«Così ho svelato il giallo Gucci» di Paolo Colonnello

«Così ho svelato il giallo Gucci» «Così ho svelato il giallo Gucci» 7/pm: capisco l'odio della Reggiani, non la scelta squadre, ognuna delle quali segiùva mia pista. Insomma, portavamo avanti più fronti contemporaneamente. La pista italiana era però quella più delicata, perche significava individuare elementi di sospetto anche all'interno della famiglia». Ma personaggi come «la maga nera», oppure le dichiarazioni dell'avvocato Auletta, che testimoniava per lo meno le intenzioni omicide di Patrizia Reggiani contro l'ex marito, non vi avevano allarmato? «Nella mia richiesta di arresto c'è fitta di impegni. Quel giorno lui non doveva essere a Milano, quindi, prima domanda: perché era stato assassinato proprio il 27 marzo? Quali altri spostamenti doveva fare? Seconda domanda: perché viene ucciso appena rimette in moto i suoi affari finanziari? Da qui è nata la cosiddetta pista svizzera». Oltre al viaggio a New York, che cosa vi aveva colpito della vita di Gucci? «Il fatto che dopo avere incassato nel 1993 i soldi dagli arabi per la sua società, nel '94 risultava un black out della sua attività finan¬ ziaria. Gucci sembrava aver annullato ogni impegno. Poi, quasi improvvisamente, verso la fine del 1994 aveva iniziato ad interessarsi del casinò in Svizzera. E questa sua decisione ci aveva fatto considerare l'esistenza di mia pista che poteva portare alla criminalità organizzata nell'ambito del controllo dei casinò, oppure a una pista, sempre mafiosa o di malavita pesante, por investimenti sbagliati o pericolosi». Ma intanto avevate raccolto anche indizi su responsabilità nell'ambito familiare di Gucci. «Sì, è vero. La pista italiana infatti non è mai stata abbandonata». Però, ammetta, l'avevate sottovalutata. «Non è così, assolutamente. I carabinieri, cui per primi sono state affidate le indagini, vennero divisi in un passaggio nel quale descrivo una figura inquietante come quella di Pina Auriemma, la cosiddetta "maga nera", dicendo in pratica che all'epoca era sospettabile ma non tanto da poterla iscrivere sul registro degli indagati. Perché se fosse stata iscritta senza elementi concreti c'era il rischio che l'inchiesta saltasse, a lei tra l'altro siamo arrivati individuandola come "maga nera", dopo aver trovato la cosiddetta "maga bianca", ovvero la veggente a cui si rivolgeva Gucci por proteggersi da malocchi o eventuali fatture scagliate dall'altra ma- ga». Sembra la trama di un film di serie zeta. «Eh lo so: anche se devo dire che tutta l'indagine è stata molto affascinante, piena di fatti suggestivi, a volte fuorviarti. In ogni caso soltanto con le "maghe" sarebbe stato più difficile arrivare alla soluzione del giallo, anche se credo che ci saremmo arrivati comunque». E sospetti su Patrizia Reggiani, la ex moglie, non ne avevate? «C'erano sospetti fin dall'inizio. Del resto tutto l'entourage Gucci aveva parlato di invidie, odii, gelosie coltivate dalla signora Reggiani. Poi c'era la faccenda dell'avvocato Auletta al quale la signora aveva chiesto cosa avrebbe rischiato per l'omicidio e ancora il libro scritto dalla Reggiani, con quelle frasi inquietanti sul privilegio di essere uccisi da un killer. Ma è anche vero che la signora non era l'unica persona che poteva desiderare la morte di Maurizio Gucci». E poi c'è stato il momoriale che vi ha mandato il fratellastro della Reggiani, Vincenzo... «Si, ma serviva più che altro a inquadrare vicende familiari». Un Dell'ambientino, vero? «Preferirei non fare commenti, ognuno tiri le sue conclusioni, soprattutto quando ci sarà il processo. Ciò che m'importa dire è che le indagini non hanno mai tralasciato alcun aspetto». La svolta delle indagini è arrivata con l'informatore «Gabriele», una bella fortuna? «Sì, lo riconosco, abbiamo avuto anche fortuna. Lui è arrivato per caso, ha fatto quadrare il cerchio e ci ha pennesso, in due settimane, di giungere alla conclusione del caso». Ma non le è sembrato un finale un po' scontato? «Volendo, sì. Anche se è solo adesso che sembra tutto facile, scontato...». Paolo Colonnello

Luoghi citati: Milano, New York, Svizzera