Gli autogol del vice-Buscetta di Francesco La Licata

Gli autogol del vice-Buscetta Gli autogol del vice-Buscetta Un'altalena di vittorie e di manette nostra. Amici? Certo, ragazzini elicsi chiamavano Grado, Boutade, Teresi... Ogni giorno a correre fra i limoni di Croceverde Giardini, nei possedimenti dei Greco, alla Favarella, nel feudo di Verbumcaudo. Al maxiprocesso, don Michele il «papa» lo descrisse come un ragazzo povero, di famiglia modesta e - per offenderlo visto che se in ritrovava sul pretorio dei pentiti - lo defini: «U figghiu di Sasà 'a crapara». Il figlio di Rosaria, allevatrice di capre. Però gli volevano bene a Coriolano. Ai bei tempi, quando Totuccio offriva efficienza ed affidabilità, dedizione e fedeltà assoluta. Era il pupillo di don Stefano Bontade, ed anche Michele Greco lo considerava un «valoroso», cioè un uomo d'azione al quale si poteva affidare anche la propria vita. Indimenticabili Anni 60 e 70: soldi a palate, il contrabbando di sigarette, poi la droga, e i milioni che sborsavano gli imprenditori della zona industriale di Brancaccio e i «regali» che gli arrivavano dai grandi boss. Non aveva ancora trent'anni e già era conosciuto come Coriolano, l'eroe popolare protagonista del feuilleton conosciuto come il seguito de «1 Beati Paoli». Totuccio era famoso per l'abilità nel far perdere le tracce durante la fuga, ma soprattutto per quel suo micidiale istinto nell'avvertire il pericolo. Fu proprio il sesto senso a salvar- fu sorpreso nei dintonù di Bagheria - roccaforte della mafia «corleonese» sua nemica acerrima - a scandagliare il territorio tenendo però in tasca la sua fedele «trentotto». Storie antiche, ma mai sopite. Specialmente a Palermo, dove la smemoratezza svanisce per incanto quan¬ do si tratta di affrontare argomenti delicati come la lotta alla mafia e problematiche devastanti come «il corretto uso dei pentiti». Che avventura, la vita di Totuccio. L'infanzia tra Brancaccio, Ciaculli e Santa Maria di Gesù, come dire nella fabbrica dei soldati eli Cosa lo, durante la guerra di mafia degli Anni 80, quando i corleonesi tentarono di farlo fuori per prevenne ogni possibilità di reazione della malia palermitana alla loro aggressione. A sparargli - con li kalashnikov - andarono nientemeno che Pino Greco e Filippo Marchese. Coriolano annusò l'agguato. Come? Semplicemente notando, dietro le imposte di un balcone al primo piano di un palazzo qualunque, un uomo che manovrava una ricetrasmittente. Intuì che stava segnalando i suoi movimenti e, quando arrivò la moto assassina, fu più svelto a sparare. Oggi Coriolano è l'unico superstiti: della cosiddetta mafia perdente, insieme con Giovannello Greco, avversario di altri Greco, che ha preferito espatriare. Totuccio pentito è una invenzione di Giovanni Falcone, complice don Masino Buscetta. Fu proprio l'ex boss ad indurlo a parlare. E furono centinaia di arresti. Poi il soggiorno statunitense, mi disastro: Coriolano, asciutto di inglese e poco incline all'apprendimento, non si ambientò. Lo hanno visto girare per Brooklyn con un variopinto giubbotto degno dei più coloriti trafficanti di Miami e con una ncciolutissima paiTucca rossa calata sul testone. Tornato in Italia, pretendeva di ostentare simili abbigliamenti. Venne dissuaso. Fu il 1989, il suo aiuio nero. La polizia - cin: probabilmente intendeva utilizzarlo come cane segugio pur scovare i latitanti - lo blocca a San Nicola armato. Una lettera anonima lo indica «assassino» di alcuni «corleonesi» caduti nell; zona. Il velenoso amanuense lo marchia come «killer di Stato per conto di Falcone e De Gemiaro». Poi, per rendere il tutto più credibile, la villa dell'Addaura di Giovanni Falcone viene corredata di una settantina di candelotti. Totuccio arrestato, condannato per il possesso delle anni ma scagionato dal sospetto di aver schiacciato il grilletto. A quei tempi non c'era la legge sui pentiti: a lui, a Buscetta e ai pochi altri, doveva bastare la parola di Giovanni Falcone. Senza una lira. E risale a quel periodo - antecedente all'avvio del programma di protezione - l'accusa che gli viene oggi contestata. Che guaio. Forse ancora di più di quelli del 1994, quando Cosa nostra tento di saldargli il conto con una bomba sulla strada di Formello, dove Coriolano svernava. La buona stella non lo abbandonò neppure allora. L'ordigno fu disattivato. Non sarà altrettanto semplice smontare le imputazioni che lo hanno riportato in carcere. Questa volta Coriolano avrà di che lottare, vista l'aria che tira sui pentiti. In una delle ultime interviste, Totuccio manifestò preoccupazione per «l'ostilità dell'opinione pubblica» nei confronti dei collaboratori. Avrà di che preoccuparsi ancora. Francesco La Licata

Luoghi citati: Bagheria, Falcone, Formello, Italia, Miami, Palermo