L'ANIMA DELLA TAMARO «SALVA» PADRI E FIGLI

L'ANIMA DELLA TAMARO «SALVA» PADRI E FIGLI L'ANIMA DELLA TAMARO «SALVA» PADRI E FIGLI (fallimenti del secolo in quattro vite SCE un romanzo di Susanna Tamaro e diventa, inevitabilmente, un caso, capace di far perdere la tramontana perfino a sottili lettori di professione. Come se i milioni di lettori «ingenui» che si sono appassionati a Va' dove ti porta il cuore dovessero svilire in partenza la qualità del suo lavoro, assistiamo a una severità di giudizio dalla quale passano indenni tanti sottoprodotti letterari. Affiora, nei suoi confronti, una insofferenza perfino astiosa che non esita a spolverare, per di più incongruamente, criteri ideologici. Sicché bisogna resistere alla tentazione di dirne ogni bene, di lasciarsi incastrare nel gioco dei conti-ari. Parlo di Anima mundi, che nasce certo da un'ambizione più alta rispetto ai primo romanzo, che vuole rendere più esplicite cose appena suggerite, dare un senso compiuto alla fuga della nipote ribelle. Anche se qui, a eccezione dell'epilogo, tutto viene ribaltato in un mondo rigorosamente maschile. in apertura di libro ii trentenne Walter, mentre seppellisce il padre, fa i conti con la propria vita. E' cresciuto nel tenore e disamore di quell'uomo, nella complice remissività della madre. Il padre, che è siato partigiano, che continua a essere comunista, annega nel bere un passato che sembra colorarsi di delusione e rimorso. Nasce nel ragazzo, dal vuoto affettivo e ideale, un sentimento di cupa rivolta che lo induce all'alcol e alla rivalici della poesia (Hoiderlin, Kosovei, Baudelaire), in una casa di rocupeio avviene l'incontro decisivo con Andrea, che lo seduce con formulette nietzschiane, intese alia celebrazione degli spiriti superiori, del volo delle aquile sul venninaio della gente comune. Ai sensibile, ansioso Walter riseiva l'affrancamento della poesia, a se stesso quelle dell azione. Sapremo che anche Andrea cova le sue ferite. Suo padre ha combattuto con i partigiani di Tito e quando la Jugoslavia ha voltato le spalle alf'Urss è unito in un lager, per salvarsi si è macchiato di un delitto. In entrambi c'è dunque una ribellione contro i padri terribili del secolo, contro questi sfigurati irriconoscibili eroi. i due destini si dividono, Walter lascia Trieste per Roma, alla ricerca di una tei za via tra la disperazione e la normalità: non avrà più notizie di Andrea che sembra sparito nel nulla. Sono dieci anni di vita faticosa e inconcludente. Fa il lavapiatti, entra in mi giro u ìiellettualoide, finisce nel sottobosco della televisione a mendicare piccole sceneggiature, scrive un romanzo senza successo. Una signora borghese in fre¬ gola di letteratura vince la sua orgogliosa castità. Gli ambienti del midcult romano, disposto a piegarsi alle più umilianti servitù davanti al potere affaristico-politico, sono disegnati con vivace ironia. La madre viene una volta a salutarlo, ma Walter la accoglie con fastidio, non si accorge che sta morendo di cancro. Sono pagine straziate e intense, da legare a quelle della morte del padre. Ormai sconfitto, il figlio è tornato a Trieste, è stato a visitarlo all'ospizio e, prima di chiudere gli occhi, il vecchio in un momento di lucidità gli chiede semplicemente scusa. Walter è travolto per la prima volta da un moto di pietà. L'altra visita è per Andrea, che gli ha scritto dalla Slovenia dove si è rintanato dopo le peripezie di una vita tenebrosa. Quando bussa a quella casa solitaria, gli apre una vecchia monaca, gli racconta che l'amico, che è vissuto qualche tempo con lei, si è ucciso. In una serie di lettere mai spedite, Andrea racconta che è stato mercenario in Africa e in Bosnia, un assassino di professione. Nell'estremo rifugio, dopo un lungo concitato dibattito con la suora e con la propria coscienza, non ha saputo resistere all'orrore di sé. Ma quello che è stato per Walter un maestro di perdizione, con il suo ultimo appello diventa un inconsapevole maestro di salvezza. Alle inquisizioni di Walter sull'onnipotenza del male la suora oppone placidamente che «si può combattere soltanto il male più piccolo, il male delle nostre azioni. Con una parola, con un gesto si può aumentare il male presen¬ te nel mondo o diminuirlo». La prima tappa di questo percorso è di non ricercare l'elezione nella diversità, di non sacrificare (secondo le parole di Michelstaedter) la persuasione alla rettorica, di aprirsi al sentimento della compassione, alla grazia della natura che sembra soffiare nel vento del Carso. E' una conclusione religiosa, ispirata a un cristianesimo venato di buddismo, in un libro che certo non esprime fiducia nel «carro senza freni» della Storia. Ma non capisco come possa essere tacciata di reazionaria. Ci sono i fallimenti dei due padri comunisti, e con questo? Si tratta ben altro che di fallimenti individuali. C'è il razzismo di Andrea, e il romanzo di Walter che qualcuno ritiene ispirato da Evola. Ma il fallimento dell'uno e dell'altro pareggia ampiamente i conti. Il limite del libro, al di là di certe ovvietà concettuali (vedi l'attacco, con quella cosmogenesi già corrosa dal male) sta semmai nelle «conversioni» non adeguatamente motivate, nell'approdo dalla dissipazione e dalla disperazione alle soglie di quella che, al di là delle intenzioni dell'autrice, ha la gratuità e l'irrevocabilità della Grazia. La prosa di Susanna Tamaro è semplice, discorsiva, eserte da lenocini stilistici, refrattaria agli acuti a scanso di stonature in agguato. Appena macchiata da qualche allusione simbolica. La gomma da cancellare che è l'ultimo regalo del compagno di scuola morto prematuramente. La pellicola di «Moby Dick» che s'incendia prima che il leviatano sia arpionato, come segno di una caccia inconclusa, di una presenza immanente. I fiori recisi, ridotti a rifiuti sulla tomba dell'ideologia, i petali che cadono pietosi dai ciliegi in fiore, le aiuole distrutte da Andrea determinato a morire. E' una tramatura discreta ma avvertibile di cui occorre tenere conto per rendere alla Tamaro quel che le spetta, per ispessire la sua apparente corsività. Lorenzo Mondo libri letti alla radio. Sulla pagina questa successione ininterrotta di battute pronunciate non si sa da chi rischia di disorientare, e una volta l'autrice disse che quando si prende in mano uno dei suoi libri, riesce difficile «non» rimetterlo subito giù. Il buio e la luce, che è del 1955, quindi quasi uno degli ultimi, non fa eccezione né per la forma dialogica, né per la collocazione nella grande casa edoardiana, né per il conflitto di gerarchie e di poteri, innescato qui dal ritorno di un primogenito con la moglie, ai quali toccherebbe automaticamente il titolo di capofamiglia (e con questo, il diritto ad essere apostrofati col solo cognome dopo la qualifica di Mr, Mrs), per ora usurpato dalla madre vedova; ma essi hanno delle remore a farlo scattare, originate da un sospetto di misfatto sessuale commesso nel passato, che però stavolta si rivela infondato. Non

Persone citate: Baudelaire, Evola, Lorenzo Mondo, Michelstaedter, Susanna Tamaro, Tamaro

Luoghi citati: Africa, Bosnia, Carso, Jugoslavia, Roma, Slovenia, Trieste