La società degli uomini vuoti«Valori cercansi per la Londra globalizzata» di Barbara Spinelli

I politici si sono trasformati in gestori puri dell'economia I politici si sono trasformati in gestori puri dell'economia Destra e sinistra omologate s'appendono a parole feticcio come: etica individuale Caduto il tabù della diseguaglianza, i partiti si rivolgono all'individuo, nel crepuscolo della politica la società degli uomini vuoti Valori cercatisi per la Londra globalizzata OLONDRA UANDO sono veramente assediati, e non sanno più darsi dei compiti, i regnanti d'Europa tendono a privatizzare non solo l'economia ma financo la politica, che dovrebbe esser loro vocazione. Tendono a confondersi con le folle, si mostrano impotenti al pan del comune elettore, supplicano il singolo cittadino di fare da sé, di non aspettarsi più nulla dallo Stato sconsolato, e non più sovrano. Alzano le mani al cielo, e ripetono invariabilmente la stessa cosa: che hanno le redini del comando, ma senza sapere quel che devono comandare. Che «governano, ma senza avere un potere»: «J'm in office but not in power», confessò qualche anno fa il ministro del Tesoro Norman Lamont, quando fu costretto a dare le dimissioni durante la crisi della sterlina, e la Gran Bretagna è oggi maestra in quest'arte della diserzione. I suoi politici venderebbero tutto ai privati, se solo potessero: venderebbero le industrie, le Banche, e tutta intera la cosa pubblica loro affidata. In genere si riconosce facilmente il momento di svolta. Quando i sovrani arrivano a questo punto, di diserzione e autoannullamento, volgono gli occhi al Cielo, si trasformano in gestori puri dell'economia, e si mettono a parlare con insistenza ieratica di due cose: di Morale, e di Valori. In Gran Bretagna siamo arrivati a tale punto di svolta, da qualche tempo. La strategia di privatizzazione della politica è già in pieno corso, e tutti i dirigenti importanti, a destra e sinistra, sono appesi a queste salvifiche parole feticcio: Etica individuale, Etica familiare, Valori fondamentali. Quest'ultimo termine - detto anche basic value fu coniato dal primo ministro Major, in un momento di acuta latitanza politica. Ma anche il laborista Tony Blair fa molti accenni all'etica: all'etica che chiama più volentieri cristiana che socialista, e che si fonda sul senso della famiglia in primo luogo, e poi della piccola comunità di villaggio, di lavoro, di quartiere. Impotente, lo Stato tradizionalmente garante si ritrae, si lava le mani, invoca a viva voce l'intervento delle famiglie perdute. La miseria del grande mondo non è di sua competenza, ma neppure la circoscritta miseria che s'annida dentro il territorio che gli è stato affidato. «Lo Stato non ha più soldi, e i valori son convenienti perché non costano nulla. Questo lo sa John Major, e lo sa anche Blair», ci dice con qualche amarezza Donald Sassoon, storico del socialismo europeo. Di etica e di valori si è cominciato a parlare il giorno in cui la società accennò a disfarsi, sotto il peso della politica di Margaret Thatcher. Ci furono in un primo tempo i milioni di disoccupati, che contrassegnarono l'epoca thatcheriana vera e propria. Poi i disoccupati diminuirono, in parte subentrarono i lavoratori sottopagati o a tempo parziale, e adesso la Gran Bretagna soffre di una disuguaglianza che ha rari precedenti nella storia. Una disuguaglianza strana, connaturata ai nostri tempi, che neppure Marx aveva previsto. Non più incorporato nella società come esercito di riserva, non più forza utile per il capitalismo, il povero di questo fine secolo non occupa uno spazio inferiore nella gerarchia sociale bensì esteriore, e potenzialmente irrilevante. Non è sotto ma è fuori; non è classe suddita ma reietta e superflua. Mi dice Anthony Giddens della London School of Economics che un quinto delle famiglie inglesi è privo di introiti salariali, mentre la proporzione dei bambini che vivono sotto la soglia di povertà ammonta a circa un terzo. In uno dei più derelitti quartieri di Londra, quasi il 40% dei bambini vivono in famiglie nelle quali nessuno è impiegato. E' stato calcolato che 13,9 milioni di inglesi - il 25% della popolazione viveva nel '95 sotto la soglia di povertà. Appena sei anni prima erano 5 milioni (9%). Questa condizione di disfacimento è ormai vissuta dal politico come destino esterno alle sue pos- sibilità, non veramente governabile. La disuguaglianza è divenuta parte d'una realtà incorreggibile, irrigidita dal fato, inserita dentro la sola logica che il politico conosca: logica del libero mercato mondiale. I mendicanti e senza tetto sono reietti, che turbano il paesaggio urbano e che è meglio scacciare dai marciapiedi, sottrarre alla vista. Così pensa non solo Major ma anche Blair, ed è come se in ambedue i casi fosse caduto un tabù essenziale delle nazioni democratiche: il tabù che vietava di considerare naturale o perfino necessaria la disuguaglianza tra ricchi e poveri; il tabù che conferiva al mendicante una sorta di sacralità, dopo l'esclusione colpevolizzante esperita dall'Europa nel Medio Evo. Il mutamento fa impressione so¬ GRAN BRITAGNA 3 davvero legge universale, programma del partito unico che con abiti successivi conquista i governi. «Accade così che la diseguaglianza diventi qualcosa di scontato, un po' come è accaduto con la democrazia», osserva ancora Anthony Giddens. «Nessuno la rivendica esplicitamente ma per tutti è divenuta un fatto naturale, e da questo punto di vista è innegabile che un tabù sia caduto». E' in questa postmodernità monopartitica che fa irruzione il discorso sui Valori, sulla Moralità. Discorso che solo in apparenza si occupa