«Subito riforma dell'Ordine»
Interno Venerdì 31 Gennaio 1997 LA STAMPA DALLA PRIMA PAGINA LA PAROLA ALLA POLITICA perseguito dai promotori. Una seconda valutazione riguarda i contenuti delle 30 domande avanzate, che, com'è noto, hanno investito cinque settori diversi: la materia elettorale; l'organizzazione delle istituzioni centrali; lo status dei magistrati; alcuni importanti problemi della vita economica e sociale (golden share; sostituto d'imposta; droga; aborto); problemi più marginali (caccia, registro automobilistico, organizzazione della scuola elementare). Per quanto riguarda la materia elettorale, le previsioni della vigilia sono state interamente confermate. Bastava, infatti, rileggere le sentenze che, in tema di elezioni del Consiglio superiore della magistratura e delle Camere, la Corte aveva, rispettivamente, adottate nel 1987 (sentenza numero 29) e nel 1995 (sentenza numero 5) per trarre la conclusione che i nuovi quesiti proposti - sostanzialmente ripetitivi dei precedenti - non avrebbero avuto alcuna possibilità di passare. La Corte, anche in questa occasione, non poteva far altro che confermare una linea ormai da tempo consolidata: linea fondata sul riconoscimento che lo Stato, nei suoi organi fondamentali, non tollera soluzioni di continuità e che, di conseguenza, gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale «non possono essere esposti alla eventualità, anche soltanto teorica, di paralisi di funzionamento». Questa eventualità si sarebbe certamente verificata sia con riferimento all'abrogazione della quota proporzionale inclusa nelle attuali leggi elettorali per la Camera e per il Senato (che avrebbe imposto al legislatore di ridisegnare l'insieme dei collegi elettorali) sia con riferimento al mutamento del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura (che, avrebbe potuto anch'esso determinare una paralisi, sia pure temporanea, nella possibilità di rinnovo dell'organo). Più problematiche risultano, invece, le ragioni sottese alle scelte adottate per gli altri settori. Probabilmente il motivo che ha indotto la Corte a respingere gran parte dei referendum istituzionali proposti dalle Regioni va ricercato nel fatto che, attraverso questi referendum, si tendeva, più che ad abrogare leggi ordinarie, a modificare la Costituzione, cioè la stessa forma di Stato, colpendo discipline (come quella in tema di indirizzo e coordinamento o di poteri esteri delle Regioni) «a contenuto costituzionalmente vincolato». Lo stesso motivo può avere orientato anche le scelte negative adottate in tema di liberalizzazione delle droghe leggere (per i vincoli che, in questa materia, legano il nostro Paese al contesto internazionale) o in tema di aborto (dal momento che l'accoglimento di questo quesito avrebbe portato ad annullare uno dei due interessi - quello del concepito - che la Corte ha sempre ritenuto di dover bilanciare con l'interesse della madre). Per il resto tutto lascia pensare che, nel complesso, sia prevalsa la linea che già in passato aveva condotto la Corte a respingere in molte occasioni i quesiti privi di «trasparenza», cioè non caratterizzati da un adeguato grado di omogeneità e di completezza. Soluzione, dunque, tecnica, legata alla particolarità dei singoli casi esaminati, e non politica, come qualcuno, in queste ore, è portato, con un eccesso di sicurezza, ad affermare, pur senza conoscere le motivazioni che stanno alla base delle scelte adottate. Per il momento l'unico dato che emerge con evidenza è, infatti, questo: la Corte dinanzi all'aumento della pressione referendaria, ha accentuato la sua cautela, ma ha anche voluto garantire la continuità (cioè la certezza) della propria giurisprudenza. Chi aveva pensato che questa fosse l'occasione per rivalutare l'intero istituto referendario e per adottare una pronuncia sui principi relativi a tale istituto, alla lettura dei motivi di queste sentenze, resterà probabilmente deluso. La palla torna, dunque, nelle mani del legislatore, che è il solo che potrà affrontare il compito, ormai indilazionabile, di una revisione sia dell'articolo 75 della Costituzione che della legge attuativa del '70, Un'ulteriore sfida - e non certo la minore - che viene così posta sul tavolo della nascente Bicamerale. Enzo Cheli Interno « Subito riforma dell'Ordino »
Persone citate: Enzo Cheli
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