Per le scimmie l'intelligenza è diversa

Per le scimmie l'intelligenza è diversa Per le scimmie l'intelligenza è diversa / criteri di giudizio spesso devono essere ribaltati CORRE l'anno 1917: mentre buona parte del genere umano è impegnata a fornire una delle più spettacolari dimostrazioni di stupidità della storia (la prima guerra mondiale), lo studioso tedesco Wolfgang Kohler pubblica il saggio «Prove di intelligenza su scimmie antropoidi», frutto di quattro anni di lavoro in compagnia di nove scimpanzé nella tranquillità delle isole Canarie. Gli studi di Kohler sono un classico della psicologia animale (quella che, in un secondo tempo, si sarebbe chiamata etologia): dimostrano come gli animali - o almeno alcuni cu essi non siano affatto delle macchine biologiche rigidamente guidate nelle loro azioni dal semplice istinto, ma al contrario siano capaci di elaborazioni mentali abbastanza complesse e certo al di sopra di quelli che, a quei tempi, erano considerati i loro limiti. Le scimmie antropomorfe, che Darwin aveva scandalosamente apparentato all'uomo più di mezzo secolo prima, rivelavano dunque di somigliarci non so¬ lo fisicamente ma anche mentalmente. In parole povere, dimostravano di possedere una certa dose di intelligenza: non sufficiente a risolvere equazioni o ad accendere un fuoco, ma certo in grado di portarle alla soluzione di elementari problemi e all'uso razionale di semplici utensili. Col tempo, le osservazioni degli etologi hanno dimostrato che le scimmie non sono gli unici animali capaci di elaborazioni mentali di una certa complessità: comportamenti che si possono definire «intelligenti» sono emersi anche in altri gruppi zoologici quali i carnivori, i roditori, soprattutto i cetacei. Ma la filosofia classica ci insegna che, se esiste una qualità, deve esistere anche il suo contrario: esistono animali grandi e animali piccoli, veloci e lenti, timidi e aggressivi. Se esistono animali intelligenti, esistono dunque animali stupidi? Confesso di non saper rispondere: se non è facile stabilire quando il comportamento di un animale si può definire «intelligente», è ancor più difficile sta¬ 1 bilire quando un comportamento si può definire «stupido». Anche perché non riusciamo a scrollarci completamente di dosso una certa forma mentale che ci porta a valutare gli animali con il nostro metro. Chiarirò con un esempio. Uno dei problemi posti da Kohler ai suoi scimpanzé consisteva nel raggiungere una banana appesa al soffitto della gabbia: il soffitto era troppo alto per poterci arrivare con un balzo, ma gli scimmioni avevano a loro disposizione lunghe pertiche di legno. Il più sveglio della compagnia, una femmina di nome Chica, trova rapidamente la soluzione: rizza la pertica verticalmente alla ricerca di un precario equilibrio, si arrampica lungo di essa in equilibrio ancor più precario, e riesce ad afferrare la banana un istante prima di rovinare al suolo. In breve tempo, anche gli altri scimpanzé si impadroniscono della tecnica, e la gabbia si trasforma in una surreale pista di circo, popolata da una sgangherata compagnia di equilibristi. Che dire, se non che gli scim¬ panzé stavano dando prova di estrema stupidità? Non era molto più semplice usare la pertica per colpire la banana e farla cadere al suolo? Tanto più che, in altre occasioni, tutte le scimmie avevano dimostrato di saper usare dei bastoni per prendere oggetti fuori della loro portata. Ma è qui che ci sbagliamo: per noi esseri umani sarebbe più logico comportarci in questo modo, ma per un animale con le doti fisiche di uno scimpanzé, avvezzo ai più spericolati volteggi tra gli alberi e alle più rovinose cadute dai medesimi, l'avventurosa arrampicata sulla pertica è la soluzione più logica, quella che minimizza i costi (cosa sarà mai una caduta da 3-4 metri?) e comporta i massimi benefici, vale a dire il recupero della banana nel minor tempo possibile e prima di chiunque altro. Analizzando con quest'ottica il comportamento dei più svariati animali, si giunge sempre alla stessa conclusione: anche le azioni che a prima vista ci appaiono più assurde e controproducenti hanno una loro ragion d'essere, e hanno come scopo ultimo quello di garantire la sopravvivenza dell'individuo. E chi sopravvive più a lungo ha la possibilità di mettere al mondo un più alto numero di discendenti, assicurando così la massima diffusione dei propri geni. E' questa la logica della natura: una logica in cui non c'è posto per lo stupido, dato che la selezione naturale provvede a eliminarlo. A questa logica - come si sa - l'uomo si è sottratto da tempo: nella nostra specie, l'evoluzione culturale non ha certo soppresso quella biologica ma la ha sicuramente condizionata, attenuando l'effetto di pressioni selettive che negli altri animali sarebbero determinanti, e consentendo la sopravvivenza anche ai meno adatti. E' buffo, a ben vedere: fino a qualche tempo fa, si riteneva che la principale differenza tra noi e gli altri animali fosse nella nostra intelligenza. Oggi, tutto lascia supporre che la differenza sia piuttosto nella nostra stupidità. Giusto Benedetti

Persone citate: Giusto Benedetti, Kohler, Wolfgang Kohler