DC E PCI NEL DOPOGUERRA IL PARTITO FASCISTA COME MODELLO
DC E PCI NEL DOPOGUERRA: DC E PCI NEL DOPOGUERRA: IL PARTITO FASCISTA COME MODELLO LA CITTADINANZA REPUBBLICANA Angelo Ventrone // Mulino pp.313 L. 38.000 A lotta politica nell'Italia degli ultimi anni, anche grazie all'introduzione di un sia pur parziale sistema elettorale maggioritario, ha accentuato lo scontro fra due blocchi contrapposti. La stessa discussione sulle riforme istituzionali rivela un malcerto sentimento di appartenenza ad una «patria comune», la carenza di valori condivisi, capaci di fondare, oggi, l'identità nazionale. Per capire se non «dove andiamo», almeno «da dove veniamo» non resta quindi che l'arma della storia. Il libro in oggetto, opera prima di un giovane, illumina il periodo travagliato che vide la nascita della Repubblica, da un luglio drammatico - quello del '43 con le «dimissioni» e il successivo arresto di Mussolini - ad un altro - quello del '48 con l'attentato a Togliatti. L'autore rivela una notevole capacità di coniugare la ricerca storica con il ricorso a categorie della politologia, offrendo per tal via suggestioni stimolanti per capire quel decisivo passaggio della vicenda nazionale. come istituzioni che evitarono una verticale spaccatura tra la «politica della strada» e la «politica del vot'^>, nell'insieme legittimandosi reciprocamente e legittimando la nascente, fragile de come istituzioni che evitarono una verticale spaccatura tra la «politica della strada» e la «politica del vot'^>, nell'insieme legittimandosi reciprocamente e legittimando la nascente, fragile democrazia. L'esame comparato dei due grandi partiti di massa che con la caduta del fascismo assumono l'onere di dar vita ad una Ventrone intanto evidenzia il ruolo positivo svolto da de e pei, come collettori di istanze sociali, formidabili mediatori culturali e nuova identità collettiva del Paese, ci metto sotto gli occhi non solo forti analogie tra pei e de, ma fa emergere i numerosi aspetti in cui entrambi guardano al partito fascista come ad un modello da seguire e perfezionare. L'uso del partito come strumento di capillare penetrazione della società, il ricorso a tutte le forme di comunicazione per estendere e ottimizzare la propaganda di massa, l'impiego di certi stilemi retorici, il culto del capo (per il pei) o il mito nazionale (per la de), sono altrettanti esempi di questo singolare apprendistato fascistico per i due grandi partiti democratici dell'«Italia nuova». Tra essi la competizione fu subito vivace, e la de pur partendo in ritardo rispetto al pei, che era sopravvissuto alle persecuzioni e alla clandestinità con una notevole forza organizzativa e un forte cemento ideologico, ebbe com'è ben noto il sopravvento. L'autore, pur essendo forse un po' troppo tribù- Togliatti e De Gasperi, rispettivamente leader del pei e della de tario della storiografia cattolica, pone in evidenza il ruolo decisivo svolto dalla Chiesa centrale e periferica e dalle altre organizzazioni cattoliche - dall'Azione Cattolica ai Comitati Civici di Luigi Gedda - nel pilotare la de verso il traguardo del 18 aprile, superiore persino alle sue stesse aspettative. Discutibile ci pare la netta separazione tra responsabilità della Chiesa, e le sue organizzazioni, e quelle del partito cattolico nella virulentissima crociata anticomunista del '48: è ovvio che il partito non poteva dimenticare del tutto le ragioni della politica, le quali invece erano tranquilla¬
Persone citate: Angelo Ventrone, De Gasperi, Luigi Gedda, Mussolini, Togliatti
Luoghi citati: Italia
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