Prodi: non esiste un caso-Germania di Filippo Ceccarelli

Sestriere, il premier prima della contestazione: «Sì, entreremo in Europa con i conti a posto» Sestriere, il premier prima della contestazione: «Sì, entreremo in Europa con i conti a posto» Prodi: non esiste un caso-Germania «E' una finta polemica, non c'è motivo per preoccuparci» F =1 Rebuffa, l'ultima legge personalizzata ne. Sbuffa: ((Ancora con questa fìnta polemica sulla Germania? Ho già detto che non c'è nulla che debba preoccuparci. E non intendo aggiungere altro, perché non c'è nulla da aggiungere». Niente da fare, i cronisti non riescono a parlare d'altro. E Prodi si trova costretto a replicare, a chiarire per l'ultima volta. Primo: «Sono mesi che circolano queste voci, l'unica novità per me è che voi giornalisti ve ne siete accorti solo adesso». Secondo: «In tutti questi mesi, ho sempre ripetuto che in Europa si entra con i dati, con i conti a posto. Lo confermo oggi. E aggiungo che noi da questo punto di vista non abbiamo nulla di cui rimproverarci. Ce la dobbiamo conquistare, l'Europa. E ce la faremo, vedrete che ce la faremo». 1 carabinieri e i poliziotti del servizio d'ordine lo proteggono dall'ennesimo assalto dei giornalisti e lo accompagnano sotto la scultura di vetro per un incontro con Tomba. E' la prima volta che i due bolognesi si vedono di persona e si parlano. Sci e neve, montagna e medaglie. «Presidente, ho un piccolo regalo per lei». ((Ah sì?». «Sì, ma l'ho dimenticato. Glielo darò a Bologna». Arriva una voce dal pubblico: «Speriamo che sia una medaglia». Prodi la raccoglie al volo, e commenta: ((Abbiamo una bella squadra, forti i maschi, fortissime anche le donne». Ma le questioni politiche si infilano in ogni suo discorso, non lo lasciano in pace un attimo. Ci sono queste voci che rimbalzano dalla E Veltroni: «In passato c'erano perplessità anche sul nostro rientro nello Sme...» Germania e atterrano qui, amplificate dai taccuini aperti e dai microfoni accesi. «Presidente, bisogna dire qualcosa...». E lui niente, muto. Poi gli domandano: «Tornerà nei prossimi giorni a Sestriere per seguire in diretta una delle gare dell'Albertone?». Il premier, tutto serio, risponde: «Eh no, purtroppo no, ci sono impegni di governo...». Poi, trova lo scatto che gli fa ritrovare sorrido e buonumore: «E non scrivete che la mia assenza è dovuta a un improvviso viaggio all'estero, per esempio in Germania». Ecco, il capitolo-Germania è definitivamente archiviato, almeno per oggi. Per Prodi, il discorso è davvero chiuso. Non le amarezze, però, vista la contestazione, a suon di fischi, che il pubblico, gli riserva al momento della lettura della cerimonia d'inaugurazione dei mondiali, in diretta Mondovisione. Dopo Prodi, Veltroni. Ancora la Germania, ancora le polemiche sui tempi d'ingresso dell'Italia nell'Unione europea. Il vice presidente del Consiglio la prende alla larga: «I risultati di questi sette mesi di go¬ verno fanno capire che il Paese sta imboccando una strada virtuosa dopo tanti anni difficili e caotici. Abbiamo tutte le condizioni per stare dove dobbiamo stare». E davanti agli ultimi euroscettici, conclude: «In passato, c'erano forti perplessità anche sul nostro rientro nello Sme. Guardate come è andata a finire e giudicate voi...». Gianni Armand-Pilon IL PALAZZO AMMA mia: forse la Rebuffa è di Calderisi... Scabrosa vicenda di dubbia paternità inopinatamente resa pubblica dal senatore Pera sul Messaggero. Nel senso che la Rebuffa è sì di Giorgio Rebuffa, insigne professore di filosofia del diritto, nonché vicecapogruppo berlusconiano a Montecitorio, ma gliel'avrebbe «escogitata» - con ammirevole generosità - Peppino Calderisi, già deputato pannelliano e ora di Forza Italia, noto soprattutto per essere uno dei più crudeli azzeccagarbugli della storia parlamentare repubblicana, l'unico forse in grado di tener testa al maestro di tutti gli arzigogolisti, Bassanini, e al senatore D'Onofrio, «un uomo chiamato cavillo». Restando dunque il suo ipotetico ispiratore nell'ombra, la gloria e il fardello della Rebuffa se li becca appunto Rebuffa che tuttavia, in quanto scapolo, almeno non corre il rischio di vedersi scambiare la sua inanimata creatura per moglie o per figlia, carne della sua carne. Forse per sorella, ma tant'è. La Rebuffa è in effetti una proposta di legge (numero 2423), per giunta sormontata da un titolo vagamente metafisico: «Regolazione della successione nel tempo delle norme elettorali» (evitando il rischio di soluzioni di continuità). A che cosa serve, la Rebuffa, non è esattamente la cosa più semplice - ed esaltante - da spiegare. In teoria colma un inesorabile, fin qui, «vuoto» legislativo («un buco nero» l'ha chiamato l'onorevole Mussi). In pratica, rende possibili i referendum elettorali. Ma è pure sospettata di eccessiva prepotenza con i partitini, da cui la sintomatica assonanza tra «legge truffa» e «legge Rebuffa». Ma non è questo il punto. Quel che forse può interessare è il risvolto umano, politico ed onomastico della faccenda. La pdl numero 2423, cioè, è l'ultimo caso di regola personalizzata o d'incarnazione normativa. Di conseguenza il professor Giorgio entra nel ristretto novero degli uomini che cons Gior novi hanno donato il loro cognome a una legge. E alle donne, pure, essendo Angelina Merlin ricordata addirittura con stornelli per quel suo provvedimento sulle case chiuse: «Fior d'erba fina,/ la persiana s'è aperta/ per la legge sociale/ di Angelina». La Merlin, quindi, ma anche la Vanoni (da Ezio, ministro delle Finanze) a proposito della quale si ricorderà uno dei primi sketch tv con Vianello che si travestiva da Ornella Vanoni, giacché «o fai la Vanoni, o paghi la mora». E poi, lungo gli annali di una specie di storia personalizzata d'Italia, la Fortuna (da Loris, sul divorzio, con Baslini), la Reale (da Oronzo, sull'ordine pubblico, sottoposta a referendum), la Martelli (da Claudio, sugli extracomunitari), la Vassalli-Jervolino (droga). Fino alla Mammì, trasfigurazione televisiva del ministro Oscar, che da autore di aforismi volle pure ammettere: «Non sono più un uomo, sono un articolato». Il che nemmeno si poteva dire della Sartori, che era solo un'idea generica di semipresidenzialismo attribuita a Giovanni, scienziato della politica, ma soprattutto inventore della deformazione maccheronica del «Mattarellum» (la legge elettorale di Mattarella). Dal quale, per imitazione, s'è poi sviluppato il «Tatarellum». «Due validissimi parlamentari» ha commentato l'altro giorno in aula l'onorevole Spini. A quel punto Luciano Violante, che presiedeva, non ha saputo resistere alla tentazione di evocare un eventuale «Spinellum». Magari per euforizzare la discussione sull'incombente Rebuffa - o Calderisi che sia. consGiornovecons I Gior I novi elli elli | Filippo Ceccarelli elli