Prodi e Ciompi: nell'Unione con i primi di Stefano Lepri

Il governo respinge l'ipotesi di uno slittamento. D'Alema e Marini ottimisti, scettico La Malfa Il governo respinge l'ipotesi di uno slittamento. D'Alema e Marini ottimisti, scettico La Malfa Prodi e Ciompi: nell'Unione con i primi «Convinceremo ipartner, siamo un Paese stabile» ROMA. Nel campionato europeo, l'Italia non ci sta a giocare in serie B, per nessun motivo. Dunque - fuor di metafora - l'adesione alla moneta unica avverrà, immancabilmente, con il primo turno e non nel 2002 come la Germania - secondo alcune voci diffuse due giorni fa al convegno di Davos - sembra voler chiedere. Il presidente del Consiglio Romano Prodi è stato netto: «L'Italia entrerà in Europa insieme ai Paesi di testa, su questo non c'è alcun dubbio» e aveva dichiarato l'altro ieri alla Cnn «se non riuscirò a portare l'Italia nell'unione monetaria, mi dimetterò». Il mmistro del Tesoro - che ieri ha parlato al seminario dell'Aspen su Maastricht - ha confermato che la linea Prodi è quella di tutto il governo. «Non esistono due tempi per l'Europa - ha detto UNA STRADA IN SALITA DAVOS ON sarebbe stata un'offerta precisa, solo un suggerimento. Non sarebbe arrivato per diretto dialogo diplomatico, ma per vie traverse. La Germania vuole assolutamente evitare che l'Italia entri a far parte da subito dell'Unione monetaria europea, nel 1999. L'ipotesi è di un rinvio breve, attorno a un anno: quella che sui mercati finanziari sta circolando da diversi mesi, e che orienta le quotazioni delle valute e dei titoli. A Davos, dove si trovano in queste ore governanti e Businesspeople di tutta Europa, le conferme sono molte. Naturalmente, se lo si chiede a Theo Waigel, ministro delle Finanze di Bonn, la risposta è un'altra, è la solita formula ufficiale: «Ogni Paese ha le stesse possibilità di entrare nella moneta unica. Tutti i Paesi che rispetteranno i criteri di Maastricht potranno partecipare. E' ozioso discettare ora su chi sarà dentro e chi no», scandisce con il suo sonoro accento bavarese. Basta però rivolgersi a un grande banchiere, e la risposta è differente. «L'Italia entrerà dopo uno-due anni» prevede Ernst-Moritz Lipp, giovane consigliere d'amministrazione della Dresdner Bank. «Non illudetevi di entrare subito», conferma Ulrich Cartellieri, anziano amministratore della Deutsche Bank. L'Italia e la Spagna, precisano tutti. I due Paesi sono senza dubbio accomunati, perché Madrid è più vicina ai parametri di Maastricht, ma Roma ha un peso politico maggiore e può sbarrarle la strada. Voci ne circolano tante: per esempio che Italia e Spagna CAPITALISMO E POLITICA OUALCHE giorno fa ha scandalizzato gli Stati Uniti scrivendo che «dopo la fine del comunismo è il capitalismo la minaccia più grave alla società aperta e alla libertà dell'individuo». Ora, George Soros rincara la dose: l'Europa di Maastricht è più concentrata sui problemi della moneta che dei popoli. Parole forti, da leader di sinistra. E non è un caso che «Il Manifesto» si stia accingendo a pubblicare in Italia l'ultimo saggio del guru di Wall Street, dal titolo eloquente: «La minaccia del capitalismo». Soros maestro della sinistra? «Macché, non esageriamo», replica sorridendo Valentino Parlato. «In realtà - aggiunge - lui è un simpatico brigante: intelligente, colto, capace di veder chiaro al di là del denaro. E' un capitalista che non si è fatto ubriacare dai quattrini che guadagna...». Ma vi sta bene quel che dice? «Molte volte sì. Certo, c'è qualcosa di paradossale ma che «Ciampi non voglia presentare subito una manovra da 30-35 mila miliardi». La lezione dell'economista La Malfa non è piaciuta al leader della Quercia che ha repbcato seccamente: «Penso che sulla via del risanamento abbiamo fatto grandi passi in avanti e che abbiamo mostrato la volontà di una classe dirigente di mettere