«Ce la faremo, Dio me la mandi buona»«Il segretario della quercia:non sarò un arrogante» di Fabio Martini

| Il consenso record di D'Alema dilania l'opposizione. E lui dovrà lavorare nell'ufficio vicino a Occhetto | Il consenso record di D'Alema dilania l'opposizione. E lui dovrà lavorare nell'ufficio vicino a Occhetto «Ce la faremo, Pio me la mundi buona» // segretario della Quercia: non sarò un arrogante ROMA. Nella sua grisaglia scura, Massimo D'Alema avanza lentamente sul tappeto rosso che lo porta verso la sala dell'«incoronazione» e al cronista che gli lancia un «auguri, presidente!», lui risponde con un gesto curioso: incrocia platealmente le dita. E un'ora più tardi, il bis: appena eletto presidente della Bicamerale, D'Alema chiude la prima seduta della commissione con queste parole: «Arrivederci. E che Dio ce la mandi buona...». Attento com'è alla propria immagine, Massimo D'Alema è voluto partire col «passo» dell'italiano medio, quello che magari non ci crede, ma intanto fa gli scongiuri e si appella alla benevolenza superiore. Anche se è un laico. Un profilo nazional-popolare, ma anche una partenza bruciante quella di D'Alema. Certo, soltanto la storia potrà dire se il 5 febbraio del 1997 è una data destinata ad entrare nei libri di storia, ma intanto le prime 12 ore del presidente D'Alema sono state condotte al passo di carica e hanno prodotto uno degli strappi più dolorosi nelle viscere del Polo. Alle 9 di ieri mattina, D'Alema poteva contare su 37 voti (Ulivo più Ri- fondazione), una maggioranza risicatissima, appena una scheda sopra il 50%. Ma alle 13,15 quando è finito lo scrutinio per l'elezione del presidente, ecco la sorpresa annunciata dal vecchio Adriano Ossicini: il segretario del pds di voti ne ha ottenuti 52, ben 15 più del previsto. Dodici gli astenuti, mentre 6 voti sono andati al leghista Rolando Fontan, un ex segretario comunale di Transacqua in Trentino. Fuori e dentro la Sala della Regina molti visi stupiti per il boom di D'Alema, anche perché soltanto pochissimi erano già al corrente del colpo di scena: alle 11 del mattino, al termine di un teso vertice del Polo, Berlusconi.. Casini e Buttigliene avevano deciso di votare a favore di D'Alema, mentre Fini aveva tenuto duro sulla scheda bianca. Un cambio di marcia dell'ultima ora quello di Berlusconi, che è maturato dopo una telefonata di D'Alema al Cavaliere e una missione dell'ultima ora affidata a Fabio Mussi: il segretario del pds chiedeva esplicitamente il voto del Polo «perché non è possibile che mi chiediate di non essere vincolato alla maggioranza e poi vengo eletto soltanto con i voti della mag- spettacolare panneggio. Una regia sapiente e uno sbarramento anti-cronisti senza precedenti: i 70 neo-costituenti si possono soltanto guardare da lontano. E così, in attesa che la prima seduta possa cominciare (in ritardo), fuori si accendono cenacoli di piccola mondanità. Per assistere all'incoronazione del loro D'Alema, sono arrivati in tre da Botteghe Oscure: il braccio destro Claudio Velardi, Gianni Cuperlo e Fabrizio Rondolino, il giornalista dell'Unità diventato portavoce e romanziere. Il suo «Un così bel posto», «uscirà il mercoledì delle Ceneri - scherza Rondolino speriamo bene...». All'elezione di D'Alema è venuto ad assistere anche Pasqualino Laurito, ma l'autore della terribile «Velina rossa» stavolta ha smarrito il veleno: «Oggi è il trionfo della democrazia e del Parlamento!», ripete con enfasi. D'Alema entra alle 12,26, mentre l'ultimo, in clamoroso ritardo, è Achille Occhetto. I preliminari sono condotti da Ossicini, che dopo aver letto i risultati della votazione, annuncia: «Lascio la presidenza all'onorevole D'Alema». Nel corridoio dove sono posizionati i monitor, un giornalista dell'Unità dice a voce alta: «E la lascia volentieri!». Tutti a ridere, compreso un commesso di nero vestito. Tocca a D'Alema: «Non vi tedierò con un lungo discorso», è l'esordio, ma poi parlerà quasi un quarto d'ora, per trasmettere un messaggio di ottimismo: «Sono convinto che ce la faremo». Parla della sua come di una presidenza «che non vuole assumere un carattere di arroganza», con l'obiettivo di «riguadagnare una larga fiducia dei cittadini» e «creare un quadro di valori condivisi». L'elezione dei quattro segretari e dei tre vice-presidenti (Leopoldo Elia del ppi, Pinuccio Tatarelila di An, Giuliano Urbani di Forza Italia) scorre liscia, mentre resta un dubbio sulle 12 schede bianche nella votazione per D'Alema. Dieci sono di An, ma le altre due? Il socialista Boselli? «Ho votato D'Alema, giuro!», Occhetto? «Non esiste», dice lui. Titti Parenti? «Io sono disciplinata». E D'Alema? Capriccio del destino: per cinque mesi avrà lo studio a fianco di quello di Achille Occhetto. Fabio Martini

Luoghi citati: Roma, Transacqua, Trentino