lA STUPIDITà UMANA METTE IN CRISI DARWIN di A. Sa.

La tribù fa studiare Io sciocco Darwin fonda la sua teoria dell'evoluzione biologica sulla selezione degli individui più adatti alla sopravvivenza Ma la «cultura» cambia il gioco... Dsullpiù ' IN AFRICA PENSANDO alla frase di Schiller «Anche gli dèi si arrendono agli stupidi», non possiamo affermare che questo: gli scienziati non sono da meno. In un incontro con Giorgio Salza (nessuna relazione con lo scrivente), del Dipartimento di Sociologia dell'Università di Torino, abbiamo cercato di considerare il comportamento degli stupidi sotto gli aspetti sociobiologici. A scopo paradigmatico abbiamo preso la definizione di stupido fornita da un grande economista, Carlo M. Cipolla: «Stupido è colui che fa un'azione che reca danni (morali, materiali e di ogni sorta) a un'altra persona, senza ricavarne alcun guadagno, anzi, spesso realizzando una perdita per se stesso». Su questa base ci è subito parso di essere circondati da stupidi. Ma Giorgio Salza mette in guardia: le definizioni di stupido derivano da un preciso set culturale di caratteristiche variabili nel tempo. Fino a inizio 900, «stupido» e «idiota» erano categorie medico-diagnostiche; oggi sono insulti. Passiamo dunque a esaminare il problema prescindendo dalla definizione e accettando una visione gestaltica dello stupido: uno stupido è tale perché, agli occhi di un segmento di popolazione e per motivi sconosciuti, egli appare stupido. La domanda è: dato che l'evoluzione funziona anche attraverso la selezione dei meno adatti, perché gli stupidi? Obietta Giorgio Salza: «Attenzione, posta in questo modo, la domanda mina l'evoluzionismo, non gli stupidi. Mette sotto accusa i meccanismi selettivi. Occorre, più precisamente, chiedersi: perché l'evoluzione non seleziona gli stupidi?». Tra gli animali, lo stupido, l'inetto, il malato, vengono direttamente selezionati dai predatori, favorendo così la sopravvivenza dei conspecifici. Tutti noi, però, sappiamo che gli stupidi umani non funzionano a questo modo. Tra di noi, lo stupido è piuttosto un opportunista di nicchia, che riesce a cavarsela inserendosi in qualsiasi ambiente e sostituendosi gradualmente al non stupido (almeno, questa è la nostra percezione). In questo senso, gli stupidi ci portano a riconsiderare l'evolu¬ zione umana. Senza scordarci di essere animali (soggetti alle pressioni degli ambienti esterni), dobbiamo valutare il fatto che siamo dotati di cultura. La cultura diventa un ambiente interno (endohabitat) in cui i meccanismi evolutivi funzionano in modo analogo a quelli esterni, ma (ovviamente) non sono direttamente percepibili, se non con le manifestazioni de) corpo (comportamento). In questo senso, è più corretto parlare di comportamento stupido e non di stupidi tout court. Un ricercatore che si rende conto di lavorare in un'istituzione idiota e perniciosa per l'umanità, e non si ribelli perlomeno andandosene altrove, concretizza un comportamento stupido per sé; mentre se se ne va, è uno stupido per la maggioranza degli altri. E' attraverso questi comportamenti «stupidi» che si sono avute le rivoluzioni scientifiche. Tra i primati, il gioco individuale assolve le stesse funzioni, in quanto generatore di comportamenti non stereotipati (senza ritorno energetico del cibo bruciato nell'attività), i quali, testati nell'ambiente, potranno poi affennarsi nella popolazione attraverso le interazioni intraspecifiche. E' il meccanismo per cui si hanno le invenzioni (non le scoperte). Noi riteniamo che sia stupido (sic) separare o quantificare le percentuali generatrici di forme anatomiche e comportamentali attraverso la distinzione tra genetica e ambiente. E' come chiedersi, per l'area di un rettangolo, se conti di più il lato lungo o quello corto. Il comportamento stupido si genera tra i rumori di fondo della complessità, dove i sistemi di regole non sono isolabili: non si nasce stupidi, ma, neppure lo si diventa. La stupidità deriva da una sorta di Dna comportamentale, un set di informazioni che possono, se attivate opportunamente, generare comportamento stupido. Dato che la mente umana (in qualità di endohabitat) è un sistema complesso ad alta sensibilità alle condizioni iniziali, e considerate le più recenti ricerche sull'architettura fine del cervello, ne risulta che il comportamento stupido non è tipico di un uomo stupido, ma è probabilisticamente evolutivo, in quanto met¬ te d'accordo il cervello dell'individuo con ciò che fa, garantendone la sopravvivenza culturale e, di conseguenza, fisica. Tra gli animali, si sopravvive attraverso due dinamiche: la lotta per il pasto e la lotta per la vita. E' per questo che, talvolta, la gazzella batte il leone. Lo stupido riesce ad affennarsi (e a diffondersi attraverso meccanismi che appaiono pericolosamente vicini a quelli genetici, in quanto educatore di figli) perché ha «un impegno verso la sopravvivenza», come dice Giorgio Salza. Al quale ho chiesto di farmi un esempio di comportamento stupido. «Tradire la moglie e poi andarglielo a dire», mi ha risposto: si parte da un +2 (2 partner attraverso cui perpetuare i propri geni) per arrivare a un bilancio di 0 (e all'autocommiserazione); si