Zanussi adesso sogna la flessibile Ungheria di Zeni

II lavoro costa poco, la produttività è alta II lavoro costa poco, la produttività è alta Zonussi adesso sogna la flessibile Ungheria BUDAPEST DAL NOSTRO INVIATO Gian Mario RossEccola qui, a due ore di volo dall'Italia, la piccola rivoluzione di Jaszbereny. Una città, una fabbrica. Fino a sei anni fa, grande finché si vuole, questa che è la seconda realtà industriale ungherese era un nome tra i tanti, Lehel, un marchio sconosciuto ai più. Adesso, sei anni dopo, decollata nel migliore dei modi la privatizzazione dell'azienda (passata dallo Stato alla Electrolux-Zanussi), la rivoluzione della Lehel comincia a far parlare. Già, perché è qui, nel mezzo della campagna ungherese, a 90 chilometri da Budapest, che il sogno di molti (imprenditori) e il timore di altrettanti (lavoratori) sta crescendo giorno dopo giorno: attenzione, è il monito, se il sistema Italia non si rinnova e non accetta una flessibilità ora sconosciuta le imprese se ne vanno. E giù ad elencare possibili mete vicine e lontane: Polonia, Romania, Ungheria... Ungheria, appunto. Paese in rapida trasformazione per ora lontano dai livelli di reddito e di vita del resto d'Europa (inflazione sopra il 20 per cento, disoccupazione al 10,5 percento, stipendi medi tra le 300 mila s le 500 mila lire) ma che sta facendo passi avanti da gigante. Ed è proprio qui, alla Lehel di Jaszbereny, che si può toccare con mano In trasformazione, qui dove i credo dell'economia capitalistica (une per tutti: global competition) hanno seguaci convinti e dove il modello attira l'interesse di un numero sempre maggiore di investitori intemazionali. Electrolux-Zanussi ma anche General Electric (che ha comprato la maggior industria, la Tungsram), Volkswagen ma anche Parmalat: tutti qui, in terra magiara, dove il costo del lavoro è sette volte meno che in Italia, e scusate se è poco, ma dove gli incrementi di produttività (vecchio tallone d'Achille dell'industria dei Paesi dell'Est) hanno raggiunto percentuali occidentali di tutto rispetto. L'altra faccia della delocalizzazione, brutto vocabolo che da voce ad un brutto spettro - quello dell'addio all'Italia da parte di certe produzioni e certi produttori - qui si mostra in tutta la sua capacità di essere qualcosa di più di un monito e qualcosa in meno di una minaccia. Chiaro che, parlando di Zanus- gnolo si (nel gruppo Electrolux tocca all'azienda italiana gestire tutte le aziende del Sud Europa, Ungheria compresa), i confronti sono inevitabili. Nessuno apertamente li indica, men che meno l'amministratore delegato di Electrolux-Zanussi Luigi De Puppi, cauto quanto basta, ma il parallelismo tra lo stabilimento di Jaszbereny dove oltre 2500 dipendenti producono un milione di frigoriferi e lo stabilimento veneto di Susegana (2200 dipendenti per un milione e 300 mila frigoriferi) è nei fatti. Sia chiaro, sintetizza De Puppi, nessuno sta pensando di trasferire paro paro le produzioni italiane in Ungheria così come nessuno spera di portare in Italia il costo del lavoro ungherese: «Indietro non si torna», spiega. Ma certo i successi di Lehel, la produzione che avanza (in un anno è stato trasferito qui un impianto danese), i vantaggi della struttura del lavoro («In Italia insiste De Puppi per ogni cento lire guadagnate da un dipendente l'azienda ne paga 270 mentre in Ungheria solo 160»), sono qualcosa di più di un miraggio. E' la conferma che la velocità di cambiamento dei nuovi Paesi è imprevedibile e impone una svolta anche nella vecchia Europa: non si può stare fermi in difesa di vecchie conquiste, è il messaggio che viene, non a caso, da una multinazionale come l'Electrolux-Zanussi che ha fabbriche ovunque ed è in grado di valutare vantaggi e svantaggi delle diverse aree. Traduzione: in Italia, Paese dove l'elettrodomestico ha una storia consolidata, non basta più la forza della tradizione. Occorre, per cominciare, più flessibilità che in concreto significa part time, contratti a termine, maggior disponibilità allo straordinario: «Per mantenere posti di lavoro e possibilmente aumentarli - conclude De Puppi - serve un cambio di cultura di tutti, della gente, del sindacato». Invito forte, di parte sicuramente, che nei prossimi giorni avrà modo di essere raccolto o respinto: per far fronte ad una commessa con la Libia a Susegana, profondo Nord-Est, la Zanussi vorrebbe 140 assunzioni a termine e quattro sabati lavorativi. Risponderanno sì, i lavoratori, come hanno fatto a Lehel, terra d'Ungheria? ssignolo Armando Zeni

Persone citate: De Puppi, Gian Mario, Lehel, Luigi De Puppi