John irresistibile angelo grasso

=1 =1 Blur, molto l'umore per tornare al rock In «Michael» Travolta fa innamorare William Hurt e Andie MacDowell John, irresistibile angelo grasso Un Visconti giovane per Lizzani ricordo delle straordinarie stagioni Anni 60 continua a giocare brutti scherzi al pop britannico in quel suo continuo cercare di rinverdire i fasti. Non è affatto facile superare i maestri, e oggi è ancora più difficile visto che c'è da superare la concorrenza e l'inventiva dei colleghi americani, ricchi di una maggior libertà nel ricercare nuovi sentieri musicali. Un po' gonfiati dalla critica, sconfitti nell'artificioso duello con i londinesi Oasis, angosciati dall'imbarazzante parallelo con i Grandi Vecchi (Beatles, Rolling Stones, Who, Small Faces) i Blur hanno reagito con intelligenza abbandonando il pop sofisticato per un rock «rumoroso», pulsante, denso. All'americana. Sulla scia di Pavcment (Damon Albani ha molto frequentato il leader americano Stephen Malkmus), Beck, Tortoise, Sebadoh. Qualche mese di ripensamenti e lavoro isolato in Islanda ed ecco Albani tornare con queste 14 canzoni riunite sotto il titolo che semplicemente ricopia il nome del gruppo «Blur» (Food-Emi, 1 Cd), quasi fosse un segnale di rifondazione dopo quattro album. E così si passa dalle melodie concise, dalle vecchie fissazioni armoniche da «album bianco» beatlesiano, a canzoni in cui riff di chitarra crepitano e intontiscono, il canto scivola con asprezza, le architetture infondono un senso di instabilità, di ricerca, di idealità. Un disco che rivela il nuovo corso e tocca un bluograss cubista («Country sad ballad man»), l'energia gioiosa di «Chinese bombs»), l'eccentricità urtante di «Song 2». C'è un suono apparentemente rozzo, frutto di molta improvvisazione, come le quattro batterie di «Strange news from another star». Sarebbe stato facile accontentarma i Blur hanno avuto un W si, n moti moto di reazione, di ripresa di PRIME CINEMA Un cast di prestigio e belle canzoni d'epoca ma l'unica figura riuscita è l'inviato dal cielo NELL'IMPEGNO di riproporre la commedia romantica in tutte le possibili varianti, comiche o strappalacrime, la regista Nora Ephron è approdata al filone, intramontabile a Hollywood, dell'angelo custode che scende temporaneamente sulla Terra a risolvere qualche problema di (buon) cuore. Però con «Michael», scritto e prodotto da Nora insieme alla morella Delia, il miracolo di «Insonnia d'amore» non si ripete. Non bastano le belle canzoni d'epoca, da «Dream» a «What a Wonderful World», a rendere magico l'idillio che vediamo sbocciare fra William Hurt, cinico giornalista in cerca di scoop (e qui siamo dalle parti di «Prima pagina» e derivati), e Andie MacDowell, addestratrice di cani vulnerata da tre matrimoni falliti. La scintilla scocca in loro grazie all'intervento di Michael, ovvero John Travolta, ultimo di una illustre dinastia di angeli della celluloide che include Cary Grant e Warren Beatty. E si deve certamente al carisma del divo, che da «Pulp Fiction» in poi non ne ha sbagliata una al botteghino, se gli incassi americani sono stati buoni. La prima apparizione dell'inviato celeste Travolta - in mutande, con il torso nudo pingue e villoso, i capelli lunghi e la sigaretta in mano - è irresistibile, l'invenzione migliore del film; insieme alla scena, magari più scontata ma sempre divertente, dove in un'enneshna parodia di se stesso John balla sulle note di «Chain of Fool», circondato da un nugolo di donne irresistibilmente attratte. E non parliamo della golosità porcellesca con cui lo stravagante Arcangelo si rimpinza di dolci; e del «Non è il mio settore» con cui liquida le questioni metafisiche, mentre molto gli piace ridere, scherzare e fare a botte, in ricordo dei bei tempi in cui si scontrò con Lucifero. Per comicità e