefante, ecco che ritornano i franchi tiratori. Era un po', in effetti, che se ne stavano quieti, niente più imboscate e così rari, ormai, gli spari dietro il cespuglio, che li si poteva addirittura immaginare sulla soglia dell'oblio, i cecchini. Avevano offerto il meglio di sé alle elezioni presidenziali del 1992, degna prosecuzione di un'interminabile epopea, massacrando nell'urna la candidature prima di Forlani e poi di Vassalli. S'erano quindi congedati dalla scena pubblica con la clamorosa «assoluzione» di Craxi. L'Italia del maggioritario, si pensava, li avrebbe messi in soffitta. E dunque rieccoli. E' bastato rievocare un pochetto il primato della politica, ridare modesto corso all'archetipo delle «maggioranze variabili», approvandosi nottetempo un finanziamentino pubblico ai partiti perché - plop - ricomparissero i franchi tiratori. L'iniziatica astrattezza della Rebuffa, quel suo misterioso prezzo simbolico da pagarsi in nome dell'«inciucio», deve averli eccitati assai. Con sintomatico tempismo, da più parti, hanno inaugurato il revival degli inganni d'aula proprio nel giorno in cui, alla Commissione Bicamerale, Ciriaco De Mita riproponeva la perenne sua lezione di riforma istituzionale. Consumatosi l'anonimo misfatto, i due papà della nonna bocciata, Calderisi e Rebuffa, comprensibilmente feriti, hanno puntato il dito sull'«angoscioso ritorno al passato». E tuttavia rispetto al passato-passato, alla stagione gloriosa in cui i franchi tiratori fecero fuori il primo e il secondo governo Moro, per dire, In questo senso - «inciucio» o proporzionale che sia - il pugnalatore occulto della Seconda Repubblica è senz'altro l'ultimo erede di una figura che il costume politico e parlamentare italiano ha sempre tenuto in altissima, anche se quasi mai riconosciuta considerazione. Di voto segreto si cominciò a parlare, tra il Sirtori e il Tommaseo, addirittura nella Repubblica Veneta alla metà del secolo scorso. 11 governo Minghetti, nel 1876, cadde per qualche recondita votazione d'aula sul macinato e le ferrovie. E anche Crispi, da presidente, ebbe i suoi guai, come si deduce da una serie di veementi invettive contro la prima gene¬ oppure misero sotto il governo Craxi per ben 14 volte in una sola seduta, gli odierni predatori dell'urna paiono molto più confusi, e molto meno comprensibili nella loro articolatissima composizione. I censimenti, in questi casi, valgono quel che valgono. E però, dando per scontato la provenienza dei cecchini da Pds, Forza Italia e An, tra berlusconiani che vogliono la Costituente e alleati nazionali che ce l'hanno con Berlusconi, tra pidiessini nemici di D'Alema e proporzionalisti trasversali, tra anime perse e scontenti vari, ecco, con ragionevole buon senso si può dire che disegni strategici se ne intravedono al tempo stesso troppi o troppo pochi, configurandosi piuttosto il franco tiratore di oggi come un figlio più o meno degenere della frammentazione e dell'implosione del sistema politico. Il che, d'altra parte, è pur sempre una variante di un'abitudine nnperitura. Filippo Ceccarelli

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