Giustizio è scontro tra pds e Forza Italia

Al secondo giorno di Bicamerale arriva il primo segnale di posizioni non conciliabili Al secondo giorno di Bicamerale arriva il primo segnale di posizioni non conciliabili Giustizio, è scontro tra pds e Fona Italia E all'orizzonte si profilano 4 maggioranze diverse F PERSONE =1 Tògliere ai vecchi per dare ai giovani ROMA. Il pubblico «duello» con Pietro Folena è finito e Tiziana Parenti può incassare i complimenti del portavoce di Berlusconi: «Sei stata divina...», le sussurra Paolo Bonaiuti. Lei sorride, si schermisce («Suvvia non mi prendere in giro...»), ma prima di lasciare il Palazzo, «Titti la rossa» non può fare a meno di infilare un ago avvelenato: «Folena? 11 suo mi è sembrato un intervento di basso profilo. Mi raccomando che non si scriva...». Tiziana Parenti è una pisana dal sangue bollente, irresistibilmente attratta dalla polemica, anche quando l'altro duellante evita i colpi bassi: «La distanza tra noi resta forte - dirà più tardi Pietro Folena - ma ho trovato civile l'intervento della Parenti, sia nei toni che nelle argomentazioni». Parenti e Folena, due caratteri diversi, ma soprattutto due approcci distanti alla più delicata delle questioni sul tavolo della Bicamerale: la riforma della giustizia. Ed è proprio questo il primo segnale che arriva dalla seconda seduta della Bicamerale: gli interventi di Folena e della Parenti hanno dimostrato che tra pds e Forza Italia le posizioni sulla giustizia al momento restano inconciliabili. E lo stesso Berlusconi, pur così voglioso di un accordo a tutto campo con D'Alema, deve ammetterlo: «Sì, le distanze restano forti». E così, al secondo giorno di lavori, dopo i primi interventi e i primi pourparler tra i partiti, comincia a prendere corpo uno scenario sorprendente: sulle quattro grandi questioni all'esa- me della Bicamerale (giustizia, presidenzialismo, federalismo e bicameralismo), alla fine potrebbero determinarsi quattro diverse maggioranze. Maggioranze trasversali, a prescindere dall'appartenenza ai due schieramenti. Uno scenario che potrebbe non dispiacere al presidente D'Alema, che ha tutto l'interesse a consentire un risultato politico ad ogni partito. Spiega Folena, uno degli astri nascenti del «nuovo» pds: «Sulla questione-giustizia nel Polo ci sono posizioni diverse: An e ecd sembrano più vicini a noi di quanto non lo sia Forza Italia. Ma sulle altre questioni, a cominciare dalla forma di governo, potrebbero formarsi maggioranze diverse. Sul bicameralismo poi ci sono posizioni articolate anche all'interno dei partiti». UN DUELLO A SINISTRA LROMA A puntualità non è mai stata una virtù dei politici romani. Eppure, anche un quarto d'ora di ritardo può far notizia, se l'appuntamento ò quello della Bicamerale, e a presiedere l'augusto consesso c'è un severo Massimo D'Alema. Dopo aver constatato ieri mattina che molti commissari non erano ancora arrivati, ben 15 minuti dopo l'orario prestabilito, D'Alema ha chiesto scusa ai presenti, dando la colpa del ritardo al traffico capitolino, gettato nel caos dalla visita del presidente brasiliano Cardoso. Poi ha ceduto la parola al primo oratore della giornata, la senatrice di Rifondazione Ersilia Salvato, la quale ne ha approfittato subito per auspicare che il centro bloccato sia anche quello politico, e non soltanto quello cittadino. La battuta è stata da tutti considerata di spirito. Nel pomeriggio, D'Alema ha indossato di nuovo i panni del professore inflessibile, «bacchettando» i commissari esageratamente prolissi. Dopo aver rimarcato che su 8 iscritti a parlare nella mattinata soltanto 5 erano riusciti a svolgere il loro intervento per l'eccessiva loquacità di alcuni parlamentari, il presidente della Bicamerale ha lanciato un vero e proprio monito: «Gli iscritti a parlare sono 36. Se continuiamo così, la discussione generale finirà alla scadenza fissata per i lavori», cioè al 30 