L'ultima sbandata del bullo

I/ultima sbandata del bullo I/ultima sbandata del bullo Una vita a sognare di essere un leader RITRATTO DEL QUARANTENNE TORTONA DAL NOSTRO INVIATO ci si può fare un'idea ricostruendo la sua biografia attraverso le voci di Tortona. E' curioso che tutti parlino di lui al passato, non come se fosse andato in carcere, ma come se fosse morto. Questo dunque «era» Claudio Montagner. Era nato da famiglia di origini venete, in un paesino chiamato Vho, sulle colline sopra Tortona. 11 padre lavorava nell'edilizia e, dopo le medie, Claudio aveva lasciato la scuola per il cantiere. Quando ne usciva, si dedicava alla sua grande passione: le moto. Lo vedevano rombare su tutte le strade dentro e intorno a Tortona. Quando non tornava, lo andavano a ripescare in un fosso o vicino al tronco di un albero, dove si era schiantato. Sul nu¬ mero degli incidenti gli amici sono discordi, ma tutti ne indicano più di una dozzina. Quando non era in sella si aggirava per la città facendo lo sbruffone, raccontando gesta immaginane a un pubblico immaginario. Aveva fatto il militare a Padova e ne era tornato con una fidanzata, Carla, che avrebbe sposato. Sembrava una svolta: aveva vinto il concorso ai Monopoli di Stato, ottenendo un posto da operaio al deposito e un appartamento nella casa gialla a due piani proprio di fronte. Gli erano nati due figli, Diego (che oggi ha 16 anni) e Giorgia (che ne ha 7). Lavorava come un disperato: mattina ai Monopoli, pomeriggio a tirar su muri o tetti per qualche concittadino, facendosi pagare in nero per poter togliere qualche soddisfazione a sé e alla famiglia. Per arrotondare ancora, vendeva oggetti di dubbia provenienza: scarpe, orologi, una volta quadri. Fu la volta che gli andò male e subì un processo per ricettazione. Passavano gli anni e Claudio Montagner si vedeva fare cose che non gli appartenevano. Andava in giro con suo figlio e si sentiva uguale, dentro. Solo, sperava che a lui andasse meglio. Agli amici di Diego raccomandava: «Se lo vedete in cattive compagnie, venitemelo a dire, che lo raddrizzo, non voglio che venga storto, come me». Poi, le cattive compagnie le frequentava lui. Si era fatto crescere i alzato abbastanza fumo Era andato a passarsi una delle sue serate tipo- dentro una sala ad ascoltare il complesso locale che preferiva: i «Succo di banana»; al banco di un bar a farsi una birra scura, dicendo: «Questa e la ventesima da stamattina», ma eia si e no la terza, sufficiente pero pei tarlo sbandare ancora e finire la notte in un prato, dove !o raccattavano alle 3 per riconsegnarlo alla casa di fronte alla manifattura tabacchi Era tutta cosi la vita di Claudio Montagner voleva essere spencolata e taceva venne un bri vietino. Però lui ci provava, a renderla epica. Aveva viste un gruppo di tortonesi, quelli ricchi, con il Bmw, fare i rallies e si era attrezzato anche lui: dotando la sua Ritmo 105 TC di un volantino in radica da vera Abarth, costo lire 360 mila, due muri in nero. Lo scarto tra ì sogni e la realtà gli aveva fatto venire la depressione. Lo portavano a giocare a calcetto a Salice e non ne parava più una (non che prima fosse Zoff) Diceva: «Respiro male, non mi arriva il fiato ai polmoni e mi viene l'ansia. Ci ho l'angoscia e non so perche» Una sera entrava a «El Paso» ridendo, la sera dopo si sedeva su una panca, da solo, e piangeva L'ultimo pomeriggio prima dell'arresto l'hanno visto all'lper Girava tra gli scaffali con gli occhi dilatati di chi ha preso una dose da cavallo e parlava tra sé: dell'ansia, dell'angoscia e delle altre amiche sue. Era l'ultima curva. Una sera più fredda delle altre, quella del 27 dicembre 1996, Claudio Montagner ha sbandato per l'ennesima volta e si è svegliato, anziché in un prato, seduto davanti a un giudice. Come al solito, prima ha provato a fare lo sbruffone, poi ha pianto. Adesso è pronto per raccontargli chi «era». Michele Faiella, 22 anni, catturato l'altra notte in Sardegna Cosa ci fa un uomo di quarant'anni di nome Claudio Montagner nella foto di squadra delle undici teste giovani e vuote che hanno lanciato i sassi dal cavalcavia? Sembra strano, ma c'è davvero: in piedi, con i capelli biondi e lunghi, il tatuaggio con l'aquila, gli occhi dilatati dalle pastiglie e dall'angoscia che non riuscivano a calmare. La didascalia, fino a ieri, diceva: capobanda. Macché capobanda, Montagner quando giocava a calcio stava in porta e un portiere non è mai un leader. E' l'ultimo a cadere, questo sì, ma niente di più. Non è un leader neppure Montagner, ma solo un bullo di paese, uno «strambala», come dicono, uno che passava in moto facendo l'impennata sulla statale, un gran polverone e poi via, dritto addosso a un platano. Non è una «mente», solo una «testa vuota» come le altre dieci, lui un po' di più per questioni di capienza e di vento che gli anni ci hanno fischiato dentro, giorno dopo giorno, mentre lui metteva su casa e famiglia, due lavori e due figli e annegava nella birra il dispiacere di crescere senza cambiare. Siamo tutti qui a stupirci perché sul cavalcavia c'era un quarantenne padre di famiglia, ma Claudio Montagner è quello che sarebbero diventati Paolo Bertocco o uno dei Furlan se avessero avuto ancora tempo per sbagliare. Avrebbero sposato le loro Elene o Loredana, avrebbero fatto figli, lavorato tutto il giorno e poi passato le sere a cercare il modo di sfogare lo scontento per quello che erano. Trovando, inevitabilmente, il modo più stupido per farlo. Se poi questo quarantenne in sbandata continua sia stato davvero l'ideatore della notte sul cavalcavia, lo diranno i giudici. Nell'attesa, capelli, portava pantaloni di tipo militare e canottiere da Rambo periferico. Cambiava una moto l'anno, l'ultimo passaggio da una Yamaha tipo chopper a una 750. Continuava a sbandare. Frequentava i bar dei bikers, sperando di farsi accettare nel loro gruppo, ma alla «tana di Tony» lo guardavano sempre come un pivello. Provava allora a fare il duro. Si era messo in tasca un coltello a serramanico. Una sera di gennaio, quando già gli arresti erano cominciati, un gruppo di giornalisti entrò al pub «El Paso», dove c'era anche lui e lo udì dire: «Se imo di quelli si avvicina a me, gli taglio la gola», accarezzando il coltello. Ma poi era andato via al volo, come sempre accadeva, dopo che aveva Padre e zio abusavano di una ragazzina. La madre li ha coperti Trattative a buon punto Catania: salvata dallo zio

Luoghi citati: Catania, L'aquila, Padova, Sardegna, Tortona