«Il Viminale schedava trecento giudici» di Maria Grazia Bruzzone

Roma, denuncia del procuratore che sta studiando le carte ritrovate nelle stanze segrete Roma, denuncia del procuratore che sta studiando le carte ritrovate nelle stanze segrete «Il Viminale schedava trecento giudici» Tra i fascicoli dei servizi anche il dossier su Violante ROMA. Trecentoventitre magistrati, tra i quali figurererebbe Luciano Violante, schedati dai servizi segreti o da funzionari di polizia che all'epoca lavoravano per l'ufficio Affari Riservati del ministero dell'Interno. C'è anche questo, nell'archivio segreto del ministero dell'Interno, scoperto per caso l'ottobre scorso in un locale sulla via Appia, vera mimerà di documenti e reperti su stragi e trame. Ma questa volta a parlarne sono gli stessi magistrati della procura di Roma Italo Ormanni, Giovanni Salvi, Franco Ionta e Pietro Saviotti che conducono l'inchiesta sull'archivio, in una conferenza stampa convocata proprio per evitare malintesi, dopo che l'altro ieri ha fatto scalpore la notizia che il prefetto Carlo Ferrigno, capo della Direzione Centrale di Polizia e prevenzione del ministero, sarebbe indagato dalla procura di Milano (che indaga sulla strage di piazza Fontana) per falso e forse anche per ritardata comunicazione all'autorità giudiziaria ai fini dell'occultamento di prove. Dunque i magistrati. Le schedature, raccontano Ormanni e colleghi, vanno dai primi anni Sessanta alla fine dei Settanta, gli anni caldi della «strategia della tensione», e riguardano, nella maggior parte dei casi, magistrati con idee politiche di sinistra che avevano reso pubbliche le loro idee in convegni, dibattiti o scrivendo articoli su quotidiani e riviste, oppure in base a non me¬ glio precisate «voci del pubblico». Nella massa delle carte, alcune erano schedature che il pubblico ministero Salvi definisce «regolari». Accanto a queste, «una quantità di documenti archiviati irregolarmente, molti privi di protocollo tra cui, appunto, quelli sui 323 magistrati ordinari». I magistrati (quelli odierni) si rifiutano di far nomi «per tutelare il segreto d'indagine». Ma dicono che alcuni dei loro colleghi spiati sono oggi in pensione, altri sono tuttora in servizio, altri sono morti nel corso di attentati terroristici (e la memoria va subito il giudice Vittorio Occorsio, il primo ad occuparsi della strage di piazza Fontana, assassinato dal killer di Ordine Nuovo Pierluigi Concutelli). Altri ancora, spiegano Ormanni, Salvi e Ionta, «rivestono incarichi istituzionali»: e in questo caso il pensiero è andato a Luciano Violante in quegli anni magistrato a Torino. I giudici romani hanno rico- struito le dinamiche che hanno portato alla scoperta dell'archivio segreto, dalla richiesta di collaborazione al Dipartimento centrale di pubblica sicurezza (Dcpp) da parte del giudice milanese Guidi Salvini che indagava su Ordine Nuovo, e del suo perito Aldo Giannulli. E proprio cercando materiali su quel gruppo neofascista, lo scorso ottobre sono saltati fuori i quattrocento faldoni non archiviati né protocollati, «nascosti» o quanto meno dimen¬ ticati in quel magazzino del Viminale sulla circonvallazione Appia. «L'archivio di deposito è stato immediatamente posto dal Ministero dell'Interno a disposizione dell'autorità giudiziaria e la procura di Roma ha disposto subito il sequestro facendo l'ipotesi di occultamento e soppressione di atti pubblici, fatto che sarebbe stato commesso fino al 1993», spiega il procuratore aggiunto Ormanni, che sottolinea come «molti meriti vadano oggi attribuiti al Viminale e alle Autorità di Polizia che tuttora collaborano alle indagini». Sull'archivio la magistratura romana ha infatti disposto tre consulenze, due delle quali già finite e consegnate ai giudici: la prima è una perizia ricognitiva sulla struttura dell'archivio, la seconda la schedatura sui magistrati (già entrambe concluse), mentre la terza, ancora in corso, cerca di capire come avvenivano le schedature. Quel che i magistrati romani si rifiutano di dire è se l'inchiesta è ancora contro ignoti, o se ha già l'atto registrare le; prime iscrizioni sul registro degli indagati. In sostanza, nessuna conferma, né smentita, sul caso Ferrigno. Al quale tuttavia fa cenno lo stesso ministro dell'Interno Giorgio Napolitano in una nota che intende smentire «le numerose inesattezze degli organi di informazione». «Dinnanzi alla commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi il 29 novembre scorso riferii ampiamente sulle circostanze del ritrovamento del o i n materiale non regolarmente classificato ed archiviato, sugli inquietanti quesiti a cui occorreva cercare risposte, sui rapporti di collaborazione con l'autorità giudiziaria e annunciai di voler avviare, comunque, un'indagine ministeriale», spiega il ministro Giorgio Napolitano. «In effetti ho costituito già dal dicembre una commisszione di inchiesta amministrativa, presieduta dall'avvocato dello stato Giuseppe Caramazza, che mi rassegenrà le sue conclusioni entro il 20 marzo» continua Napolitano. Che sul caso de! capo del Dcpp aggiunge, non senza una sottile polemica con la procura della Repubblica milanese: «E già stato smentito da parte del dottor Ferrigno, direttore del Dcpp dall'aprile 1995, di aver ricevuto un'informazione di garanzia da parte della procura di Milano. Le procure, e in particolar modo quella di Milano, sono pienamente informate dell'impegno con cui intendiamo contribuire all'accertamento della verità». Maria Grazia Bruzzone

Luoghi citati: Milano, Roma, Torino