I GIARDINI DEGLI ZAR di Paolo Pejrone

I GIARDINI DEGLI ZAR I GIARDINI DEGLI ZAR Lichacev e Varte di coltivare e disporre le piante in Russia Lucidi sentieri, floride serre, ricercati esotismi, viali oscuri LA POESIA DEI GIARDINI Dmitri S. Lichacev Einaudi pp. 350 L. ÒS000 1300 tigli che avrebbero dovuto ornare e ombreggiare San Pietroburgo furono ordinati dallo stesso zar Pietro I in Olanda. Le raccomandazioni per il trasporto furono dettate con precisione e perizia: coprire le radici con della sabbia umida - molto probabilmente la stessa sabbia della zavorra e assieparli nella stiva. Dovevano essere portati in autunno, possibilmente senza scalo, al porto di Reval, l'attuale Tallin, per essere piantati senza tanti indugi. LA POESIA DEI GIARDINI Dmitri S. Lichacev Einaudi pp. 350 L. ÒS000 Prima di Pietro, gli zar moscoviti, invece, costruivano giardini con il piacere di scatenare lo stupore che poteva nascere da effetti innaturali: alberi piantati su terrazze, laghi costruiti in posti elevati ed evidentemente rinchiusi da dighe. Il potere, nelle sue manifestazioni, deve pur sempre esagerare e in questo genere di cose, in particolare, si pone spesso in modo un po' ridicolo al di fuori delle cadenze e delle norme consuete. Questa Russia cosi magnifica stimolò da sempre la curiosità del mondo occidentale della quale, comunque, di diritto faceva parte. Dimitrij Sergeevic Lichacev, nel suo libro denso e ampio, La poesia dei giardini, valorizza questo grande passato valutando le varie componenti essenziali del giardi- no in una vasta comparazione con l'Occidente, scandendone con ritmo le sue epoche e i suoi tempi. In questo gioco di immagini riflesse e di comparazioni, Lichacev ci ripropone i grandi classici del giardino in modo originale: D'Àrgenville, Addison, Shenston, Schweiz, Walpole, Mason e Hirschfeld sono studiati, analizzati e comparati con Bolotoff, Storck, Jakob e Benoit. Fra i giardini della Russia quello più amato dall'autore è certamente Pawlowsk: meraviglioso gioiello che la Zarina Maria Fedorovna e lo zar Paolo si costruirono nelle vicinanze di Carskoe Selo. Pawlowsk fu forse il più elaborato e il più completo dei giardini paesaggistici d'Europa, famoso per i suoi lucidi sentieri, i suoi monumenti allegorici, i suoi alberi pregiati e le sue serre ricche e pienissime, traboccanti di ananas e di peschi, ricercati esotismi tra i larghi orizzonti delle steppe della Russia. Durante il lungo viaggio nel tempo e nello spazio che ci impone la lettura del libro, ci si imbatte con piacere in molte sorprese: come un capitolo speciale che Li¬ sia per la scrittrice sia per la sua protagonista, era solo un indizio inquietante dietro le quinte di altre vicende più importanti. Mentre ora è esploso in modo virulento come ossessione autentica, simbolo di un subconscio insoddisfatto e delle ansie esistenziali di entrambe, quasi che il limite di rottura - per loro - sia un segno imposto soltanto dalle inibizioni della morale a cui si aggrappano per tenersi in strada. Psicanalisi da quattro soldi, si potrebbe dire. Ma allora perché si prova un certo qual disagio nel leggere questa storia? Perché troppo spesso non si riesce a parteggiare del tutto per Kay, quando invece è tecnica elementare far identificare il lettore con l'eroe? Perché urta - pur affascinando - quella vena di follia latente che spira da ogni riga? Perché il rebus risolto - Tempie Gault finalmente catturato, la chacev dedica a quelli che lui chiama «i viali oscuri», caratteristica russa di ombreggiamenti a notte delle strade, composti da fitti e frondosi alberi adatti a riparare gli uccelli dai falchi dominanti, oltre che dal sole i viaggiatori estivi; e come in mia teoria sul restauro del giardino profonda originale: perché rifare i giardini tali e quali dal momento che è impossibile? L'autore suggerisce, invece, di esporre i documenti e le memorie hi un posto nel giardino stesso - villa, arancera, chiosco o altro - senza disturbare quelle stratificazioni arboree che fanno del giardino un monumento alla sua storia. Altra sorpresa certamente particolare e attraente è l'inaspettata supplica, accorata e intelligente, in favore dei vecchi alberi che una burocrazia sempre più sorda, cieca e ingorda elimina dai giardini nel nome di un timore altruistico bene orchestrato. Sarebbero sufficienti le riflessioni veloci e profonde su Alupka, quel famoso giardino romantico-ossianico sulle sponde della Crimea o le pennellate vivaci su Peterhof e sullo sma- Patricia Cornwell, quando non scrive romanzi e sceneggiature, lavora all'Ufficio di Medicina legale della Virginia ed è consulente del Fbi nella sede di Quantico sua pazzia vivisezionata, le motivazioni di tanta crudeltà sistemate al punto giusto - lascia in sospeso tutto, come se fosse solo un insoddisfacente espediente letterario che risolve un romanzo, ma non cosa c'è dietro? In quest'ottica va letto e apprezzato Il cimitero dei senza nome: perché sa dare una sorta di malessere difficilmente descrivibile, che va al di là del genere. Lo si avverte dappertutto: nella New York spettrale, abbarbicata al gelo di Central Park dove avviene il primo allucinante delitto; nei meandri onirici della sua metropolitana; nell'analisi spietata della famiglia dell'omicida, distrutta dalla consapevolezza di aver cresciuto un mostro; nei rapporti frantumati con madre, sorella, nipote, persino con il fedelissimo investigatore Marino - della stessa protagonista; nell'atmosfera da incubo malato che - infine - pervade ogni pagina. Per assurdo, questo romanzo non è nemmeno un vero giallo. Ma qualcosa di più: è la storia intima di una donna. Anzi: di due. Piero Scria gliante oro delle sue statue per renderci edotti della ampiezza di mi mondo che pensavamo di conoscere. Perché quello di Lichacev è un libro ampio che apre due nuove, grandi e luminose finestre sul giardino, con vista da una parte su una rivisitata storia del giardino europeo e dall'altra su quella misteriosa storia e critica del giardino russo che ci viene qui illuminato con vigore e grandissimo amore. La Poesia dei giardini diventa quindi un vero «testo»: non si potrà più parlare, in futuro, dei giardini e della loro storia ignorandone l'esistenza. La chiave del processo è la poesia: infatti, la poesia, per Lichacev, è quel sottile legame che unisce il giardino e la sua storia rendendolo vivo ed eterno pur nella sua delicata, fragile ed effimera struttura originale. Paolo Pejrone