Burlando: da cinque anni non c'era la «protezione»

Burlando: da cinque anni non c'era la «protezione» Burlando: da cinque anni non c'era la «protezione» LA DIAGNOSI DEL MINISTRO Camera. Perché? «Le Ferrovie lo avevano disattivato nel 1992 - dice il ministro -. Era stata variata la velocità dei treni in quel tratto e il "codice 180", quello che fa rallentare automaticamente il convoglio, non era più necessario». Eppure quel «codice 180» c'era rimasto per vent'anni, proprio sulla Milano-Piacenza, a garantire un più alto livello di sicurezza, anche se entrava in funzione solo eccezionalmente, in circostanze molto particolari, quando era molto alta la differenza di velocità. «Sì - commenta il mmistro - questo codice è stato considerato sempre di natura eccezionale, e quindi da limitare il sicurezza era affidata totalmente ai due macchinisti. Perché non funzionava completamente il sistema automatico, quello che consente al macchinista di sapere se il binario è libero per 5 chilometri davanti al treno, che blocca tutto se viene superato un segnale rosso o se il macchinista non «riconosce» un messaggio premendo il tasto giusto. E che, per maggiore sicurezza, riduce la velocità quando si supera il limite massimo. Funzionava tutto, meno quest'ultimo dispositivo. E lo conferma il ministro dei Trasporti Claudio Burlando, che una settimana fa aveva dato la sua spiegazione alla dimensione di una tragedia provocata da uno scarto di appena 7 chilometri, in un tratto, però, dove il Pendolino non doveva passare a più di 105, in condizioni di assoluta sicurezza. Di Majo ha verificato che la curva dell'incidente è preceduta da un rettilineo che il Pendolmo percorre a 190 chilometri l'ora e da un breve «raccordo di transizione» in cui il binario comincia a piegare per facilitare l'inserimento. I treni più pesanti devono arrivarci a non più di 90 all'ora, i convogli viaggiatori a 95, i Pendolini a 105, tutti ancora con un grande margine di sicurezza. Ma a Piacenza, il 12 gennaio, la ■ROMA L professor Franco Di Majo, per vent'anni docente universitario di Costruzioni ferroviarie a Pisa e a Torino, lo aveva calcolato 5 giorni dopo l'incidente: «La velocità limite per il Pendolino, nella curva di Piacenza, è di 150 all'ora. Può esserci ancora una piccola tolleranza, ma a 155, inevitabilmente, il convoglio esce dai binari». Ma Di Majo, oltre che professore emerito e grande appassionato di treni (in gioventù aveva persino guidato le locomotive a vapore), è stato in pratica l'inventore del Pendolino. Da un suo studio del 1967 ò nato il treno italiano ad assetto variabile. Conosce alla perfezione quel convoglio e conosce chilometro per chilometro tutte le principali tratte ferroviario italiane. Per il professor Majo, Piacenza è il punto critico di tutta la linea. All'ingresso della stazione c'è il tratto più pericoloso di tutta la Milano-Roma, la curva più stretta: con un raggio di appena 337 metri, quando le linee ad alta velocità ruotano intorno ai 2.500 e il Tgv francese arriva a 7 mila. Ma la linea di Piacenza non è una linea classificata «ad alta velocità», è una linea tradizionale sulla quale passano treni merci, viaggiatori e, a velocità ridotta rispetto alle loro possibilità, anche gli elettrotreni ad elevate prestazioni. Subito dopo la tragedia, quando le prime informazioni dicevano che il Botticelli era uscito dai binari a cento all'ora, circolavano parecchie voci: dall'attentato all'incidente meccanico. Nessun dubbio secondo Di Majo, all'origine dell'mcidente non potevano esserci altri fattori, oltre alla velocità eccessiva: «Sarebbe ben strano che altre concause si siano verificate tutte insieme proprio nel punto di maggiore pericolosità di tutta la linea. Il ribaltamento è avvenuto dopo che il treno aveva percorso solo i primi venti metri della curva. Il riscontro di ieri, quella velocità calcolata sui 157 all'ora, dà la

Persone citate: Botticelli, Claudio Burlando, Di Majo, Franco Di Majo, Majo

Luoghi citati: Milano, Piacenza, Pisa, Roma, Torino