Metalmeccanici, tutti a Palazzo Chigi

I sindacati: ci pongono un nuovo aut-aut. La Federmeccanica: la controparte era già d'accordo I sindacati: ci pongono un nuovo aut-aut. La Federmeccanica: la controparte era già d'accordo Metalmeccanici, tulli a Palazzo Chigi Round notturno per evitare la rottura sugli integrativi ROMA. Alla fine è dovuto scendere personalmente in campo Romano Prodi per tentare di sbloccare la trattativa, pericolosamente incagliata, sul contratto dei metalmeccanici. Alle 22 di ieri sera, il presidente del Consiglio è arrivato in aereo da Sestriere, dove aveva appena inaugurato i mondiali di sci. Accompagnato dal ministro del Lavoro Tiziano Treu e dal fidatissimo Enrico Micheli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, si è subito chiuso nel suo studio di Palazzo Chigi insieme con il presidente di Confindustria, Giorgio Fossa, con il direttore generale di Federmeccanica, Michele Figurati, e i tre leader sindacali, Sergio Cofferati, Sergio D'Antoni e Pietro Larizza. Oggetto del summit: cercare di superare l'ultimo scoglio dell'estenuante negoziato, vale a dire il con¬ ancora ieri mattina, durante una riunione svoltasi nella sede della Cgil, in Corso d'Italia, tra i segretari generali di Cgil-Cisl-Uil e di Fiom-Fim-Uilm. Polemico il giudizio espresso da D'Antoni: «La Federmeccanica ha introdotto una questione, quella della durata della contrattazione aziendale, mai sollevata prima. E' una situazione nuova, non prevista, di fronte alla quale bisogna reagire». Altrettanto risoluto Cofferati: «La Federmeccanica non può introdurre in una fase conclusiva elementi di novità politicamente rilevanti... Bisogna che si ravvedano». E Larizza: «Il contratto si può chiudere se Federmeccanica e Confindustria non chiedono cose impossibili». Altrettanto netta la replica di Finmeccanica, che si è richiamata a un'ipotesi di accordo presentata la sera flitto sorto sulla «moratoria» per la contrattazione aziendale chiesta dagli imprenditori e duramente contestata dalla controparte sindacale. La tesi di Federmeccanica, fatta propria dal ministro Treu, prevede infatti che gli effetti economici dei contratti aziendali non ancora definiti decorreranno solo a partire dal 1998. Inoltre, secondo questa proposta, verrà prorogata di un anno la validità degli accordi aziendali già conclusi. L'obiettivo, evidente, è quello di evitare che la contrattazione aziendale vada subito a sommarsi con quella nazionale, moltiplicando i costi per le imprese. Un'ipotesi che viene però seccamente respinta dai sindacati perché lesiva, a loro giudizio, dell'accordo di luglio ed estranea alle materie su cui si svolge la trattativa. Il «no» sindacale è stato ribadito, AUMtran1) 12] 3] UNAno 8DURmesPREcircmeczeràcomzienCO CONTRATTI AZgli effetti economniti decorreranndali già conclusUn'ipotesi che dermeccanica iimportanza prima ai sindacati dal ministro del Lavoro Treu. In quel documento si parlava esplicitamente della moratoria e ciò, secondo Figurati, «sulla base delle informazioni ottenute dalle parti». Vale a dire, dopo che il ministro aveva ottenuto il consenso preventivo degli stessi sindacati. Di qui il «giallo» che ha avvelenato la giornata di ieri. Che le cose non stessero andando per il verso giusto, si è capito anche da una dichiarazione, dai toni allarmati, che il ministro Treu ha rilasciato ieri ai microfoni del Grl. «Faccio un appello alla responsabilità di tutti - ha detto il ministro -. Prolungare ancora questo stato sarebbe veramente rischioso; potrebbe portare ad un ulteriore aumento della tensione, e questa è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno». L'appello di Treu a entrambi i con¬ tendenti, evidentemente, non è bastato. Né sono stati sufficienti a sbloccare l'impasse i numerosi incontri e contatti tra le parti che si sono svolti per tutto il pomeriggio di ieri. Buone notizie, invece, per quanto riguarda l'altro ostacolo che fino a sabato intralciava l'opera dei negoziatori, vale a dire la quota da destinare al fondo di previdenza integrativa. Ieri mattina, D'Antoni ha ammesso che «su quel punto la soluzione sembra esserci». Sulla moratoria, invece, niente da fare. Così, per evitare che il negoziato fallisse proprio a un passo dalla conclusione, con il rischio che il governo venisse accusato di inerzia o peggio, Prodi ha deciso di gettare sulla bilancia tutto il suo peso di capo del governo. E senza la garanzia preventiva di portare a casa l'agognato accordo.

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