La mafia ordinò: uccidete Caselli

Otto arresti a Palermo: il piano deciso dai clan sarebbe scattato alla fine del '95 Otto arresti a Palermo: il piano deciso dai clan sarebbe scattato alla fine del '95 La mafia ordinò: uccidete Caselli Una bomba doveva essere nascosta nella sua auto PALERMO l'auto blindata assegnata a Caselli. La proposta, rivelata da una microspia, fu fatta intorno alle 19 del 15 dicembre 1995. Non vi fu alcun seguito. Ma sviluppi hanno avuto le indagini che carabinieri e polizia hanno intensificato con altri controlli. Gli inquirenti avevano stretto il cerchio attorno alla «famiglia» del Corso dei Mille, attiguo al rione Brancaccio. A quanto sembra, erano stati proprio i boss di Brancaccio, i fratelli Graviano, a ricevere il mandato di euminare Caselli. Uno dei progetti, questo, che si era aggiunto ad altri. Infatti, alcuni pentiti hanno parlato dell'intenzione di uccidere il procuratore con un bazooka e un lanciamissili, sequestrati nei mesi scorsi. Altri pentiti avevano anche riferito della possibilità DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dòpo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino la mafia voleva assassinare anche Gian Carlo Caselli. Tra ieri notte e l'alba, sono state arrestate otto persone. C'è anche un latitante. Sono tutti accusati di associazione mafiosa e favoreggiamento. Il caso è stato assegnato alla procura della Repubblica di Caltanissetta, competente per territorio. Il boss Giacomo Teresi, 50 anni, arrestato il 16 aprile scorso, con altri due «amici», Domenico Marino e Giuseppe Sabato, aveva chiesto all'autista giudiziario Matteo Grutti di 40 anni di piazzare un ordigno nel¬ che Caselli fosse assassinato con l'esplosione di un'ambulanza. L'operazione si è svolta nel massimo riserbo e in prigione è stato portato anche un insospettabile primario dell'ospedale «Enrico Albanese», Rosario Mandala, 57 anni. L'uomo avrebbe più volte curato Giuseppe Graviano (allora latitante), uno dei due fratelli in prigione con l'accusa di essere stati i mandanti dell'omicidio del parroco Pino Puglisi. Gli altri arrestati sono Giuseppe D'Angelo, 64 anni, titolare di un'agenzia di onoranze funebri condannato nel primo maxi-processo, e («a disposizione», cioè secondo l'accusa aggregati alla mafia senza averle giurato fedeltà) Salvatore Arcoleo, commerciante di 60 anni, Saverio Marchese di 31 an¬ ni, cugino del più noto Giuseppe Marchese, Rosario Castello di 45 anni, titolare di un autosalone, Giovanni Mondello di 65 anni, proprietario di un cantiere nautico, e gli incensurati Domenico Marino e Giuseppe Sabato di 30 e 25 anni: i due che avrebbero fatto la proposta a Grutti insieme con Teresi. L'autista giudiziario è stato interrogato per tre ore come persona informata dei fatti. Il 15 dicembre 1995, Giacomo Teresi gli disse: «Se ti diamo una cosa gliela metti... il telecomando te lo diamo noi». E Grutti: «Gliela metto...». Ancora Teresi: «Una cosa leggera... gliel'appoggi... poi di sotto... Bum!». Antonio Ravidà

Luoghi citati: Caltanissetta, Palermo