giugno prossimo. Un evidente paradosso. Sta di fatto che, tra un discorso e l'altro (il verde Maurizio Pieroni ha paragonato il dibattito nella Bicamerale a un ornitorinco), qualcuno si macera nell'attesa. Una speciale insofferenza la mostra Fausto Bertinotti, il quale ieri s'è lasciato andare con un cronista: «Che noia questa Bicamerale», ha detto il segretario di Rifondazione, «mi appassiono di più alle pensioni». E poi, rivolto alla sua segretaria, ha aggiunto: «Dammi qualcosa da leggere... Questa Bicamerale è di una noia mortale». E l'ammodernamento delle istituzioni? «Tutte chiacchiere. Non credo che questa Bicamerale rag- un accordo per una riforma elettorale sul modello di quella in vigore per le regioni: un doppio turno con una cospicua quota proporzionale. E infatti ecco Bertinotti che ieri se ne esce con una nuova proposta: «L'indirizzo sulla legge elettorale dovrà essere votato in Bicamerale». E così, mentre per i prossimi mesi si profila una mega-trattativa con votazioni a maggioranze variabili, ieri i due partiti maggiori si sono misurati sul tema più delicato. Per prima ha parlato Tiziana Parenti, che ha difeso con energia le proposte di Forza Italia (separazione dei poteri fra pm e giudici; due distinti organi di autogoverno; assoggettamento dell'azione penale a criteri decisi dal Parlamento). «Occorre ventilare la magistratura» e «dobbiamo avere un corpo che Come dentro il ppi, nel quale convive chi vuole una revisione non traumatica dell'attuale sistema e chi preferisce un modello alla tedesca, con la Camera delle Regioni. E mentre sul presidenzialismo, al momento è ipotizzabile un asse pds-Forza Italia-ppi (con An e Rifondazione sul fronte del No per opposti motivi), la novità delle ultime ore è l'amo lanciato da D'Alema sulla riforma elettorale. Un'esca per fare gola a chi? «Sento odore di proporzionale», dice il pattista Diego Masi. Una voce interessata vista la comunanza con Segni? Certo, ma c'è un indizio: tre settimane fa, dopo un vis-à-vis D'Alema-Bertinotti a Botteghe Oscure, il quotidiano di Rifondazione Liberazione (per quanto successivamente smentito) raccontò che i due avevano trovato FOLENA (PDS) SINISTRA E DESTRA SULLA GIUSTIZIA Pm e giudici devono «nascere e crescere nella stessa cultura giuridica». Coordinamento degli uffici dei pm, ma salvaguardando la loro indipendenza. Inserimento nella Costituzione di un «un principio di responsabilità» dell'ufficio del pm, che dovrà rispondere delle proprie scelte. Superamento della pluralità della giurisdizione amministrativa e ordinaria e riconoscimento nella Costituzione della parità tra accusa e difesa. La certezza dell'obbligatorietà dell'azione penale deve essere assicurata da riforme ordinarie e non dal Parlamento. Csm: no all'aumento della percentuale dei componenti eletti dal Parlamento. L'elezione dovrebbe però essere affidata al solo Senato. Processi più rapidi e garantiti. Fuoriuscita dei pm dall'ordinamento giudiziario con separazione dei poteri fra pm e giudici e due distinti organi di autogoverno. Assegnazione al Parlamento del potere di indicare le priorità nell'azione penale, ovvero prevedere una scelta parlamentare della politica giudiziaria anno peranno. Riconduzione al ministro della Giustizia dell'azione disciplinare. Revisione del sistema elettorale del Csm, destinato a sdoppiarsi, e adozione del sistema maggioritario. LE 4 MAGGIORANZE VARIABILI NELLA BICAMERALE non sia più monade autonoma contro lo Stato», perché «oggi il pm conduce un'azione politica». E ancora: «Il potere discrezionale dell'azione penale è tale che il pm oggi sceglie spesso prima il soggetto contro cui agire e poi va alla ricerca del reato da contestare». Una durissima requisitoria alla quale ha replicato Folena: «I problemi veri stanno nella lentezza dei processi», «nelle difficoltà di accesso per i non abbienti», nella limitatissima «riparazione agli errori giudiziari». E