dell'etica - prosegue Giddens - e che in realtà è usato dai politici alla stregua d'un diversivo: «La loro preoccupazione morale non ha altro scopo se non quello di spingere sott'acqua la questione della diseguaglianza, che i governanti non sanno affrontare. Blair stesso è tentato da quest'operazione di escamotage moralizzatore, grazie alla quale sono allonta¬ prattutto nel nuovo lahorismo, mi dice John Lloyd della rivista New Statesman: «è tutta una tradizione che frana, nel socialismo britannico. La vecchia preoccupazione per la diseguaglianza viene meno, e al suo posto non resta che il desiderio ormai generalmente condiviso di non gravare sulle classi medie, con nuove tasse e spese pubbliche». Il risultato è quel che si vede anche altrove, nel continente: l'omogeneità tra forze politiche che solo teatralmente si fanno la guerra. Omogeneità particolarmente visibile nella campagna elettorale inglese, con i laboristi.che promettono addirittura di adottare tale e quale, la politica conservatrice su tasse e spesa pubblica. Anche in questo la Gran Bretagna è all'avanguardia, in Europa ei tedeschi è contrario a un quinto mandato nati dallo sguardo dei popoli le sofferenze sociali di questo fine secolo». Ma il discorso sulla morale non è solo un diversivo. E' anche contraddittorio, tartufesco, come Giddens spiega molto bene: «L'individualismo che i conservatori trovano adesso così disdicevole, così pernicioso per la sopravvivenza dell'etica e delle famiglia unita, sono stati loro stessi a promuoverlo come motore centrale del liberismo economico e della società di mercato. Sono stati loro a scatenarlo, e a indossare poi, in una combinazione perversa, i due abiti al tempo stesso: l'abito dell'individualismo senza freni in economia, e l'abito del fondamentalismo moralista quando si tratta di denunciare gli effetti disgreganti di tale individualismo». Gli stessi pobtici che hanno chiesto ai cittadini di arricchirsi, denunciano ora un mondo ingrato dove il denaro è tutto, il senso della comunità si disfa, la solidarietà con i meno fortunati svanisce. La perversa combinazione non è tuttavia così inedita come sembrerebbe. Non e neanche appannaggio della sola epoca postmoderna, come sostenuto dal filosofo Zygmunt Bauman. In forme diverse, era presento anche nella società dello scorso fine secolo, e non a caso si parla molto di valori vittoriani nella Gran Bretagna di oggi. Ha cominciato anche in questo caso Margaret Thatcher, quando dichiarò «che non esiste qualcosa che si chiama società»; che esistono solo individui singoli, chiamati a costruirsi da soli il proprio destino, senza assistenza da parte dello Stato. Vittoriana è la dipendenza di ciascuno dalle proprie sole risorse, dalle proprie virtù, dalla propria ferrea disciplina morale, ed è il rifiuto delle collettive sicurezze forgiate nel XX secolo. Vittoriane sono le scuole molto severe, che Major ha restaurato e che Blair vuole perfezionare. Vittoriani sono i meccanismi della Charity, della carità privata, che sostituisce l'assistenza pubblica dei poveri garantita dal Welfare. «La condizione vittoriana è orribile del punto di vista sociale», osserva Lord Gilmour, conservatore in rotta con i dirigenti del suo partito, «e l'idea di scommettere sulla charity non può funzionare vista l'immensità del compito». Quell'epoca che oggi viene incensata produsse a suo tempo Marx e il marxismo, contro cui le democrazie hanno dovuto combattere lungo tutto un secolo. Ma è pur vero che l'inglese medio anela oggi proprio a questo: alla ricucitura d'una società disgregata, ai valori familiari che desidera veder preservati, alla morale che vede dispersa. Vi anela in maniera confusa, non meno contraddittoria dei pobtici: vuol riprodurre la grande famiglia unita, si aggrappa imitando gli americano a questioni specifiche come l'aborto, e però non mtende veder sacrificati i molteplici diritti individuali che hanno eroso la vecchia e complessa istituzione familiare. Ma anela pur sempre, ed appare stanco di quel che accade. Vede formarsi sopra la propria testa una nuova superclasse cosmopolita, né di destra né di sinistra, già immersa nell'economia mondializzata, senza più legami con il territorio nazionale, e cerca un radicamento, un posto dove gettare l'ancora. Sembra particolarmente .stanco dei conservatori, che parlano di valori ma senza più apparire garanti della moralità pubblica. E' attratto dai discorsi sull'etica di Blair, perché il Nuovo Labour li fa con fervore. Donald Sassoon ci spiega che i valori individualistici sono in crisi, e questo spiega l'appoggio che le chiese e le associazioni caritatevoli danno ai laboristi. Le preoccupazioni tornano a concentrarsi su quel che tiene unita la società - sulla scuola, la Previdenza sociale - e questi son temi classici della sinistra sia pur liberalizzata. Secondo Giddens, Blair non ha tuttavia avvenire se si limita a imitare le crociate morali conservatrici. Se non guarda in faccia il male della disuguaglianza, la fine del lavoro classico e la sua necessaria redistribuzione, la sfida della mondializzazione. Se non dà vita a quella che chiama un nuovo centro radicale, «capace di affrontare questioni che non son più governabili, né dal sociabsmo, né dai neoliberali». Nessuno in Europa ha avvenire, se i sovrani s'ostinano a somigliare - come in Gran Bretagna - ai Vuoti Uomini di T. S. Eliot: «Noi siamo gli uomini vuoti / Siamo gli uomini impagliati1 Che appoggiano l'un l'altro / la testa piena di paglia. Ahimé!». Nessuno ha avvenire, se continueranno a essere figure senza forma, ombre senza colore, forze paralizzate, gesti privi di moto. Barbara Spinelli (3-Continua)