EFFETTO DOMINO NEI BALCANI di Enzo Bettiza
EFFETTO DOMINO NEI BALCANI EFFETTO DOMINO NEI BALCANI IL contagioso effetto domino che va espandendosi nella tormentata area balcanica assomiglia, alla sua maniera, a un 1989 di serie «B». Il vero 1989 ebbe i suoi prodromi e i suoi epicentri nel quadrilatero fra Varsavia, Budapest, Praga e Berlino Est; fu una gigantesca catena di crolli, liberazioni, restaurazioni democratiche che alla fine culminò nella demolizione, insieme materiale e simbolica, del muro che divideva ad un tempo la Germania e l'Europa. Si trattò di una rivoluzione istantanea, riuscita, luminosa, priva di sangue, che allargò immediatamente il continente instaurando fra l'Est e l'Ovest rinnovati legami di scambio civile e di reciproco stimolo economico. Non altrettanto si può dire per questo ripetitivo 1989 balcanico, che si compie con un ritardo di otto anni su quello mitteleuropeo, e trova ora i suoi tumultuosi epicentri nel triangolo fra Belgrado, Sofia e Tirana. La grande protesta popolare, sempre più politicizzata e più radicalizzata, dura da due mesi in Serbia, da tre settimane in Bulgaria, da una settimana in Albania. A differenza dei moti liberatori dell'autentico '89, segnati dalla speranza e dalla fiducia nel futuro, i moti tardivi che oggi infiammano il violento e truffaldino post-comunismo balcanico appaiono marcati in profondità dall'ira e dalla disperazione delle masse. Nel Nord europeo era cominciato come una marcia alquanto armonica verso la riconquista della democrazia e della libertà; nel Sud orientale esso s'è iniziato quasi subito nel sangue, già con l'esecuzione della coppia Ceausescu e coi cruenti disordini di Timisoara. Poi la violenza non si è più arrestata nell'intera regione: annullamento manu militari dell'autonomia del Kosovo, aggressione serba contro Slovenia e Croazia, genocidio sistematico nelle plaghe musulmane bosniache, breve sterminio tra croati e musulmani in Erzegovina, contrat- Enzo Bettiza CONTINUA A PAG. 2 PRIMA COLONNA
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