La retromarcia d'Albania di Vincenzo Tessandori
S'infiamma lo scontro politico sulla truffa delle finanziarie: i leader dell'opposizione incriminati per i disordini S'infiamma lo scontro politico sulla truffa delle finanziarie: i leader dell'opposizione incriminati per i disordini La retromarcia d'Albania «Rimborseremo subito solo ipoveri» Qui accanto, la polizia arresta un dimostrante ieri a Tirana A destra, la folla protesta nella capitale albanese per la truffa delle finanziarie TIRANA DAL NOSTRO INVIATO La partita è cominciata dopo un lungo studio dei giocatori, occhi negli occhi a frugare e cercare il punto debole dell'avversario. E alla prima mossa il presidente Sali Berisha tenta di dare scacco matto. Perché lo sa bene, anche se lo nega, di giocarsi reputazione e futuro, con questa storia delle società finanziarie fallite e con la gente che ha protestato nelle piazze e sfiorato la rivolta. E pure Rexhep Majdani, leader del partito socialista e cuore dell'opposizione, è consapevole che dal confronto dipendono le possibilità di sopravvivenza politica del suo gruppo politico. Muove, dunque, Berisha e scatta l'accusa di «responsabilità» per i tumulti dei giorni passati in varie città del Paese nei confronti di Majdani, di Jnushi Skender, del partito socialdemocratico e di Arben Jmani, di Alleanza democratica. Ma non è tutto, per provare che non si tratta soltanto di sospetti, in quattro, militanti non di primo piano dell'opposizione, sono stati arrestati. E mentre la polizia faceva il suo lavoro, Berisha teneva una conferenza stampa ai giornalisti accorsi qui a Tira¬ na dai quattro angoli del mondo. E insisteva sul complotto. «Negli incidenti sono stati coinvolti, e ne abbiamo la documentazione, leader e attivisti del partito socialista nei rispettivi distretti». Ma non sarebbe tutto. «La maggior parte dei componenti di questi gruppi sono ex membri dei servizi segreti del vecchio regime, qualche fun¬ zionario delle "piramidi" e qualche delinquente comune». La voce del presidente vibra come quella di un tribuno e forse, lui, ora sente la vittoria vicina. Consiglia, beffardo: «Sarebbe prudente e saggio che il partito socialista cacciasse tutti i suoi membri coinvolti nei disordini». I socialisti e i loro alleati Al di là del brutale braccio di ferro fra governo e opposizione, rimane lo stato di precario equilibrio in cui sembra dibattersi l'Albania di questi giorni. Il primo appuntamento è per il 5 febbraio, mercoledì, quando la gente affollerà gli sportelli della Banca Nazionale per avere indietro il proprio denaro. Non è facile che siano stati trovati tutti i soldi che occorrono, anzi è quasi certo che verrà chiesto uno sforzo collettivo di fiducia: i poveri, ha promesso il Presidente, saranno pagati un po' prima, in parte anche in contanti; gli altri riceveranno titoli o avranno la cifra segnata su libretti vincolati. C'è una ricerca di accordo, nascosta dal clamore dello scontro: martedì, per la prima volta, rappresentanti di governo e opposizione si sono seduti attorno a un tavolo per tentar di sciogliere questa specie di nodo gordiano e oggi dovrebbe esserci il bis del tentativo. «E' in ogni modo importante che si incontrino», osserva Paolo Foresi, l'ambasciatore italiano a Tirana. Ma la bomba è innescata e il 5 febbraio si rischia l'esplosione. Basteranno le promesse di Berisha a spegnere la miccia? Vincenzo Tessandori
Persone citate: Arben, Berisha, Paolo Foresi, Rexhep Majdani, Sali Berisha
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