Il pds: prima l'ltalia, poi i partiti
D'Alema al convegno sulla forma2ione: gli studenti devono avere il coraggio di dire di sì D'Alema al convegno sulla forma2ione: gli studenti devono avere il coraggio di dire di sì Il pds: prima Kltalia, poi i partiti «Così non si può più costruire una classe dirigente» L' AUTOCRITICA DELLA SINISTRA to non era diretto ma mediato da un partito: tutto il contrario di quel che è avvenuto negli altri grandi Paesi, nei Paesi «normali». Qui D'Alema si ricollega alle parole di Violante in mattinata: da noi il «principio di appartenenza» - appartenenza a un partito, a un'ideologia - ha prevalso sul «principio di cittadinanza», sull'essere tutti cittadini italiani. Adesso si volta pagina. Ma un tale cambiamento ha bisogno di regole, e di regole da fare insieme con «l'altra parte del Paese» proprio affinché ciascuna parte, legittimata dall'intera collettività, sia fino in fondo soltanto se stessa. «Più si cerca l'accordo sulle regole, più si può litigare liberamente sui contenuti», dice D'Alema. Molti intellettuali di sinistra non capiscono questa politica e parlano di «inciucio»: «Ma in questa parola si riflette una mancanza di senso civile che caratterizza una parte della sinistra». Per il segretario si dovrà arrivare a un'autentica democrazia competitiva. E il concetto di competizione si allarga, va fuori dall'area stretta¬ un argomento decisivo come la formazione delle classi dirigenti: sennonché da noi i partiti sono molto ramificati dentro la società civile, c'è stata e c'è la partitocrazia: non sarà allora che quest'odierno gran discutere nasconda la versione aggiornata dell'antica vocazione all'egemonia culturale? Il linguista De Mauro, studioso di problemi dell'educazione, risponde di no, dice che il pds ha fatto suo il gran cambiamento nella scuola e nell'intera società: come ha detto Violante, come ha detto D'Alema, basta con la cultura dell'appartenenza, del tirare l'acqua soltanto al proprio mulino: ora vince la cultura della cittadinanza, del parlare per tutto il Paese nel gioco della competizione liberale. «Dieci anni fa ricorda De Mauro - dissi proprio questo alla scuola di partito delle Frattocchie: "Badate, una scuola come la nostra danneggia il Paese". Mi guardarono come un marziano. Adesso queste cose le dicono loro. Uno slogan? "Prima l'Italia, poi i partiti"». del '68 ha lasciato in eredità il riflesso corporativo di lottare sempre "contro" e mai "per" una riforma. Non abbiamo lasciato il coraggio di cercare e proporre cose nuove, una responsabilità più generale». Berlinguer gongola, va oltre e dice: «Da parte nostra c'è stato finora un rifiuto dell'eccellenza scolastica, ritenuto elemento non popolare e non equo». Si deve cambiare anche qui: bisogna «difendere l'eccellenza a tutti i livelli superiori». E quando il politologo Angelo Panebianco plaude alla meritocrazia scolastica come rimedio ai guasti di una demagogia pseudo-egualitaria, nessuna obiezione: né da parte di Berlinguer né da parte di D'Alema. Non c'è stato dibattito, in pratica. Neanche con Eco, che lodava le «Grandes Ecoles» francesi, vere fucine delle classi dirigenti d'Oltralpe. «Come sinistra di governo e al governo, dobbiamo portare queste novità», ha concluso il ministro. Circolava in precedenza un dubbio: è bello e nobile che il pds, come altri partiti in Italia e all'estero, si occupi di II
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