Bossi: indipendenza ma non subito
Milano. Da domani a congresso la Lega Nord-Italia federale senza la «traditrice» Pivetti Milano. Da domani a congresso la Lega Nord-Italia federale senza la «traditrice» Pivetti Bossi: indipendenza, ma non subito «Devo prima capire se la situazione è rivoluzionaria» MILANO. L'ultimo, appena due anni fa, era stato il congresso dei fischi al titubante Roberto Maroni, dell'ovazione perla convintissima Irene Pivetti, degli applausi all'alleato Massimo D'Alema e del consueto trionfo per Umberto Bossi. Da domani, invece, niente Pivetti: traditrice. E niente D'Alema: italiano. Nessun ospite se non indipendentista, nessun invito ai partiti di Roma ladrona: ((Anche perché spiega Bossi - con l'aria che tira tra i miei si prenderebbero fischi...». Al PalaVobis, che due anni fa si chiamava Palatrussardi, la Lega diventò Lega NordItalia federale. Ma da domenica si rettifica, il federalismo più che una fede è un'illusione e la Lega cambia il nome della ditta: «Lega Nord per l'indipendenza della Padania». Basterebbe questo, il nome, per capire come andrà a finire. Ma come in tutte le novità leghiste, quando Bossi ci si mette d'impegno, fino all'ultimo minuto nulla sarà scontato. Certo, Bossi e i suoi generali sono schierati sulla linea dell'indipendentismo. Anche chi, come Marco Formentini, finora aveva giocato sul tavolo delle riforme federaliste, con il congresso che arriva scoglie la posizione più vicina al Capo. E cosi i veneti, guidati da Fabrizio Comencini, spesso tentati da alleanze di governo nella loro regione e sempre repressi dalla necessità di purezza padana. Tutti con Bossi. Tutti, in queste ore, impegnati a dichiarare alle agenzie di stampa il loro sì alla secessione, sì all'indipendenza (Pagliarini & Speroni). Da lunedì sera, come promesso, Bossi è sparito. Ultimo a vederlo, nel suo ufficio di via Bellerio, l'autorevole oditorialista del prestigioso settimanale «The Economisti), in transito da Londra prima di una missione nei palazzi romani. «Martedì mi metto davanti alla pagina bianca amministrative e al Nord c'è parecchio da divertirsi. «Berlusconi - ha confidato lunedì sera - mi ha offerto la riconferma di Formentini a Milano. Milano in cambio della rinuncia alla Padania. Ne vale la pena? Secondo me no, ma aspetto il congresso». E allora, da domani, via alla gran parata indipendentista, alla mitologia celtica, all'identità padana, al rumore di ferraglie... Soltanto domenica però, quando Bossi chiuderà il cerchio, si capirà se questo sarà il sottofondo della politica leghista dei prossimi anni. Oppure, come Bossi ancora non vuole escludere, se l'indipendenza sarà l'obiettivo immediato e realizzabile. I suoi ministri del Governo provvisorio padano consigliano prudenza. Un teorico della secessione come il professor Gianfranco Miglio pure. Il 15 settembre, alla fine del Po, Bossi aveva scommesso: «Tra un anno nascerà la nazione Padana». Si aspettava mesi di trattativa e tensioni, la soluzione cecoslovacca o l'arrivo dei carabinieri. Manco una mossa. Al congresso la Lega si presenta con una sola scadenza già fissata: il referendum pro-Padania del 20 aprile (e se le amministrative saranno a primavera questa sarà la carta di scambio). Ma è maggio, mentre scrive le 30 pagine della sua relazione, il mese che sta nella testa di Bossi. «A maggio si capirà cosa combina la Bicamerale. Noi andremo per la nostra strada, restiamo fuori. O faranno una riformina con un accordo con Berlusconi e poi sarà inciucio di governo. Oppure diventerà una Bicamerale a vita, un continuo inseguimento della Padania che se ne va». Al congresso deve decidere come. E dal telefono di Gemonio, anche in queste ore, Tormentone Bossi interroga i suoi padani: «La situazione è rivoluzionaria?».
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