«Sono disperata muoio con i miei figli»

Dramma a Messina: tre sono riusciti a salvarsi, carbonizzata sul seggiolino la bimba di sei mesi | Massacro del '44 Dramma a Messina: tre sono riusciti a salvarsi, carbonizzata sul seggiolino la bimba di sei mesi | Massacro del '44 «Sono disperata, muoio con i miei figli» Udine, restituiscono sette cadaveri UDINE. Da un campo di patate a ridosso del bosco di Faedis, sulle più belle colline friulane, sono riaffiorati ieri i resti di sette persone uccise nell'estate '44 da partigiani deda brigata Garibaldi. Sette corpi decapitati. E' caduto il velo sul mistero della fossa comune che il pm romano Giuseppe Pititto cercava di sciogliere da tempo, da quando è stato incaricato di far luce sugli eccidi delle foibe compiuti dalle milizie di Tito negli ultimi anni di | guerra. Il magistrato disponeva di pochi elementi: la confessione indiretta di un vecchio partigiano di estrazione comunista a mio storico locale, Marco Pirina, impegnato in una rilettura delle vicende più oscure della guerra di Liberazione in Friuli, quelle su cui pende ancora il sospetto che dietro certe azioni di guerra si fossero consumati regolamenti di conti e vendette personali; e la testimonianza finora inascoltata di una pensionata di Stremiz, Amabile Grimaz, 76 anni, proprietaria del campo nel quale fu scavata la fossa. Un'escavatrice ha lavorato senza posa per cinque giorni fino a lunedi scorso, quando sotto gli occhi dei carabinieri di Gradisca e di Cormons sono riaffiorati i resti delle vittime. Il ricordo della donna, che al tempo dell'eccidio aveva 23 anni, coinciderebbero con il rinvenimento dei resti di due marò che militavano nella X Mas, di un ragazzo di vent'anni, di un «signore elegante e distinto con un orologio d'oro», di altri tre civili, «due originari di Roma». Altre due vittime sarebbero state recuperate dai parenti subito dopo la fine del conflitto: una donna di Cividale e un partigiano friulano detto il Barbarossa, ucciso perché accusato di tradimento. Sono i giorni bui dell'estate del '44 e i partigiani della brigata Garibaldi-Natisone hanno posto il loro comando nell'abitazione dei genitori di Amabile Grimaz, al riparo del bosco di Stremiz, sopra il torrente Grivo. Nello scantinato hanno allestito una prigione. Qui vengono rinchiuse le vittime. Oltre ai ! due marò, le accuse di spionaggio j investono anche i tre civili; sono di tradimento per il partigiano Barbarossa. Il processo si conclude I con la condanna a morte. Li fucilaI no tutti nell'orto, come testimonia | Amabile Grimaz. Non può invece j più raccontarlo don Rino Agostini, ; parroco di Canal di Grivò, incari| calo di confessare i condannati. | Reduce dal lager, morto 3 anni fa. I Cinquantanni dopo un partigiano che vive a Gorizia, racconta a un amico ciò che sa dell'eccidio, finché la notizia arriva allo storico locale Marco Pirina, il quale la «gira» al magistrato romano Pititto, titolare dell'inchiesta sulle foibe. Finalmente si scava nel campo di patate che restituisce i resti di sette corpi senza le teste. Michele Meloni

Persone citate: Barbarossa, Cividale, Giuseppe Pititto, Marco Pirina, Michele Meloni, Pititto, Rino Agostini

Luoghi citati: Cormons, Faedis, Friuli, Gorizia, Messina, Roma, Udine