«No all'Europa dei banchieri» di Massimo Giannini

Il presidente Fiat al convegno su Maastricht: la moneta unica non può essere una punizione Il presidente Fiat al convegno su Maastricht: la moneta unica non può essere una punizione «No qlKEuropq dei banchieri» Romiti e D'Alema: il primato va alla politica Europa - sostiene Romiti - le forze politiche europee devono contribuire a ridare un'anima a tutti i cittadini europei». Anche per Massimo D'Alema in Europa c'è bisogno di più politica, «perché altrimenti si rischia di non partire: se l'Euro diventa l'unica istituzione che conta si rischia la frattura dell'Europa». Un pallido afflato europeistico che il leader del pds propone di rinvigorire, intanto, con un incontro «tra i leader della sinistra e quelli dei partiti popolari e conservatori, per restituire una base politica all'integrazione tra i Paesi». E così, la forza delle banche centrali e il pericolo di un'Europa «fredda» finiscono per diventare il filo rosso che collega quasi tutti gli interventi, nel corso di un convegno che l'Aspen, con la regia del suo presidente Carlo Scognamiglio, ha organizzato nello scenario di palazzo De Carolis, di proprietà della Banca di Roma ma che anche nel Sette-Ottocento è stato al centro delle cronache mondane, attraversato da principi, cardinali e am¬ basciatori di Francia. Uno scenario che deve aver messo a suo agio l'ex presidente francese Giscard d'Estaing che ha invitato gli italiani «a non dimenticare mai la volontà politica: noi non vogliamo in Europa Paesi che abbiano i parametri e non la volontà politica». Su una lunghezza d'onda vicina, il presidente dell'Antitrust Giuliano Amato: «C'è una debolezza della politica ed è questa la ragione della forza della moneta». Più caustico Cossiga: «Mi preoccupa l'apparente assenza di una politica nascosta dietro i parametri». Ma non è soltanto l'Europa fredda guidata da tecnocrati e banchieri a preoccupare: anche le tappe di avvicinamento all'Unione Europea fanno discutere. E da questo punto di vista il presidente della Fiat Romiti ha potuto prendere atto con soddisfazione che la «so¬ stanza» del suo famoso intervento al Meeting dell'Amicizia, dopo «dietrologie» e «forti polemiche» ha finito per essere condiviso da personaggi diversi come il governatore della Banca d'Italia Fazio e il leader del pds D'Alema. «L'Italia - ha spiegato Cesare Romiti - deve riportare lo sviluppo al centro dell'attenzione» e se ciò «non significa rimettere in discussione i parametri di Maastricht», è però «fondamentale» stabilire «come noi italiani arriviamo in Europa». E il cuore del ragionamento del presidente della Fiat è che «senza una maggiore competitività dell'economia», senza «una maggiore flessibilità», «non ci sarà mai modo di abbattere la disoccupazione», che «resta il problema più grave». Un problema che non si risolve con i due tempi, «prima risanamento e poi sviluppo». Un'analisi che - so¬ stiene Cesare Romiti - «con l'andar del tempo mi ha fatto trovare in ottima compagnia». E ha citato, prima le parole del Governatore Fazio e poi quelle di D'Alema in un'intervista al «Mondo». A Romiti ha risposto il super-ministro dell'Economia Carlo Azeglio Ciampi: «Con il presidente della Fiat non siamo completamente sulla stessa linea, ma non considero la sua e la mia posizioni in antinomia: non esistono due tempi per l'Europa, perché non c'è stabilità senza sviluppo e viceversa». E in questo contesto, fatto di scambi in punta di pernia, c'è anche lo spazio per una frecciata al veleno. A Giorgio La Malfa che poco prima aveva detto che «l'Italia non è in condizione di far parte della moneta unica», Massimo D'Alema ha ri- sposto così: «Sono sempre invidioso di La Malfa... Lui è sempre più bravo. Però devo dire che, con onestà intellettuale, una volta mi disse: "secondo me bisognerebbe fare una manovra" - non mi ricordo se fosse di... 200.000 miliardi - e poi aggiunse: "tu che hai dei voti, pensi si possa fare?" Una domanda pertinente. E' diverso rispondere a 7-10 milioni di cittadini piuttosto che alla propria coscienza... E noi dobbiamo portare in Europa l'Italia, non la salma del nostro Paese». Ma la chiusa, pronunciata con un Filo d'emozione, spetta a Ciampi: «La generazione che ha vissuto gli Anni '30 e '40 sente la valenza dell'Europa: è il suggello di una vita, di chi vuole lasciare ai propri figli la certezza che quanto successe in quegli anni non si ripeta». Le banconote e le monete nazionali Euro/ / perdono valore legale/: Fabio Martini Nella foto in alto a sinistra l'incontro fra Massimo D'Alema e Valéry Giscard d'Estaing e, a destra, il cancelliere tedesco Helmut Kohl sederemmo al tavolo della trattativa, e voglio vedere chi avrebbe il coraggio di lasciarci fuori dopo quello che abbiamo fatto in questi ultimi sei anni». E studiava le contromosse. La prima, un intervento significativo sulle pensioni, da far digerire a tutti i costi a Bertinotti. La seconda, paradossalmente divertente: si è scoperto che lo Stato tedesco ha ceduto una quota della Lufthansa, la compagnia di bandiera, al Creditanstalt, banca del Tesoro, e ha iscritto i relativi 2.000 miliardi nell'attivo di bilancio, Sarebbe come se noi avessinmo venduto l'Alitalia al Mediocredito, per aumentare le entrate. Carlo Azeglio non se lo sognerebbe neanche, mentre il tetragono Kohl l'ha fatto. Piccoli trucchetti, per carità, come quello già sperimentato dal governo di Parigi con i fondi pensione della France Telecom, o quello che sta tentando il Belgio, dove il ministro delle Finanze Philippe Maystadt invita enti statali e para-statali a investire in obbligazioni del governo, per ridurre il debito pubblico. Si tratta di vedere come li valuterà la Commissione europea, che sta per decidere anche sulla richiesta italiana di riclassificazione del debito pubblico. Sarebbe un bel contrappasso se venisse colta in fallo proprio la Germania, il Paese di Tietmeyer che tuona contro chi «fa il risanamento con i trucchi contabili», e che ancora pochi giorni fa dichiarava i\\YHerald Inibirne che su Maastricht «i politici si attengono al Trattato, poi noi dovremo selezionare i Paesi in una cerchia più ristretta», perchè «oggi la questione non è più solo il rispetto del 3% nel rapporto deficit,Pil, ma la sua sostenibilità». Su questo concetto, inserito non a caso nelle conclusioni dell'ultimo vertice di Dublino, Kohl e Tietmeyer faranno leva per contenere gli argini della valutazione politica sulla convergenza, e per farci accettare il «purgatorio valutario» di un anno oltre il '99 o, peggio, fino al 2002. Ma Ciampi, stavolta, giura: «Non ci sto». L'ha detto ieri all'Aspen: è cresciuto negli Anni 30 e 40, si ricorda quell'Europa plumbea e tragica, e quell'esperienza agli italiani non vuole fargliela rivivere. Per questo vuole la lira nell'Euro, con buona pace e tante scuse a fraulein Butenop. Ma sarà dura. Per questo invoca la Politica. Massimo Giannini