Vedova Monlinaro, prima vittoria

Vedova Monlinaro, prima vittoria Vedova Monlinaro, prima vittoria Caltanissetta, sequestrati i tesori delle cosche CALTANISETTA. L'appello accorato e indignato di Tina Montinaro, la giovane vedova di uno dei tre poliziotti morti nella strage di Capaci con Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, è stato accolto dai magistrati antimafia di Caltanissetta. Ieri mattina la Direzione distrettuale antimafia della procura nissena ha chiesto il sequestro dei beni di 31 dei 39 imputati nel processo in corte d'assise per l'attentato del 23 maggio 1992, compresi i pentiti Calogero Ganci e Giovan Battista Ferrante. Rischia pure il sequestro del suo patrimonio il capo della «famiglia» di San Giuseppe Jato, Giovanni Brusca per il quale permangono dubbi sull'effettiva volontà di pentirsi. Perplessità che sono fugate, invece, per suo fratello Enzo ormai ammesso nel piano di protezione statale per i pentiti. La richiesta di acquisire al Demanio le proprietà dei tre è stata formalizzata alla Corte presieduta da Carmelo Zuccaro. Quando, giorni fa, Tina Montinaro era stata ascoltata nell'aula bunker delle Assise a Caltanissetta, aveva chiesto che anche i pentiti pagassero con il carcere e con i soldi frutto di sangue e violenza. E aveva confermato di volersi rivalere come parte civile anche sui collaboratori della giustizia che, si era lamentata, lo Stato spesso retribuisce al di là di ogni ragionevolezza, come Balduccio Di Maggio. E la sua iniziativa, dopo le rivelazioni nel processo Andreotti sul mezzo miliardo versato dallo Stato a Di Maggio, aveva suscitato scalpore. Ieri mattina il pm Tescaroli ha chiarito che il sequestro «nell'ipotesi di condanna degli imputati» tenda a garantire il paga¬ mento delle spese processuali all'Erario e il risarcimento dei danni alle parti offese». I relativi accertamenti patrimoniali erano stati disposti prima dell'inizio del processo, nel maggio del 1995. Processo che riprenderà fra tre settimane, il 19 febbraio. Quello stesso giorno nell'aula bunker potrebbe essere interrogato Giovanni Brusca che ha chiesto di deporre in qualità di imputato. Saranno quindi sentiti i testi citati dalla difesa. E sulla richiesta della Direzione distrettuale antimafia, che i rappresentanti della pubblica accusa hanno depositato nella cancelleria della corte d'assise, i giudici decideranno molto probabilmente nei prossimi giorni. Ma, per farlo, dovranno riunirsi in camera di consiglio comunicando la deci¬ sione nella prima udienza utile, appunto quella del diciannove febbraio. Fra gli imputati dei quali la Dda di Caltanissetta vuole l'acquisizione del patrimonio ci sono il capo di Cosa Nostra in Sicilia Totò Riina, il cognato Leoluca Bagarella e Pietro Aglieri indicato da più fonti come il vero successore di Riina, che è latitante, [a. r.] Sopra, Giovanni Falcone ucciso dalla mafia nel '92 A sinistra, il giudice Lo Forte meno possibile della struttura dell'organizzazione, e che non sapevano nulla delle motivazioni delle azioni crirninali loro demandate». Questo sistema, però, non ha funzionato. Perché? «Perché anche questi soggetti hanno finito col collaborare una volta catturati. Non hanno determinato danni gravissimi perché appunto sapevano poco. Ma certamente non hanno risolto l'esigenza fondamentale di Cosa nostra: quella di recuperare la totale impermeabilità verso l'esterno, che non esiste più a causa delle collaborazioni».

Luoghi citati: Caltanissetta, Capaci, San Giuseppe Jato, Sicilia