Quito, i militari scelgono la Presidente di Foto Reutlr

Una delegazione di 44 generali e ammiragli la incorona, Alarcón le cede il passo Una delegazione di 44 generali e ammiragli la incorona, Alarcón le cede il passo Quito, i militari scelgono la Presidente Ma il «Loco» Bucaram non accetta la sconfitta Ora sono soltanto due, i Presidenti dell'Ecuador: la bella Rosalia, l'ambiziosa ex vicepresidente, che sembra la maestrina della pernia rossa e come quell'antica maestrina parla e si veste, e il «loco» Bucaram, ex presidente unico, che parla come un matto e fa il matto ma poi matto non lo è per niente. Con l'affollamento che nei giorni scorsi occupava i corridoi del Palazzo di governo, avere soltanto due Presidenti è già un buon risultato; bisogna sapersi contentare, e il Carnevale non c'entra, anche so nelle strade di Quito si fa festa. Non dimentichiamoci che i Presidenti dell'Ecuador, fino all'altro ieri, erano tre, con un quarto che stava nell'ombra, pronto a farsi avanti; dev'essere stato un record mondiale, che difficilmente sarà battibile. Ora due Presidenti è già uno sconto del 30 per cento, tra qualche tempo è anche possibile che si arrivi a fare come tutti gli altri Paesi e averne, più modestamente, uno soltanto. Non bisogna disperare. E se davvero si vuol saperne di più, allora bisogna andare a bussare al portone del Comando di Stato Maggiore: qui i generali hanno informazioni di prima mano. Di primissima mano. Quello che ieri si è concluso, con l'insediamento di Rosalia Arteaga sulla poltrona di Presidente, è un vero colpo di Stato. Solo che, a differenza dei «pronunciamienlos» che i militari d'America Latina erano soliti organizzare nei decenni passati, quando prendevano il potere direttamente e sbattevano da parte in malo modo i politici di abito borghese (e magari di idee pericolosamente «sovversive»), questa volta è stato un'operazione fatta con i guanti, senza bisogno alcuno di sfoderare le sciabole o di mandare per strada qualche vecchio blindato. Ieri mattina, nel Salón Amarillo, sotto gli austeri dagherrotipi dei vecchi Presidenti che osservavano la cerimonia dall'alto del cornicione, e in verità non sembravano nemmeno tanto soddisfatti, la maestrina-presidente ha celebrato la conclusione del golpe che non era un golpe: si è presentata sorridente a fare il suo discorso d'insediamento ma era perduta in mezzo ai generali e agli ammiragli; ce n'erano 44, una piccola folla in uniforme, schierati ai due iati che parevano il plotone d'esecuzione, soddisfatti, orgogliosi, salutati dall'applauso riverente di tutti i dignitari. La presidente era lei, ma il Presidente sono loro. E come ben si fa tra persone di mondo, la bella Rosalia ha aperto il suo rotondo discorso con un doveroso saluto e un atto di omaggio anzitutto al generale Paco Moncayo e ai suoi colleghi di tutte le armi. Perché non ci fossero dubbi. I militari ecuadoriani in questi giorni se ne sono rimasti acquartierati dentro le loro caserme, come se la lotta per il potere che si era appena scatenata nella Plaza Grande nemmeno li riguardasse. Avevano soltanto cintato il Palazzo di governo con i rotoli di filo spinato, e avevano mandato i soldati a dissuadere chi era troppo agitato e voleva dare un assalto al Palazzo Carondelet. La lite tra Presidenti era una faccenda di borghesi, che se la sbrigassero lo¬ QUITO DAL NOSTRO INVIATO MADRID Il bancarottiere spagnolo José Maria Ruiz Mateos MADRID NOSTRO SERVIZIO All'Audiencia Nacional di Madrid comincia oggi, lunedì di Carnevale, il più importante processo della recente storia finanziaria spagnola, un cocktail tra Kafka ed il teatro dell'assurdo di Ionesco, con dietro un sapiente uso dei media. Sul banco degli imputati l'istrionico «padre di tutti i travestimenti» José Maria Ruiz Mateos Jiménez de Tejada, marchese di Olivara, 65 anni portati benissimo, fino al 23 febbraio dell'83 (quando il governo socialista di Gonzàlez clamorosamente gli espropriò, con un polemicissimo decreto legge, la sua holding «Rumasa») l'uomo più ricco e potente di Spagna. L'accusa chiede per «el Senor Rumasa» 12 anni di galera e un indennizzo di 7 mila miliardi di lire per falso in bilancio. Il dibattimento è attesissimo, nonostante siano trascorsi quasi 14 anni dall'esproprio e dalla nazionalizzazione delle perdite (costate 12 della Difesa, il generale Victor Bayas, aveva comunicato che le forze armate sostengono il potere legittimo - cioè Bucaram - ma che non possono mtervenire nelle beghe del Parlamento. Con un colpo di mano che ha messo da parte Bayas, i capi di Stato Maggiore hanno ritirato l'appoggio delle forze armate a Bucaram, e hanno detto ai suoi nemici: gente, noi vi abbiamo sbarazzato del «loco», che anche a noi dava parecchio fastidio, ma ora voi trovate un marchingegno meno scandaloso per superare gli ostacoli legali che la Co¬ ro. In realtà, il vuoto di potere che si era aperto con la destituzione del Presidente Abdallà Bucaram «per incapacità mentale» rompeva il corso della legalità, attraverso una interpretazione troppo rischiosa delle norme costituzionali. Il ministro stituzione pone al golpe bianco. Vi diamo 24 ore di tempo, vi aspettiamo in caserma. Sono state 24 ore di gran bagarre, una confusione che nemmeno il Carnevale di Rio produce. Il fatto è che il gruppo di politici che ha lanciato l'operazione «abbattere il lo- Soldati e filo spinato a Quito. Qui sotto il presidente Arteaga e (in alto) gli sconfitti Bucaram e Alarcón [foto reutlr]

Luoghi citati: America Latina, Madrid, Quito, Spagna