fa del male agli altri, ricavandone un danno. Personalmente ho domande irrisolte. Sareste in grado di elaborare una fisiognomica (caratteri estemi, tratti di viso...) dello stupido? Dato che, come dice Cipolla nella sua Prima Legge Fondamentale: «Sempre ed inevitabilmente, ognuno di noi sot- tovaluta il numero di stupidi in circolazione» (il che disegna inquietanti scenari per la democrazia: una testa un voto), per poi finire nella Seconda Legge Fondamentale («La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica di tale persona»), non vediamo forse uno straordinario adattamento al mimetismo da parte dello stupido? Che livrea ha, quando si muove tra noi? Qual è il suo bilancio se tira sassi da un cavalcavia (è davvero stupido o ne trae un vantaggio criminale, come un perverso prestigio)? I suoi vantaggi devono superare gli svantaggi, altrimenti andrebbe in rosso e dovrebbe estinguersi. La vera domanda, conclude Salza, è: evolutivamente parlando, come mai ci sono gli intelligenti, tra gli stupidi? E cita l'Enunciato n" 7 del Tractatus Logico-Philosophicus di Wittgenstein, riguardo ai concetti di ridondanza: «Su ciò, di cui non si può dir nulla, si deve tacere». La tribù fa studiare Io sciocco NELLE mie scorribande alla ricerca di fossili e di modelli di ecologia umana tra le savane semidesertiche che circondano il lago Turkana, in Kenya, ho incontrato spesso un guerriero samburu, con il dovuto corredo: treccine impastate d'ocra, pittura facciale, ocra rossa sul collo e sul torace, monili di perline colorate, lobi bucati in cui entravano tappi di barattoli e antennine da marziano, straccio rosso alla vita, spada, mazza da combattimento e lancia. Pascolava le sue capre tra i monti Ndoto e come riuscisse a farle sopravvivere è un mistero. Tutte le volte che ci si vedeva, cercava di chiedermi, nel suo stento kiswahili (la lingua franca della zona), notizie del fratello minore che andava a scuola a Opiroi, un centinaio di chilometri di orrore più in là. Il ragazzo-pastore era giovane, ma aveva una solida aria di autosufficienza e di responsabilità, che traspariva da tutto l'atteggiamento corporeo e dall'intelligenza degli occhi. La prima volta che andai alla scuola governativa a trovare il fratellino, invece mi trovai davanti a un essere umano vacuo, superbo, inetto, intento a chiedere soldi e aiuto a chicchessia, preoccupato solo del pastone di mais e fagioli che è il cibo degli scolari kenyoti. Poche parole bastavano a farlo apparire come un idiota. Naturalmente, ogni volta che risalivo all'altopiano riferivo al pastore che il fratello andava benissimo a scuola, che sarebbe divenuto un maestro e, chissà, un funzionario governativo, un ministro. Il ragazzo mi sorrideva, mi offriva un po' di latte e sangue, e spariva nel bush, a sopravvivere un altro anno tra razzie di predoni e siccità. Dopo qualche tempo, incontrai il padre dei due ragazzi. «Ma come li scegliete, voi Samburu - chiesi -, quelli da mandare a scuola? Il tuo figlio selvatico sembra già un uomo e vive tra le capre; l'altro è un babbeo e pensa di far fortuna in città». «Tra noi - mi rispose il vecchio se un bambino è intelligente, attivo, responsabile, diventa un esperto nell'accudire alle capre, per poi passare alla classe dei guerrieri. Ci protegge e incrementa con la guerra il capitale della tribù (oltre che quello della 'famiglia). Questi sono i ragazzi che teniamo tra noi. Gli altri, i deboli e gli stupidi, li mandiamo a scuola. Così, almeno, hanno una chance». Questa selezione tribale è autodistruttiva. I Samburu non comprendono che i loro figli stupidi arriveranno forse all'università (consumando intere greggi per le tasse, pagate dalla collettività della famiglia allargata, con pesanti danni economici ai ragazzi intelligenti), per poi passare davvero a posti di responsabilità. La tragica situazione in cui verte la scuola rurale del Kenya (e di buona parte dell'Africa) è che l'educazione è affidata agli stupidi tribali. Un preside della zona samburu, in un anno, ha messo incinte 23 ragazze, distruggendo la loro vita (tra i Samburu, una ragazza può avere rapporti sessuali prima del matrimonio, ma non rimanere incinta, perché nessuno la sposerà). Che il dio dei Samburu, Ngai, lo maledica. Nello stesso tempo, le posizioni di micropotere entrano nella struttura tribale (tasse, controlli governativi del territorio, economia di mercato) tramite gli acculturati. Il guaio è che, per gli uomini responsabili, le intermediazioni dei funzionari che sono stati a scuola vengono espletate da persone evidentemente stupide. Manca quindi totalmente il rispetto per le persone delegate al potere (non all'autorità, una distinzione molto precisa in Africa). Non vogliamo dire che sia sempre così. Ma i casi sono numerosi e poco aiutano a cambiare opinione gli aiuti internazionali, sempre intermediati dagli scolarizzati, e spesso, di per sé, stupidi alla fonte. La mancata selezione naturale di una parte di popolazione tribale (sostituita dalla «cultura») sta mettendo in ginocchio un continente. Per stupidità, [a. sa.]

Persone citate: Carlo M. Cipolla, Cipolla, Giorgio Salza, Salza, Schiller, Wittgenstein

Luoghi citati: Africa, Kenya