E Prodi ballè i pugni «Ora dovete firmare»

E Prodi balle i pugni «Ora dovete firmare» E Prodi balle i pugni «Ora dovete firmare» Nella notte di domenica il premier si impone e «inchioda» le parti al tavolo Alle sette del mattino la bozza di accordo è pronta Poi arriva il caffè per tutti Il presidente Romano Pro mier, all'indirizzo dei sindacati, ma è stato un attimo. «Nel complesso ha mostrato una pazienza straordinaria», gli riconosce il numero due della Cisl, Raffaele Morese. E altrettanta pazienza ha dimostrato il braccio destro di Prodi, Enrico Micheli. E' stato lui a cucire e ricucire, ad aggiungere e tagliare, a correggere e ritocca¬ to legale di una persona, e che 10 Stato dovrebbe tutelare: anche contro la decisione della donna che lo porta in grembo e che, almeno fino a un certo momento della gestazione, potrebbe aver diritto ad abortire. C'è qui una coincidenza paradossale ed emblematica: l'embrione è titolare di diritti a tutti gli effetti, il tossicodipendente, che è una persona ben più evidentemente riconoscibile, non ha diritto di gestire la sua vita come più gli piace, benché ciò non comporti alcuna lesione del pari diritto altrui; lo Stato tutela la sua «libertà» anche contro la sua esplicita volontà: non si è forse detto che Muccioli aveva diritto di legare i giovani drogati nella sua porcilaia perché la loro richiesta di stupefacenti non era espressione di libertà ma di schiavitù? Per quanto lontani fra loro, 11 caso della tossicodipendenza e il caso del partito dell'embrione richiamano l'attenzione su un medesimo problema, che è appunto la tendenza a estendere oltre ogni limite l'idea di una tutela pubblica di diritti che si vogliono far valere anche contro la volontà dei loro titolari. E' ben vero che l'embrione non può essere interpel¬ del Consiglio di re quel benedetto protocollo d'intesa su cui un implacabile Cofferati sollevava infinite obbiezioni. Scriveva una bozza, Micheli, s'infilava nella stanza dov'erano rintanati gli industriali, poi ne usciva a passetti veloci e si dirigeva verso quella dei sindacalisti, con Prodi dietro, faccia scura e poca voglia di scherzare. lato per sapere se voglia nascere o no; ma se si deve cercarne un «tutore», questi è anzitutto la madre, che molto meno astrattamente del «movimento per la vita» può valutare l'interesse del «suo» embrione di venire al mondo. Molto più evidente è l'inapplicabilità di questa idea di tutela nel caso dei tossicodipendenti. Ma poiché anche in conseguenza delle nuove possibilità della bioingegneria problemi come quello dei diritti dell'embrione si porranno sempre più generalmente, sarebbe il caso, sulla base di questi esempi elementari, di riconoscere come principio generale non la pretesa di riferirsi a una legge naturale (come l'astratto diritto alla vita, per quanto indesiderabili possano essere le condizioni in cui prevediamo che essa debba svolgersi), ma l'impegno a interpellare, dovunque sia possibile, i diretti interessati, o quelli che sono loro più naturalmente vicini. Dove si riducono le aree di libera e argomentata decisione preferendo la tutela di pretesi diritti «naturali» non si realizza mai progresso della libertà ma solo una moltiplicazione della violenza. Gianni Vattimo Com'è normale nelle trattative, il capo del governo è stato tirato da entrambe le falde della giacca. «Camminava su un sentiero stretto», testimonia ancora Morese, «ma se l'è cavata perché non s'è allontanato di un millimetro dagli accordi del 23 luglio '93». «Bravo e fortunato», certifica Larizza. Soprattutto adesso, che l'accordo è fatto, tutti sono prodighi di riconoscimenti verso il premier, le sue insospettate qualità di negoziatore, perfino la sua resistenza allo stress. Niente cena per Prodi e gli altri eroi della trattativa, dal ministro Treu, a Callieri, a Cofferati, a Larizza. Solo caffè, quello lungo e scuro che ti porgono a Palazzo Chigi. I cornetti sono arrivati, caldi e fragranti, proprio mentre Romano sventolava il foglio appena sfornato dalla stampante di Luna: «Questa è la proposta del governo, voglio che voi la sottoscriviate». E poi, a giochi fatti, la dichiarazione trionfale: «Il mio primo pensiero va ai lavoratori, che da tanto, tempo aspettavano questo contratto, e alle imprese...». [u. m.] Olimpiadi del 2004