Erhard, benessere über alles di Emanuele Novazio

Erhard, benessere ùber alles Erhard, benessere ùber alles Col «mercato sociale» creò il supermarco BONN spento, eterno, Erhard anticipò con precisione quel che sarebbe avvenuto l'indomani. L'ormai prossimo «padre del miracolo tedesco» non si sbagliò: mentre, «per miracolo», i negozi di tutto il Paese si riempivano di merci che in precedenza si potevano trovare soltanto a un mercato nero onnivoro ed esoso - venne convocato da Lucius Clay. Gelido e furente, il generale gli rammentò che un tedesco non poteva cambiare di propria iniziativa le norme stabilite dagli occupanti, e che il plenipotenziario americano non aveva ancora espresso parere favorevole alla riforma. Erhard «il grosso» - come si cominciava a soprannominarlo per via della mole, ma soprattutto della simmetria sferica e bonaria del volto florido - rispose che le norme non erano «cambiate» ma «abolite». Insieme con l'estate - e propiziata da una soddisfatta esibizione di orgoglio nazionale - cominciava quel giorno la rinascita economica e morale di un Paese devastato dalla guerra, ma ancora in possesso di uno straordinario serbatoio produttivo. E si profilava il mito di un uomo che la Ger¬ mania alla ricerca di un modello ha eletto a proprio talismano. A sinistra e a destra: nella Cdu del Cancelliere Kohl - che anticipa a stamane i festeggiamenti, per evitare ciarliere sovrapposizioni con il Carnevale - e nell'Spd a corto di bandiere («uno dei nostri», lo definisce il capogruppo Scharping); fra i Verdi, che esaltano lo «spirito del capitalismo renano» inventato 50 anni fa da Erhard; e nel sindacato, nelle associazioni industriali. Convinti, tutti, di incarnare al meglio l'eredità di un uomo che nei travagli d'oggi - non offre soltanto ricette politico-economiche, ma un auspicio: la speranza propiziatoria della ricomposizione, la forza beneaugurante del presagio. Soggiogati, tutti, dalla magia di una formula che da allora è rimasta garanzia e simbolo della pax tedesca, l'«economia sociale di mercato» capace di assicurare «il benessere per tutti»: un'espressione che per il ministro dell'Economia del primo governo federale (e secondo Cancelliere, dopo Adenauer, dal 1963 al '66) significava coniugare l'efficienza dell'economia di mercato con le «responsabilità» dello Sta¬ to e le «corresponsabilità» - e le «autoresponsabilità» - dei cittadini nella produzione del «benessere comune». Ma significava, anche, libera concorrenza in regime di stabilità monetaria; leggi antitrust, intervento leggero dello Stato. Dietro un giubileo che soddisfa unanimi ambizioni, in realtà, si nascondono quesiti cruciali, per la Germania e l'Europa avviate alla svolta del millennio e alla prova dell'Unione monetaria. Per esempio, se un «mercato globale» può ancora essere «sociale». Per esempio, se l'«assistenza» dello Stato è ancora lecita - e possibile di fronte a deficit pubblici che nessun governo sembra in grado di arrestare. La ricetta di Erhard è sufficiente, si chiedono i tedeschi, per rispondere a domande come queste e risolvere i problemi che vi sono collegati, dalla disoccupazione record alla crisi dello Standort Deutschland, l'azienda Germania aggredita dalla crisi? L'unanimità dei consensi e gli equivoci che rischiano di accompagnarla - nascono probabilmente dall'ambiguità che il «modello Erhard» conserva, a 50 anni dalla nascita dell'«economia so¬ DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Raccontano che la sera prima della «rivoluzione» - l'avvio della riforma monetaria che avrebbe segnato la rinascita economica tedesca, con la scelta del Marco come moneta nazionale e la restituzione forfettaria dei prestiti di guerra - Ludwig Erhard pensasse soprattutto al governatore militare americano, il generale Lucius Clay. Chiuso in una modesta stanza dell'Hotel Monopol di Francoforte in quella afosa notte di solstizio - era il 20 giugno del 1948, in Germania stava per cominciare un'estate di portenti - il professore bavarese prestato alla politica da una vocazione mal dissimulata correggeva il testo della legge che - di lì a poche ore avrebbe liberalizzato i prezzi di 400 categorie di beni di consumo, la stragrande maggioranza. Raccontano, gli esegeti di un uomo che è un mito conteso e una leggenda - mentre nella Germania sopraffatta da inquietudini e incertezze si compiono i cent'anni dalia nascita, il 4 febbraio, e i 20 dalla morte, il 5 maggio - raccontano che scuotendo il sigaro ciale di mercato»: un'espressione - quest'ultima - mutuata da un economista di Colonia, Alfred Mueller-Armack, che la leggenda attribuisce tuttavia a una misteriosa e bionda segretaria - la «Bella Elena» - che avrebbe catalogato così la prima bozza della riforma monetaria. Un'economia di mercato davvero libera, suggeriva Erhard, è di per sé «sociale»: l'efficienza del sistema rafforza infatti il potere d'acquisto dei salari, promuove il pieno impiego e rinsalda la disposizione dei lavoratori nei confronti delle imprese. L'intervento diretto dello Stato, in queste condizioni, deve limitarsi alle garanzie per i più deboli e i malati. Quanto lontani siano simili circoli virtuosi, lo dimostra la fine del «sogno politico» di Erhard: il 30 novembre del '66 «Dicke», il grosso, si dimise da Cancelliere perché l'economia era cresciuta «soltanto» del 2,9%, e il deficit pubblico era «addirittura» di 2 miliardi di marchi. Cifre da far sorridere, se confrontate alla stagnazione - e alle voragini di bilancio - con le quali deve confrontarsi il Cancelliere Kohl. Emanuele Novazio

Persone citate: Adenauer, Alfred Mueller-armack, Dicke, Lucius Clay, Ludwig Erhard, Scharping

Luoghi citati: Colonia, Europa, Francoforte, Germania