Tre anni all'inferno per una prostituta di Vincenzo Tessandori

Tre anni all'inferno per una prostituta Tre anni all'inferno per una prostituta Italiano condannato in Albania, era impazzito d'amore re, Giovanni Scudellari, lui pure di Ravenna, ha ottenuto una specie di miracolo, anche se ora mormora: «Per assurdo, speravo in qualcosa di più e di meglio». La storia di Magnani è disarmante. Lui è un piccolo imprenditore, sposato con due figli. Ma con la fregola di conoscere altre ragazze, non importa se a pagamento, anzi, meglio così, è più facile. E ne conosce alcune, fin quando incontra Enkeleda Myftaray, che è una brunetta arrivata dall'Albania, di cervello pronto e senza cuore. Lui si innamora, lei no: lei, ha detto un giorno il procuratore Selim Kaloshi è «una donnaccia, una prostituta della quale mai un uomo albanese si innamorerebbe e per la quale mai combinerebbe tanti guai». Perché Magnani di guai ne ha proprio combinati parecchi. Per la ragazza svelta di mano e di lingua aveva lasciato la moglie, chiuso con il suo bar e, con il ricavato, circa 200 milioni, si era trasferito qui in Albania. E sognava di essere arrivato in paradiso, perché Enkeleda era sempre con lui, a fianco sulla Mercedes. Ma lei ha il suo giro e, una volta messe le graziose mani sul denaro, fa in modo che lui torni in Italia. Poi, alla prima telefonata, gli dice chiaro e tondo che non intende più vederlo: «Se vieni, loro ti ammazzano». Loro sono i nuovi amici della ragazza. Ma lui torna, va a casa di quei due giovanotti e tira fuori il mitra acquistato a Durazzo, per due milioni di lire. I due rivali, che sono fratelli, non ci sono, e allora lui blocca i genitori, li minaccia, dice che ammazzerà tutti, tanto è disperato e non gli importa più vivere. Ma non è un killer, lo disarmano e lo arrestano. E nessuno vuol credere alla sua storia. Ma siccome una qualche giustizia c'è, per il mondo, pure Enkeleda Myftaray viene arrestata, come il mandante dell'omicidio del suo protettore, tale Eduard Duka, avvenuto a Cervia il 25 febbraio 1995. E a qualcuno viene la cattiva idea di metterla nella cella accanto a quella di Magnani. Lui lo sa e la supplica, per ore, gridando e graffiando la parete. Lei fa in modo di ferirlo ancora: notte e giorno si fa sentire come se fosse impegnata nella sua professione con i poliziotti di guardia. «Loro sì che ci sanno fare, mica quell'italiano» ripete, perfida. Lui tenta di impiccarsi, fallisce. Infine il processo, il primo ad un cittadino italiano. L'aula è angusta, il banco del presidente è di formica, a molte sedie manca lo schienale: qui la giustizia se la passa peggio che altrove, evidentemente. Il presidente, Pavlino Tanussi, appare ancora incredulo di quanto è successo, poi dice che la condanna è a tre anni, che il tentato omicidio lo hanno cancellato. «Ora si tratta di tentare di. portarlo in Italia, perché lui qui muore», sospira l'avvocato Scudellari. Fra 15 giorni l'appello. Vincenzo Tessandori • INFORMAZIONE PUBBLICITARIA -

Persone citate: Eduard Duka, Giovanni Scudellari, Magnani, Selim Kaloshi

Luoghi citati: Albania, Cervia, Durazzo, Italia, Ravenna