A sorpresa D'Alema da Kohl, prima di Prodi di Massimo Giannini

Oggi il premier a Bonn. Bertinotti avverte l'Ulivo: o noi o le destre. Fini a Berlusconi: così non va Oggi il premier a Bonn. Bertinotti avverte l'Ulivo: o noi o le destre. Fini a Berlusconi: così non va A sorpresa D'Alema da Kohl, prima di Prodi Colloquio «rassicurante» sulle voci contro l'Italia nellVem LA NEVROSI TEDESCA E L'EUROPA Ari e Rifondazione strani alleati ~1 «Europa, ecco la posta in gioco» SOVRANITÀ' LIMITATA LA TERRIBILE FATICA DELLA RAGIONE L BONN. Oggi Romano Prodi è a Bonn per il vertice con Kohl, ma a sorpresa Massimo D'Alema, leader del pds, ha preceduto in Germania il nostro premier. E subito si alimentano le polemiche su chi, veramente, guida il governo dell'Ulivo. «Sarà andato a rassicurare il Cancelliere», ironizza Fini per An. Prodi non si scompone: «L'ho incoraggiato io a tenere fermo questo impegno sulla sua agenda». «Nessun mistero, nessuna diplomazia parallela, nessun segreto dietro l'incontro con Kohl», getta acqua sul fuoco D'Alema. Il faccia a faccia era «previsto da tempo»: «Potete ben immaginare - sottolinea il leader pds - se Kohl, il cancelliere tedesco, prende appuntamenti un giorno per l'altro». E aggiunge che si è trattato di un colloquio «rassicurante» sulle voci contro l'Italia nell'Ue. E' tensione, intanto, nei due Poli. Bertinotti avverte l'Ulivo: o noi o le destre. E Fini incalza Berlusconi: così non va.Guzzanti, Lepri Magri, Novazlo, Martini, Meli e Raplsarda ALLE PAG. 2,3,4, 5 E 7 LA RABBIA LAMBERTO DINI NROMA ON dubitiamo nemmeno per un attimo sulle buone intenzioni che hanno spinto Massimo D'Alema ad incontrare Helmut Kohl, il giorno prima della visita ufficiale a Bonn del presidente del Consiglio Prodi. E prendiamo anche per altrettanto buone le spiegazioni rassicuranti che giungono da Palazzo Chigi sul pieno accordo tra il leader del pds e il premier, impegnati l'uno e l'altro, a poche ore di distanza, in questa doppia «missione diplomatica» nella quale si giocano i destini del Belpaese nel futuro scacchiere della moneta unica europea. Ma nel viaggio-lampo di D'Alema in Germania, per la tempistica e il contesto politico nel qua¬ LE polemiche sull'adesione dell'Italia alla moneta unica sono indizio di una sottile e preoccupante trasformazione nel grande progetto del trattato di Maastricht. Da atto politico, l'adesione alla moneta unica si sta trasformando, soprattutto per chi opera nel mondo finanziario, nel risultato meccanico della «bravura» economica dei singoli Paesi (misurata in base a statistiche necessariamente imprecise); i parametri di Maastricht diventano simili ai tempi sotto i quali occorre scendere per la qualificazione in una gara sportiva; l'Euro costituisce un fine da raggiungere e non già, come dovrebbe essere, un mezzo per garantire il futuro dell'Europa. A questo stravolgimento del ruolo e dei meccanismi dell'Unione monetaria si aggiunge una contingenza politica. Molti in Europa sono convinti che «se l'Italia entra, Kohl esce»: la reputazione economica dell'Italia sarebbe così bassa che, se nella primavera del 1998 il cancelliere Kohl ne consentisse l'adesione alla moneta unica con il primo gruppo di Paesi, in autunno il suo partito perderebbe le elezioni. E' questo il succo dell'articolo del Financial Times che ha suscitato ampie reazioni in Italia e che riporta discorsi che effettivamente vengono fatti nei circoli finanziari europei. L'Italia è così diventata lo spauracchio delle nevrosi dell'Europa tedesca, contro cui scaricare le proprie paure, un partner scomodo di cui è facile indicare le debolezze per dimenticare le proprie. Al contrario, sono precisamente le gravi e crescenti debolezze tedeMario Deaglio CONTINUA A PAG. 4 PRIMA COLONNA ROMA. Il dialogo tra D'Alema e Berlusconi fa tremare il Polo. Ma l'ira di Fini (foto) ha spettatori interessati: Rifondazione medita di approfittarne nella guerriglia contro la Bicamerale . Minzollni A PAG. 7 guei meri Il ministro degli Esteri Lamberto Dini (foto), alla vigilia del vertice italo-tedesco, richiama i valori dell'Europa unita: valori che bisogna sottrarre all'emotività del momento e fondare su disegno condiviso. A PAG sotti morr elise; dei i unPAG. 2 sottrmomdisegsotti I morr I elise; del u PAG dei i un I PAG. 2 I guermeraI guei I meri BicaPAG. 7 RICORDO DI PRIMO LEVI C) ALTRO ieri, sulle pagiculturali della ne ne L «Stampa», una interessante intervista a Daniel Jonah Goldhagen, storico dell'Olocausto, appariva corredata da una fotografia che faceva rabbrividire: mostrava delle donne completamente nude avviate in fila alla morte nelle camere a gas. Confesso che ho voltato pagina rapidamente imponendomi di non scrutare quell'abominio, e solo con fatica vi sono poi ritornato volendo leggere l'articolo. La parola scritta aiuta a sopportare e comprendere anche l'immagine, in qualche modo la giustifica consentendoci di interiorizzarne il significato. Ma ogni volta bisogna farsi forza, e ogni volta che mi accade io penso a quanto grande sia stata la forza di Primo Levi. A quanto dobbiamo essergliene ancora grati, dieci anni dopo la sua tragica morte avvenuta a Torino il 12 aprile 1987. Probabilmente il tempo che scorre accrescerà, nella prospettiva storica e letteraria, la figura di Primo Levi quale grande scrittore e grande italiano. Ma intanto, poiché ricordare significa sempre fare i conti anche con noi stessi, è già oggi nei momenti in cui ci misuriamo con la difficoltà della memoria che possiamo comprendere la crucialità di Primo Levi. Già, perché quella del rammemorare è operazione complessa e dolorosissima, ma ineludibile. Tutte le volte che un individuo o una nazione intera s'illudono di rimuovere e dimenticare i traumi della propria vicenda passata, pensando in buona fede di cicatrizzarne con ciò più velocemente le ferite, si finisce per ottenere il risultato opposto: quel passato riaffiora quando meno ce lo si aspetta, e nelle forme più irrazionali, avvelenate, pericolose. Ne sa qualcosa anche l'Italia post-fascista e post-comunista. Immaginiamoci il Primo Levi de «La tregua», il libro divenuto film per iniziativa di Francesco Rosi che verrà presentato in ante- le si svolge, c'è comunque racchiusa la stramba allegoria del «caso italiano», la paradossale metafora di un Paese che vorrebbe essere «normale» (come vagheggia lo stesso D'Alema), ma che non può in alcun modo riuscirci. Perché in questa lunga transizione italiana ogni fatto e ogni gesto, per l'irrituale posizione di chi se ne rende protagonista, si caricano di significati contraddittori, o addirittura politicamente destabilizzanti. Non suona strano, infatti, che mentre il premier centrista dell'Ulivo incontrava a Roma Rudolf Sharping, semplice capogruppo del partito socialdemocratico al Bundestag e quindi Massimo Giannini CONTINUA A PAG. 4 PRIMA COLONNA