I Pooh, professionismo industria e perfezione di Gabriele Ferraris

E' cominciato il nuovo tour, una garanzia di successo E' cominciato il nuovo tour, una garanzia di successo I Pooh, professionismo industria e perfezione TORINO. I Pooh hanno aperto l'altra sera al Palasport di Torino, di fronte a 4500 spettatori, il primo tour dei loro secondi trent'anni. Il concerto s'inizia con «Amici per sempre», canzone nuova che sembra «Non siamo in pericolo» e invece è la chiave che i Pooh useranno per penetrare indenni nel Duemila. Verso mezzanotte si chiude con «Pensiero». Questi scarni dati di cronaca potrebbero esaurire il compito del recensore: se un complesso italiano dopo 31 anni di canzonette è ancora in grado di vendere carrettate di dischi, e di riempire i palasport, ha definitivamente superato la soglia della discutibilità. Non si spiega, né ci si ironizza su. Lasciate perdere le fanfaluche sul «rock alla panna», sul «pop di plastica», sui «Beatles delle parrucchiere». I Pooh sono i Pooh. Sono un'industria gestita da quattro manager che sanno dove e come investire - quest'anno investono sullo show, tornando alla megaproduzione, scialo di luci e laser e palchi mobili. Per di più, sono bravi musicisti, simpatici omarini, seri professionisti: capaci persino di dare mia chance a un giovane cantautore - tale Giovanni Danieli - portandolo in tour a farsi conoscere e a conoscere l'ebbrezza delle folle. Da trent'anni i Pooh piacciono a grandi e piccini. A gente che magari non ascolta altra musica; opperò ama i Pooh, e questo è meglio del nulla. Robi e Dodi e Stefano e Red sentono l'importanza dell'impegno, e pretendono da se stessi il massimo. Al debutto sono nervosi come ragazzetti esordienti; e dopo il concerto si stracciano le vesti se qualcosa ha girato storto; anche se soltanto loro se ne sono accorti. Non c'è nulla di più perfetto, in gi- Robi, Dodi, Stefano e Red, ovvero i mitici Pooh, che resistono sulla scena da più di trent'anni tiamola di considerare la canzone «commerciale» come qualcosa di becero, tirato via per pubblici di bocca buona. Il grande spettacolo popolare non deve per forza - in quanto popolare - essere sciatto o corrivo: e i Pooh lo confermano ad ogni concerto. Per questo li rispettiamo e, pur non rapiti dalla loro musica, ne lodiamo il lavoro, onesto e ben fatto: meglio i Pooh, con i coretti (impeccabili), la musica risaputa (ma per¬ ro sui palcoscenici italiani, di un concerto dei Pooh: pianificato nei rninimi particolari, pensato canzone dopo canzone. E' un prodotto. Un prodotto di massa. Ma di qualità. Sapete che nei supermercati si possono comperare ottime scarpe, e vini stupendi? Anche nel supermercato dei Pooh ci sono gli affaroni (basta saperli cercare), e comunque non ci troverete mai le fregature. Sono tipi per bene, i Pooh. E smet¬ fettamente suonata), gli show sberluccicanti (avanzatissimi), gli sponsor dichiarati senza vergogna («ringraziamo la Clay Paky e la Toro Assicurazioni...»); meglio loro, e vadano al diavolo i presunti «alternativi», pronti a sputare addosso al sistema intascando l'intascabile, e i briganti delle sette note lesti a cavalcare le mode del momento. Gabriele Ferraris

Persone citate: Giovanni Danieli

Luoghi citati: Torino