a posto i conti del Paese. Al segretario repubblicano ha anche repbcato il leader dei popolari, Franco Marini: «Sono in radicale dissenso con La Malfa. Al presidente Prodi bisogna riconoscere il coraggio di non aver mai abbandonato l'obiettivo del risanamento e di aver affrontato manovre e correzioni per 80 mila mihardi». comunque anche il conforto dei fatti: secondo il ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio, l'andamento del fabbisogno di gennaio si attesterebbe (i dati non sono ancora definitivi) sui 3 mila miliardi. Una notizia che ha fatto brillare gli occhi di Prodi: «Se fossero 3 mila miliardi, andrebbe bene, sarebbe una cifra anche troppo buona, dato che dovevano essere 12 mila» ha commentato. Ma gli entusiasmi della squadra di Prodi non sono condivisi universalmente. Romiti ha espresso le sue perplessità e Giorgio La Malfa - in un diverbio con D'Alema - è stato severissimo con il governo: «Con questa politica economica è chiaro che non saremo in grado di entrare tra i Paesi che aderiranno all'Uem al primo turno». A meno Carlo Azeglio Ciampi - Rinviare la partecipazione alla moneta unica sarebbe un grosso rischio». E così ha messo fine a dispute e illazioni. «L'Italia si deve convincere, e convincere i propri amici europei, che il suo ingresso nell'euro non porta instabilità ma esattamente il contrario». L'Italia - è questo che Ciampi vuole far intendere all'Europa - non è più quella degli Anni Settanta «La nostra mentalità è cambiata in modo radicale - ha spiegato il ministro -. Da Paese dell'indicizzazione e dell'inflazione spinta, siamo diventati un Paese dove la cultura della stabilità si è imposta a pieno». E sta b a dimostrarlo la reazione di fronte alla grande svalutazione sul marco riassorbita nel giro di un anno. Ma c'è anche chi, come Massimo D'Alema, pur ritenendo che l'Itaba deb¬ ba essere nel gruppo dei primi, pensa che possa essere proprio la Germania a decidere di frenare il suo ingresso nell'Unione. «Ci si interroga molto sul fatto se saremo in Europa - ha detto il segretario del pds - ma penso che c'è un altro interrogativo da porsi. E cioè se tutti i paesi dell'Europa saranno in grado di compiere questo passo. Ci troveremo a cinque mesi dalle elezioni tedesche di fronte alla classe dirigente di quel Paese che ci dirà: "Scusate, adesso rinviamo questa decisione"? Quella classe dirigente potrà dircelo perchè stretta tra una opinione pubblica molto affezionata alla stabilità del marco e il grande problema politico della responsabilità di dividere l'Europa». A dimostrare che quelle del governo non sono solo buone intenzioni, giunge Raffaello Masci aver invitato l'Italia o la Spagna a restare fuori, sostiene che non basta rispettare i parametri di Maastricht: «E' un grave errore pensare che entrare nell'Euro risolva tutti i problemi. Quando dal 1999 le parità tra le varie monete nazionali saranno irrevocabilmente fissate, i governi rinunceranno a un imporrate elemento di flessibilità. LaJ«apacità di adeguarsi ai fattori esterni dovrà essere trovata altrove; ogni governo, a cominciare dal nostro, dovrà riflettere su come». Altrimenti, si avranno difficoltà economiche e conflitti politici. Per esempio, spiega Stark, «ricordatevi il deprezzamento della lira nel 1995, con tutti i problemi che ha creato agli esportatori tedeschi. Se dopo il 1999 dovessero crearsi simili tensioni, come saranno assorbite?». No, non basta nemmeno rispettare i parametri nel '97 e nel '98. Da registrare anche, qui a Davos, il ridimensionamento drastico della proposta francese per un «consiglio di stabilità» tra i ministri. «Non potrà, né vorrà influire sulla Banca centrale europea, sarà solo informale», dice Waigel. E poi, guardando il governatore della Banca di Francia che gli sta accanto: «E il mio amico Jean-Claude Trichet è d'accordo con me». Stefano Lepri