Agli arresti lady Saddam di Franco Pantarelli

Agli arresti lady Saddam Agli arresti lady Saddam «E' coinvolta nell'attentato al figlio» Udai sarebbe semiparalizzato e rischierebbe di perdere una gamba ormai in cancrena Washington segnala «un numero spropositato di manovre militari in zone di confine» SNEWYORK ADDAM Hussein di nuovo sul sentiero di guerra contro il Kuwait? Il Pentagono, la Casa Bianca e lo stesso governo del Kuwait hanno a lungo colloquiato a distanza, ieri, per sostenere atteggiamenti decisamente contrastanti: visibilmente allarmato il primo, ostentatamente calma la seconda, perplesso il terzo. Il via alle ostilità lo ha dato un alto esponente del ministero della Difesa, che martedì sera, a un'ora tarda che non consentiva più di «sparare» la cosa nei notiziari televisivi, ha convocato un gruppo di giornalisti, si è fatto promettere che il suo nome sarebbe stato tenuto segreto e poi ha vuotato il sacco appena ricevuto da «fonti dei servizi segreti». Nelle ultime settimane, dicono quelle fonti, in Iraq c'è stato un numero spropositato di manovre militari nei pressi del confine con il Kuwait, tanto che l'idea che ci si è fatta è che «ogni mattino, quando si sveglia, Saddam Hussein si chiede se sia arrivato il momento di invadere di nuovo il Kuwait oppure no». Il fulcro di quei movimenti, ha detto ancora l'anonimo funzionario, è la base di Bassora, da dove alcune divisioni irachene potrebbero raggiungere il Kuwait in poche ore, oltre tutto incontrando scarsa restistenza perché in quella regione la presenza militare americana è piut- tosto limitata. Questo, ha aggiunto sempre l'uomo misterioso, «non vuol dire che l'invasione ci sarà domani», ma certo sarà bene stare attenti, e infatti «ogni notte osserviamo con molta attenzione i movimenti iracheni». Dalla Casa Bianca gli ha risposto il portavoce ufficiale Mike McCurry. «A noi - ha detto - non risulta nulla che possa far pensare a un'imminente offensiva». Quello che sta succedendo è probàbilmente spiegabile in altro modo, per esempio con la «dura lotta di potere» che si sta svolgendo nel cuore stesso del regime iracheno. E' infatti accaduto che dopo l'attentato di dicembre contro i figlio Udai, Saddam Hussein ha dato vita a una delle sue ben note «purghe» e almeno 600 esponenti del suo sistema di potere sono finiti in galera. Fra questi, circa una ventina erano alti ufficiali dell'esercito, comandanti di divisioni o di com- pagnie, che sono stati sostituiti da gente più fidata ma probabilmente meno esperta. Così, per «addestrare» rapidamente i nuovi comandanti Saddam Hussein ha organizzato le manovre che tanto hanno impressionato l'anonimo personaggio del Pentagono. Il governo del Kuwait non sembra ansioso di abbracciare questa spiegazione. L'altro giorno, si è saputo, nei pressi della raffineria di Mina Al-Ahmadi, un impianto che produce 440.000 barili di petrolio al giorno, sono state trovate delle armi irachene che non possono essere dei residuati della guerra di sei anni fa perché dopo la fuga delle truppe di Saddam tutta la zona fu rastrellata con estrema cura. Sono state portate lì per essere utilizzate in seguito? Il governo del Kuwait sembra crederci, tanto che ha annunciato per oggi un rapporto dettagliato del suo ministro della Difesa. Un punto «operativo» sulla situazione verrà fatto probabilmente a febbraio, quando è prevista una manovra congiunta fra forze americane e kuwaitiane. Ma intanto il punto centrale a Washington è quello di interpretare le molte notizie che vengono da Baghdad. Una dice che la moglie di Saddam Hussein è agli arresti domiciliari, nel senso che non è stata messa in prigione ma le viene impedito ogni contatto con l'esterno. C'entra qualcosa con l'attentato a Udai, le cui condizioni oltre tutto sembrano più gravi di quanto si pensasse (viene dato per semiparalizzato e in procinto di perdere una gamba ormai mangiata dalla cancrena)? Il «complotto» contro Saddam ha finito per intaccare anche la ben nota solidità della sua stessa famiglia? Di sicuro c'è che lui non sta fermo un minuto. Sia quando è a Bagdad, sia quando è nella sua roccaforte di Takrit, cambia continuamente di luogo senza nessun preavviso, come se volesse evitare di fornire un bersaglio ai suoi eventuali nemici. «E' chiaro che non si sente sicuro», dice sempre l'uomo del Pentagono, ma aggiunge di non sentirsela di affermare che la «presa» di Saddam sull'Iraq si stia allentando. Quello, per ora, a Washington continua ad essere solo un sogno. Franco Pantarelli

Persone citate: Mike Mccurry, Mina Al-ahmadi, Saddam Hussein, Udai