Zaire, missione popolo perduto

Zaire, missione popolo perduto Zaire, missione popolo perduto Con la Bonino tra iprofughi cancellati dall'Onu etnico fra hutu e tutsi del 1994. Sino al settembre scorso, oltre metà degli aiuti che hanno tenuto in vita più di un milione di rifugiati è stata pagata dall'Europa attraverso Echo, l'Ufficio umanitario dell'Unione. Fra molte contraddizioni (è certo che con i fondi si sono riarmati anche i miliziani hutu), l'azione è prosegiùta sino all'insurrezione dei ribelli che ha sventrato i campi e costretto questa gente ad un nuovo esodo. E' stata quasi l'esatta replica dell'inferno del '94. Il 15 novembre l'Onu ha tentato di riportare l'ordine nei Grandi Laghi decidendo l'invio di una forza multinazionale, senza però che nessuno avesse veramente voglia di andarsi ad mvischiare in un'altra brutta storia centrafricana: così è bastata un'effettiva accelerazione dei ritorni degli hutu nel Ruanda governato dai tutsi di Paul Kagame ad offrire il pretesto per archivare il programma. Emma Bonino è rimasta la sola a protestare. «Mi hanno trattato come una visionaria - racconta -, ero l'unica a dire che il dossier Zaire non era chiuso, che i rifugiati non erano fantasmi, che esistevano. Loro, le grandi potenze, non si sono mosse di un millimetro. Hanno stabilito che tutti erano rientrati, hanno bloccato l'invio della forza multinazionale, si sono tranquillizzati l'anima, si sono augurati «Buon Natale» e hanno mangiato i loro bravi panettoni». I rifugiati c'erano, eccome se c'erano. Mentre i ribelli avanzavano verso il Kivu e lo Shaba, da Goma e da Bukavu si sono incamminati nelle selve, marciando verso NordOvest. Hanno lasciato per strada centinaia di morti, i più deboli, le donne gravide, i bambini, gli anziani. Decimati dalla mancanza di cibo, dalle malattie, hanno percorso sei-settecento chilometri a piedi, la maggior parte di loro senza scarpe. Ai primi di gennaio, dopo tre mesi di stenti, l'incontro a Tingi-Tingi con l'avanguardia delle organizza¬ A migliaia dall'ex Urss aggirerebbero i controlli. La comunità: è antisemitismo zioni umanitarie, le uniche che non avevano mai smesso di cercarli. Un'amara soddisfazione per la Bonino, anche perché all'appello mancano ancora 400 mila ruandesi: «Per l'ennesima volta mi sono trovata a pensare: "Guarda cosa avremmo potuto evitare". Se avessimo inviato la forza Onu, non saremo qui a vedere questa guerra e questa gente che muore». Sul campo la vita è difficile. Tre Dakota atterrano ogni giorno a Tingi-Tingi con viveri e medicinali, ma non basta. Servirebbero 120 tonnellate di cibo al giorno, ne arriva un terzo. Fra le capanne del campo si sta diffondendo il colera e il bilancio dei morti raggiunge la trentina tutti i giorni. Altri se ne vanno per inedia e malnutrizione, i bambini soprattutto. In giro si vedono dei cadaverùii ambulanti che i volontari cercano in qualche modo di GERMANIA salvare. Molti non ce la fanno. Statistiche non ce ne sono e, forse, non ne servono. Come succede in questi casi, le incognite sono più numerose delle soluzioni. La Bonino promette che Echo continuerà lo sforzo umanitario (la Commissione ha stanziato in dicembre circa 300 miliardi di lire! e si impegna a ricostruire al piti presto la strada fra Kisangani e Tingi-Tingi, in modo da poter recapita- re gli aiuti anche via terra. «Cosi si prende tempo - spiega - e si spera che basti per trovare un antidoto diplomatico per i veleni che uccidono la regione. Ormai e chiaro che non è un problema di soldi perché l'Unione ha dimostrato di saper essere generosa quando si tratta di firmare gli assegni. E' al momento delle scelte politiche che la disponibilità dei Quindici viene meno». Diventa fondamentale, aasicura la Bonino, il poter accendere un l'aro su questo «scandalo intemazionale)), per svegliare l'opinione pubblica, per non essere costretti a dire ancora «guarda cosa avremmo potuto evitare». Ci sarà bisogno di altri viaggi, ma questo non disturba la commissaria perché ama viaggiare e giura che andrebbe all'altro capo del mondo anche in vacanza «L'altra cosa che ini piace è ballare - confessa -, eppure non ho mai tempo. Il più grande dei miei lussi è diventato quello di andare a donnire la sera senza aver messo la sveglia per l'indomani». Le sue giornate sono senza tregua. Ogni tanto pensa ili somigliare ad un aquilone. Il capo del filo, racconta, lo impugna la sua famiglia in Piemonte, nella natia Bra, e lei vola dove la portano gli ideali: «Ho delle radici profonde nelle Langhe, le sento con forza, ed è per questo che nel mio essere transnazionale non sono mai stata apolide». I primi due anni a Bruxelles sono stati intensi («abbiamo lavorato come matti»), e le sono valsi un paio di titoli di «Donna dell'anno», nonché la vittoria nel referendum dell'Economist sul miglior commissario Ue. Il suo mandato scade nel gennaio dell'anno Duemila. E poi? «Non so cosa farò, non ci penso mai. Nella nuova Commissione europea potrebbe esserci un unico rappresentante per ogni Paese. Io credo di non aver demeritato. So bene, però, che in Italia fa premio il gruppo di appartenenza e non il curriculum. Continuerò a fare poli¬ tica, ad occuparmi dei diritti umani, possibilmente a livello internazionale. Di certo non faro la suora». Per quanto strano possa sembrare per una attivista arrestata dopo aver procurato decine di aborti quando ciò era illegale, a tavola con una sorella missionaria la Bonino troverebbe molte cose da din;. Le due donne scoprirebbero di avere in comune una vocazione a batterei per i deboli, la stessa dedizione e forza di sacrificio, la medesima immensa pietà negli occhi nell'affrontare mi diseredato («e il mio passato che mi aiuta a sostenere il loro sguardo»). La ricambia il cartello appeso al collo di bambino che la saluta mentre torna sul Dc3 e confonde, chissà se per caso, «Madame Bonino»' con «Maniain Bonino», la Signora con la Madre. Sulla pista di Kisangani, da un aereo di fabbricazione russa sbarca una settantina di mercenari bianchi, capelli chiari, tagliati cortissimi. I soldati zairesi scaricano casse di munizioni Pili in là qualche elicottero da guerra e un pugno di caccia leggeri Macchi. E' la guerra che sta per arrivare anche qui, mentre le Nazioni Unite tacciono, lo Zaire si lagna, e i ribelli di Kabila macinano chilometri nella loro avanzata. 1 rifugiati sono giusto in mezzo. Aspettano un segno, ora che da «inesistenti» sono diventati numeri sul tavolo dell'Onu. Ma un domain non lontano vorrebbero essere considerati persone.