Bruxelles «promuove» il bilancio italiano di Stefano Lepri

Resta da esaminare l'Eurotassa. Ciampi: temo il predominio di alcuni Paesi nell'Uem Resta da esaminare l'Eurotassa. Ciampi: temo il predominio di alcuni Paesi nell'Uem Bruxelles «promuove» il bilancio italiano 77 deficit '97 arriva al 3% del Pil, ma Vesame non è finito DINI Maastricht, scadenze a rischio Londra si aspetta un rinvio Soros: sarebbe una catastrofe bilità la Commissione ha chiesto ad Eurostat di pronunciarsi. Ieri l'istituto, dopo aver consultato anche i rappresentanti delle banche centrali dei Quindici, ha fissato alcune «regole metodologiche che dovranno ora essere applicate da tutti gli Stati membri entro il primo marzo 1997». In tempo cioè per fare i calcoli di primavera in vista della procedura per i deficit eccessivi. La prima norma riguarda gli interessi capitalizzati e tocca quindi i buoni postali italiani. In pratica gli interessi saranno calcolati nel deficit solo al momento dell'effettivo pagamento. Lo stesso vale per il «trattamento degli interessi dei bond a zero coupon», compresi Ctz e Bot, che andranno calcolati alla scadenza dell'obbligazione. Eurostat ha poi adottato norme che facilitano il leasing finanziario, le emissioni per tranche, gli swaps su tassi d'interesse e valute, ed ha ammesso l'abbattimento del. debito pubblico realizzato da Belgio e Olanda con la vendita di una parte delle riserve auree. Già solo la decisione sui buoni postali rappresenta per il nostro bilancio un taglio di 5000 miliardi, pari allo 0,26% del Pil. Calcolare l'effetto della riclassificazione di Ctz e Bot è più difficile, anche perché dipende da quanto Ciampi vorrà sfruttare questa possibilità. L'Eurotassa «vale» invece 6500 miliardi e i mutui alle ferrovie altri 6000. Totale: 18-20 mila miliardi. Se tutto andasse bene cioè, la previsione di deficit per il '97 potrebbe crollare addirittura al 2,3%. La realtà però è diversa: il governo acquista margine di manovra, tappa il buco apertosi nei conti del '96 e può, con calma, pensare alla manovra anticipata per il '98. Fabio Squillante Il calendario può rompersi. Sancita solennemente nel trattato di Maastricht, la tabella di marcia verso la moneta unica europea viene tirata in queste ore da due parti opposte. Davvero la scelta dei Paesi partecipanti si farà all'inizio del '98, prima delle elezioni politiche in Francia? Davvero l'euro partirà dal 1° gennaio '99? Ieri i mercati hanno cominciato a dubitarne, dopo molti mesi di certezze. Il cancelliere dello Scacchiere (ministro del Tesoro) inglese, Kenneth Clarke, partendo da Davos ha detto che secondo lui «un rinvio sarà annunciato entro alcuni mesi». Sarà forse anche un desiderio personale di Clarke, europeista dentro un governo di euroscettici, o una insinuazione fatta negli interessi britannici. Ma anche da altri Paesi (non dall'Italia) vengono ipotesi di questo genere. Mentre al contrario c'è un tentativo, che parte dalla Germania e investe la commissione di Bruxelles, di anticipare a sorpresa l'annuncio dei Paesi partecipanti al primo turno dell'unione monetaria. «Bisogna evitare l'effetto scoop sui mercati» accennava vagamente l'altro giorno il commissario europeo agli Affari monetari, Yves-Thibault de Silguy. Ieri si è spiegato meglio un banchiere tedesco, Ernst-Moritz Lipp della Dresdner. Dice Lipp: «Questa incertezza DAVOS DAL NOSTRO INVIATO Il ministro delle Finanze di Bonn Theo Waigel liticamente importante come l'Italia. Come la contraddittoria partita sarà conclusa non lo sa ancora nessuno, considerata la quantità di variabili interne ed esterne: dall'instabilità politica legata all'apparente declino del Cancelliere, ai conti pubblici francesi. Di certo, mai come adesso il ruolo del nostro Paese è stato centrale, negli umori di Bonn. Romano Prodi, nella capitale tedesca, non troverà soltanto esattori. Emanuele Novazio Record di apparizioni deve finire molto presto. Occorre poter dire una parola chiara. Altrimenti sui mercati si faranno sempre più pesanti queste "scommesse sulla convergenza" fondate su speculazioni politiche; ovvero sull'ipotesi che la Spagna ce la faccia a rispettare i parametri di Maastricht, l'Italia non completamente, e che si apra un dibattito politico sull'opportunità di trattare i due Paesi nello stesso modo o no». L'idea che è circolata a Bruxelles è di un annuncio a sorpresa nel corso del '97, che restringa il numero dei Paesi partecipanti alla prima fase probabilmente a 8, senza Italia e Spagna. Per una decisione del genere occorrerebbe però l'unanimità dei 15 membri dell'Unione europea. Non sarà facile raggiungerla; anzi i contrasti potranno farsi violenti. Lo stallo potrebbe alla fine convincere a un rinvio (specie se anche Germania e Francia facessero fatica a raggiungere il 3% di deficit). La Bundesbank ha sempre sostenuto che il pieno rispetto dei criteri è più importante del calendario. In questa riunione annuale del World Economie Forum di Davos il suo vicepresidente, Wilhelm Gaddum, è andato più in là: «è errato partire dal presupposto che il processo debba avvenire per forza». Un rinvio di sei mesi (per scavalcare le elezioni tedesche dell'autunno '98?) sarebbe sostenibile, dicono alcuni analisti finanziari; uno più lungo no. «Un rinvio sarebbe catastrofico» è sicuro George Soros. Lo speculatore valutario numero uno vede «una tensione preoccupante tra il desiderio della Spagna e dell'Italia di entrare subito e il rifiuto tedesco ad ammetterle». Tuttavia pronostica (o dà a intendere di pronosticare) che un compromesso sarà trovato: «la moneta unica partirà nel 1999»; «se a Spagna e Italia, escluse dal primo turno, fosse garantito con una dichiarazione solenne un secondo turno ravvicinato, le ripercussioni sui mercati finanziari sarebbero tenui». I giochi restano apertissimi; il «totoMaastricht» tiene banco su giornali e tv di tutto il mondo. «Un importante interlocutore tedesco - racconta l'industriale italiano Vittorio Merloni - mi ha detto che ha fatto cattiva immagine anche l'agitazione dei nostri allevatori contro le multe europee per il latte. Se si sono bloccati gli aeroporti per una questione di 200 miliardi, chiedeva, che succederebbe con le penali di migliaia di miliardi previste dal "patto di stabilità" a carico dei Paesi in deficit eccessivo?». Stefano Lepri