presenza. Travolta è il centro vitale di un film altrimenti pallido, imbastito di vecchie trovate senza ritmo e senza retrogusto. Ed è un peccato perché se la MacDowell non WA -GB W4 66 % W4 66 SS % identità che li riporta al mondo giovanile loro vicino. Ma il Britpop autoillusorio non manca di altri protagonisti. Di grande successo sono le cinque «bellezze al ballo» che formano le Spice Girls. Il loro «Spice» (Vii-gin, 1 Cd) è ben costniito per piacere, per essere al centro delle discoteche (ben cinque esperti di architetture dance hanno collaborato). Le cinque ragazze danno anche qualche spruzzata di femminismo in musica al progetto, che rimane un prodotto abbastanza di plastica. Musica divertente, brillante, con qualche originalità (promossa anche dai balletti di «Striscia la notizia»), ma da consumare senza preoccuparsi tanto degli eventuali sviluppi. Ma questa era anche l'altra faccia, quella più consistente, del vecchio Britpop. Faccia che non è mai morta porche più facile da ritoccare a colpi di lifting. Una faccia di maggior tradizione, più logica nel mischiare eredità folk e ricerca è quella perseguita dai Song of Desert. In questo ambito le utopie hanno piena cittadinanza e «Greedy» (Label Bleu, 1 Cd) lo dimostra. Nelle canzoni del gruppo dei fratelli Tracey e Ewan Shiels i tratti celtici, jazz, bluegrass, musiche etniche, cabaret si fondono con una apprezzabile genialità. Non ci sono batterie e tastiere e, fortunatamente, non se ne sente la mancanza. ce la fa proprio a emulare le grandi regine della commedia sofisticata, il bravissimo Hurt, il suo simpatico amico Robert Pastorelli e il dispotico direttore Bob Hoskins sono ridotti a stereotipi del tutto immeritatamente. Luchino Visconti da giovane sarà interpretato da Fabrizio Bentivoglio ROMA. Carlo Lizzani fa sapere che finalmente potrà realizzare un progetto che gli sta molto a cuore: un film sulla vita di Luchino Visconti. Il regista, proprio ieri, avrebbe dovuto essere presente al Festival del Cinema di Miami per assistere al suo ultimo lavoro «Celluloide» ma è stato bloccato a Roma da altri impegni. Carlo Lizzani ha anche spiegato come realizzerà l'impegnativo film. «Intendo limitare - ha detto - l'arco narrativo al periodo giovanile meno conosciuto di Visconti, da quando, dedicandosi all'allevamento di cavalli da corsa, egli andò a Parigi e conobbe il grande regista Jean Renoir, di cui divenne l'assistente fino alla realizzazione del suo primo film "Ossessione"». Carlo Lizzani nel dare l'annuncio appariva visibilmente soddisfatto. Il regista, che all'inizio della sua carriera ha avuto modo di collaborare solo per un breve periodo con Luchino Visconti in quanto aveva scelto di dedicarsi alla realizzazione di documentari, ritiene che l'attore oggi in grado di interpretare meglio di tutti il ruolo di Visconti sia Fabrizio Bentivoglio. La proiezione di «Celluloide», preceduta da quella di «Roma città aperta» film ispirato al capolavoro di Rossellini, di cui Lizzani racconta le complesse vicende realizzative, è stata accolta con molto interesse al Festival del Cinema di Miami, dove, in verità, tutto il cinema italiano ha riscosso grande successo: il pubblico ha dimostrato di apprezzare in modo particolare «Festival» di Pupi Avati e «Bambola» di Bigas Luna. Carlo Lizzani, intanto, sta anche scrivendo una serie di film-tv thriller per la Rai. Alessandra Levantesi MICHAEL di Nora Ephron con John Travolta, William Hurt Andie MacDowell Bob Hoskins Produzione: americana 1996 Genere: commedia Cinema Ambrosio 2 Arlecchino di Torino; Colosseo Chaplin Odeon 2 di Milano; Embassy, Barberini Eurclne, Maestoso, Alhambra Apollo e Clnemablù di Roma John Travolta con le ali in una scena del film «Michael» di Nora Ephron Magalli: «E' come mettere in una scarpa numero 38 un piede che calza il 45»