D'Alema, nessuna vendetta sui magistrati di Fabio Martini

Con un discorso di 52 minuti il presidente ha tracciato il «percorso decisionale» della Bicamerale Con un discorso di 52 minuti il presidente ha tracciato il «percorso decisionale» della Bicamerale D'Alenici, nessuna vendetta sui magistrati E sulla legge elettorale: «Non è un tabù» Parenvuol ritto «LAl' Prove di maggioranze istituzionali. Se la legge Rebuffa doveva essere, come questo giornale ha da settimane segnalato, una cartina di tornasole per individuare i due partiti che si fronteggeranno nelle riforme, cioè quello dei bipolaristi contro i proporzionalisti o, ancora, dei «progressisti» contro i «conservatori», ebbene ieri, nelle prime votazioni sul provvedimento, questi due schieramenti sono venuti allo scoperto. Sono caduti, infatti, i vincoli di maggioranza e di governo, nonché quelli che tengono insieme l'opposizione. A scrutinio segreto, 244 deputati si sono dichiarati contro un ordine del giorno leghista, che mirava a bloccare il passaggio ai voti del provvedimento, mentre 204 si sono pronunciati a favore. Una vittoria per pds e Forza Italia che, insieme con An, sostengono la Rebuffa, e una sconfitta per Ccd, Cdu, Rifondazione e Verdi che l'osteggiano. Domani, comunque, si replica, questa volta nel merito della legge, che di fatto supera le obiezioni sollevate dalla Corte Costituzionale sui referendum elettorali, e spiana la strada ad una nuova raccolta di firme per cancellare la quota proporzionale, qualora la Bicamerale dovesse fallire. In attesa del voto di oggi, si può registrare un dato: Forza Italia e pds non sono mai andati così d'accordo nell'appoggio garantito ieri alla legge. E, sia pure con qualche dubbio dovuto all'atmosfera che si respira nel Polo, anche Alleanza nazionale alla fine ha dato il suo apporto. Mussi e Calderisi (il capogruppo dei forzisti, Giuseppe Pisanu, è stato bloccato a casa dall'influenza) hanno giocato di sponda. Berlusconi è stato presente, ligio ai doveri di deputato, a tutte le votazioni di ieri, mentre anche Tatarella, tolta qualche schermaglia «soft» con il pds, è stato della partita. Fin qui il fronte a favore. Sull'altro versante - quello dei «contras» - i leghisti si sono ritrovati a fianco degli uomini di Bertinotti, Casini e Mastella hanno dato manforte ai verdi, la stessa cosa hanno fatto i socialisti di Boselli: tutti per evitare - fino a ieri sera invano - di impedire l'approvazione di una legge che gli porrebbe sul capo la spada di Damocle di un altro referendum per l'abolizione della quota proporzionale. Ovviamente, come capita su argomenti del genere, gli schieramenti sono assai fluidi, e non è facile decifrare i mille giochi che si fanno dietro le quinte. Il caso più complesso è quello di An, che sulla carta gioca a favore della Rebuffa, ma poi talvolta dà l'impressione - per LROMA A Bicamerale Potemkin ha già prodotto una prima riforma di sistema: la fine dello show. Dopo anni di sorrisoni, canzoni, ceroni, Veltroni e Berlusconi, tutto quel che rimane adesso è un televisore a circuito chiuso in fondo a un corridoio angusto e accanto a un busto di Giolitti che guarda dall'altra parte e pare si dissoci. Intorno a quel televisore, sono più di cento i giornalisti a sbirciare come dal buco di una serratura la faccia moderatamente bulgara di un D'Alema circondato da bandiere tricolori che parla a braccio con pause sempre più lunghe e sempre più craxiane. Ogni tanto l'inquadratura fissa si allarga sul suo vice Tatarella, cogliendolo nel pieno di una crisi digestiva: lo sguardo agganciato al soffitto sembra voler dire che non c'è niente da ascoltare, «perché tanto qui noi parliamo, ma tu poi tanto gli ac- accordo con i progetti di Forza Italia: «Vorrei rassicurare l'opinione pubblica: non c'è alcuna volontà della classe politica di consumare vendette sulla magistratura». E poi una frase importante, tanto più se detta da un personaggio come D'Alema: Un messaggio ad An: non è escluso che nei comitati ci possano essere anche delle votazioni di indirizzo Il presidente della Bicamerale Massimo D'Alema «Mi rendo garante della possibilità che su questo delicato tema si discuta in modo aperto e sereno». Sulla riforma elettorale ha ripetuto, sia pure con chiarezza, quel che tutti dicono nei pourparler: «Quella riforma noi non potremo farla, ma credo che possa legittimamente individuarsi un indirizzo». A Berlusconi - ma questa non è una novità - D'Alema è piaciuto: «Ha tracciato un percorso sensato...». E quel passaggio sui giudici? Niente «vendette», lei è d'accordo? E Berlusconi: «Non ho soffermato la mia attenzione su queste cose, mi sembra così evidente». Anche se poi Berlusconi ha sposato la discussa proposta di Tiziana Parenti: «E' la proposta di chi vuol ricostituire lo Stato di diritto e garantire parità tra ac¬ «LA LEGA FINIRÀ' COME LA RETE» Padre Sorge: «Destinata a morire» MILANO. La Lega farà al Nord la stessa fine della Rete a Palermo. E' la previsione di padre Bartolomeo Sorge, inviato a Milano dalla Compagnia di Gesù a dirigere la rivista Aggiornamenti sociali. «La Rete è stata una febbre del sistema, un fenomeno locale. Esattamente come la Lega - afferma il noto esponente gesuita in un'intervista a Famiglia cristiana -, un altro esempio tipico di febbre del sistema: due denunce sacrosante di situazioni intollerabili. Ma la febbre denuncia una patologia, non è la cura. Quando l'organismo rinsavisce la febbre scompare. Così è avvenuto per il movimento della Rete di Orlando, così accadrà alla Lega Nord». Per l'ex direttore di Civiltà cattolica la stagione dell'unità politica dei cattolici è finita, per cui è inutile ogni tentativo di «riunirli sotto lo stesso partito». Oggi i cattolici non hanno bisogno di un nuovo partito, ma di una grande formazione sociale: «La strada giusta, in quest'ottica - conclude Padre Sorge - è quella dell'unione tra Cisl e Acli». cusa e difesa». Alla fine D'Alema è piaciuto anche a Casini («un iter molto giusto che condividiamo»), a Buttiglione («L'introduzione di D'Alema è stata molto convincente, perché ha preso a modello le democrazie occidentali, rompendo lo schema dossettiano»), | ma ha lasciato assai più per| plesso Fausto Bertinotti: «D'Alema? Ipercauto, così cauto che è difficile possa essere definita una partenza della discussione». Ma alla fine gli applausi di mezzo Polo e i sottili distinguo di Bertinotti equivalgono ad un via lihera alla tabella di marcia proposta da D'Alema. Che prevede due mesi e mezzo di dibattito sui quattro grandi temi in discussione (forma di Stato, forma di governo, bicamerali- [AdnKronos] smo, sistema delle garanzie), un dibattito accompagnato da audizioni di personalità della società civile e del governo. E dopo questo «tric trac» di assaggio, negli ultimi due mesi il gran finale con i «botti»; dai primi di maggio sino alla fine di giugno D'Alema ha infatti proposto votazioni serrate e dirimenti sui temi «delibati» negli 80 giorni precedenti nei comitati tematici e in plenaria. A prima vista un tragitto che ignora la richiesta di An di votazioni continue anche nei quattro comitati tematici. E invece, sia pure in codice, D'Alema ha mandato un messaggio anche ad An: il presidente infatti non ha escluso che nei comitati ci possano essere votazioni di indirizzo. D'Alema non 10 ha detto, ma lo ha fatto capire al palato «bizantino» di Pinuccio Tatarella: cari amici di An, non voglio partire con il vostro ostruzionismo strisciante. Semmai è curioso che a un D'Alema possibilista, corrisponda un Berlusconi risoluto: «Io non penso che i comitati dovranno esprimere un voto». Dopo il «prologo» di D'Alema, è partito 11 dibattito generale, che ha consentito ai rappresentanti dei partiti maggiori (Soda per il pds, Rebuffa per Forza Italia, Nania per An) di riproporre le consuete posizioni, mentre i partiti più piccoli cominciano a muoversi secondo schemi meno prevedibili e destinati a scompaginare i conti della vigilia. Il ccd D'Onofrio dopo aver detto che «la riforma dello Stato è più importante della forma di governo», non ha sposato in pieno la linea anti-giudici di Forza Italia. Fabio Martini

Luoghi citati: Bicamerale Potemkin, Milano, Palermo