l'idea della Parenti di affidare al Parlamento la scelta delle priorità per l'azione penale? «Sarebbe una specie di Finanziaria ha replicato Folena - con trattative tra i partiti su quali reati devono essere colpiti e quali no...». ORide ORSE non è una buona idea contrapporre, come fanno alcuni politici, ministri, economisti o tecnici, i ragazzi senza lavoro e i vecchi con la pensione, lasciando intendere che quanto finora è andato agli anziani deve da ora in poi spettare ai giovani, e allineando brutti ragionamenti. Con toni allarmati e sgomenti si annuncia che in Italia i vecchi, oggi tredici milioni, saranno venticinque milioni nel 2027, una massa costosissima dal punto di vista previdenziale e sanitario: e allora? che vogliamo fare, ammazzarli? eliminare i vecchi perché vecchi? lasciarli morire d'inedia senza neppure la pensione, anche se per quella pensione loro e i loro datori di lavoro magari hanno pagato contributi per decenni? Con toni pragmatici si ipotizza di tener lontani i vecchi malati dagli ospedali, assistendoli eventualmente a casa oppure mettendoli in appositi cronicari: come se quei vecchi, non diversamente da ogni altro, non avessero pagato durante tutta la vita tasse e contributi per una Sanità disastrata e parziale. Con toni virtuosi, si tende a descrivere i pensionati come privilegiati, e si sostiene che a simili privilegi abbiano diritto anche (o più?) i giovani disoccupati. Naturalmente, sappiamo benissimo tutti che alcune leggi e disposizioni sulle pensioni hanno un'origine elettoral-clientelare (tu mi voti, e io ti consento di andare in pensione a quarant'anni; tu mi voti, e io ti regalo una pensione d'invalidità), che a suo tempo vennero elaborate e concesse senza preoccuparsi troppo di come avrebbe fatto poi lo Stato a pagare. Naturalmente, sappiamo benissimo tutti che correggere gli errori anche legislativi commessi in passato è una caratteristica delle democrazie. Ma, a parte il giusto motto «calma e gesso» del presidente del Consiglio, è difficile avere molta fiducia nei nuovi Robin Hood che dicono di voler togliere ai vecchi per dare ai giovani. Non si finirà per togliere senza dare? L'esperienza dei licenziamenti giustificati con la necessità dare: mem Fabio Martini PARENTI (FORZA ITALIA) di procurare lavoro ai giovani non è rassicurante: perlopiù è andata a finire che i lavoratori hanno perso il lavoro, i disoccupati non l'hanno trovato e non sono stati assunti, le aziende pubbliche o private hanno risparmiato, gli utenti e i consumatori hanno avuto servizi e prodotti peggiori. Pare che da noi, per ridurre le spese dello Stato o delle imprese, ci sia sempre bisogno d'un motivo demagogicamente presentato come nobile e fatale, dall'entrare in Europa al fare largo ai giovani: però non è da disfattisti temere che le uniche novità restino gli aumenti di tasse, i tagli alle pensioni e i licenziamenti. Nel caso particolare, le conseguenze possono essere le peggiori. In Italia troppi fenomeni supernegativi (mafia, servizi deviati, evasione fiscale, malasanità) esistono da oltre cinquant'anni senza venir corretti e neanche sfiorati, ma una guerra generazionale di giovani contro vecchi non c'è mai stata (almeno sul piano sociale, poi i conflitti biologici, psicologici e famigliari sono un'altra cosa). Vogliamo dichiararla proprio adesso, con tutte le implicazioni di inciviltà, intolleranza e razzismo che può comportare? Con le parole bisogna andare piano: neppure e bello umiliare gli italiani anziani, sempre più numerosi nell'invecchiamento della società, parlando di loro nei discorsi ufficiali e programmatici senza rispetto, con impazienza, come fossero pesi rovinosi, ingombri superflui, ostacoli all'economia, una sciagura che sarebbe tanto utile veder di colpo scomparire; non è bello addolorarli, ferirli, farli sentire soli e disprezzati, farli disperare.

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