Ecuador l'enigma della Presidente di Mimmo Candito

Suspense nel Paese, prevista per oggi l'elezione d'un nuovo Capo di Stato provvisorio Suspense nel Paese, prevista per oggi l'elezione d'un nuovo Capo di Stato provvisorio Ecuador l'enigma della Presidente Dovrebbe dimettersi, a Quito si dice: non lo farà Un economista «Se la Arteaga non rispetta gli accordi con Alarcón stasera potremmo trovarci di nuovo con tre Presidenti» Continui incontri con i generali che due giorni fa l'hanno insediata nel Palazzo e con l'ambasciatore degli Stati Uniti alimentano i sospetti di golpe LA CRISI DELLE ANDE QUITO DAL NOSTRO INVIATO Rosalia Arteaga, Presidente ad interim: decisa a restare al potere container che ne valeva 8 mila. Lui, magari, aveva ragione a essere indignato; ma gli ambasciatori, soprattutto gli «yanqui» in Latinoamerica, quando fanno denunce in pubblico sanno bene che muovono la politica. E' bastata la frase di Anderson, e Bucaram è stato subito abbandonato dal mondo economico ecuadoriano. Poi, ci si sono messi anche i militari. Che, per di più, hanno una vecchia ruggme con Bucaram: quand'era sindaco di Guayaquil, «il matto» aveva detto che i generali di qui vanno bene soltanto per fare la sfilata. S'era preso una denuncia, ed era dovuto scappare a Panama per non finire in galera. Di fronte ora alla defenestrazione di Bucaram da parte del Congresso, i militari hanno esitato per qualche tempo, e poi hanno scaricalo l'ingombrante nemico, dicendo che, loro, con la politica non c'entrano e soltanto obbedivano alle decisioni del Parlamento. Ma il capo di stato maggiore, gè- nerale Paco Moncayo, gran trionfatore della guerra tra Ecuador e Perù, è anche un militare considerato «il più vicino» al Pentagono. E in questi giorni i contatti tra Moncayo, la bella Rosalia e l'ambasciatore Anderson sono stati segnalati con molta attenzione, anche perché Moncayo mostra grande considerazione verso il presidenta provvisoria e lei, la bella Rosalia, il pomeriggio di sabato, quando per tutto il giorno si era cercata una soluzione alla crisi, aveva anche fatto una visita discreta ad Anderson. Tutto conta, e il cronista racconta tutto. Però la sua impressione è che, nonostante la trama «sudamericana» di filo grosso, qui la storia vera è una faccenda di ambizioni personali e di crisi politiche interne alla modesta oligarchia ecuadoriana. Il voto di stasera nel Congresso magari aiuterà a capire meglio che cosa si nasconda dietro la battaglia dei Presidenti. ram il inatto è soltanto un episodio anche poco rilevante, alla fine - di un mondo di malaffari e di corruzione dove ben pochi vanno in cielo. Ma quello che più ne viene fuori è che, in ultimo, questa battaglia dei Presidenti è anche una tipica storia latino-americana, una di quelle vecchie storie che andavano tanto forte ai tempi d'oro della Cia e della dottrina della «Seguridad nacional», e che sorprendentemente torna ora in campo con tutto il suo vecchio armamentario, rischiando d'apparire perfino fuorimoda. Perché questa volta la «seguridad» non c'entra niente ma c'entrano mvece, eccome, i generali di qui e l'ambasciata degli Stati Uniti. Non c'è dubbio che l'Ecuador stesse passando dentro una crisi politica molto grave, dove il progetto di un recupero dell'economia alle regole del neoliberismo si scontrava con l'insostenibilità ormai di un personaggio come Bucaram, le cui mattane lo avevano reso invendibile nella buona società nazionale e internazionale. Bucaram, che è un populista di naso fino, questa volta non si era però accorto di essere sul limite del baratro, e contava di recuperare l'appoggio della gente comune con una serie di misure legate all'edilizia popolare. Ma gli aumenti delle tariffe e la stretta economica sono arrivati in anticipo sul lancio concreto della «casa per tutti», e la protesta e la rabbia non hanno trovato modo di essere contenute dalla demagogia. Bucaram ha tentato di riacchiappare il consenso, cancellando ogni aumento di prezzo e tariffa. Ma era già troppo tardi. Prima lo ha scaricato l'ambasciatore americano: Lesile Anderson - con una procedura che qualsiasi diplomazia considererebbe una insopportabile ingerenza - ha detto pubblicamente che l'Ecuador è schiacciato da una corruzione di regime che non è più accettabile, e ha raccontato di un imprenditore Usa che aveva dovuto pagare 12 mila dollari di tangente per riuscire a farsi sdoganare un Mimmo Candito

Persone citate: Arteaga, Bucaram, Lesile Anderson, Rosalia Arteaga

Luoghi citati: Ecuador, Panama, Perù, Quito, Stati Uniti, Usa