«Sabotaggio scientifico alle Finanze»

Appello ai sindacati: occorre uno sforzo ciclopico per rimettere in ordine la situazione Appello ai sindacati: occorre uno sforzo ciclopico per rimettere in ordine la situazione «Sabotaggio scientifico alle Finanze» Visco denuncia: controlli impossibili e lotterie sbagliate F =1 Finanziaria d'agosto? Cifaperdere l'Europa ROMA. Il debito del settore statale ha superato per la prima volta nella storia dei conti pubblici italiani i due milioni e 200 mila miliardi di lire. Il dato di ottobre (2 milioni 202.113 miliardi), ultimo disponibile dalla Banca d'Italia, è superiore di 23.635 miliardi a quello di settembre e porta l'incremento complessivo su base annua a 126.294 miliardi ( + 6%). Considerando che l'aumento del debito del settore statale è cresciuto mediamente di oltre 10.500 miliardi al mese dall'ottobre 1995 all'ottobre 1996 (350 miliardi al giorno), la consistenza del debito a fine anno dovrebbe aver con ogni probabilità superato a fine anno il nuovo tetto dei 2 milioni e 220 mila miliardi di lire. Nella versione contabile allargata del settore pubblico, d'altra parte, l'ammontare del debito ha già raggiunto nel mese di settembre i 2 milioni e 291.623 miliardi di lire. EL gioco dei sottintesi, il sindaco Rutelli, ieri, ha quasi eguagliato il Marcantonio shakespeariano nell'orazione sul corpo di Cesare: «Non ho indetto questa conferenza stampa per lamentarmi e non è certo mia intenzione scaricare su altri la colpa di una serie di problemi. Però...». Pero, se in Italia, e a Roma presa come esempio, il carrozzone pubblico ha l'andamento di una lumaca e la portata di un carretto, la colpa e del «mostro»: la burocrazia. E fin qui, niente di nuovo. La novità consiste nel fatto che i sindaci sembrano decisi a ribellarsi a questo stato di cose. Rutelli ha detto di parlare anche a nome dei suoi colleghi e ha annunciato prossime iniziative dell'Anci d'associazione nazionale che riunisce i Comuni). La prima è stata chiedere al governo «una sede tecnica» per dibattere proposte di semplificazione. «E da Bassanini e Napolitano - ha assicurato Rutelli - abbiamo avuto dispo- DEBITO PUBBLICO be la privatizzazione dei contratti dei dirigenti, limiterebbe le loro consulenze e i loro collaudi che sono altrettanti cespiti di reddito e di potere. E' una delle mosse del governo più invise alla burocrazia, ma potrebbe moralizzare enormemente l'andazzo». Un'altra ipotesi è quella di fare «dell'amministrazione - ha detto Carlo Podda (Cgil) - una struttura separata dal ministero delle finanze e dotarla di autonomia gestionale portandola al di fuori delle norme sul pubblico impiego». Si tratta di un'antica idea che fu già di Franco Gallo, nota col nome di «agenzia per le riscossioni». In questo quadro al ministero rimarrebbero solo circa 1500 o 2000 dipendenti per espletare i compiti di «indirizzo politico, controllo e sperimentazione», mentre l'amministrazione opererebbe come una «struttura aziendale». Per intanto i mali dell'amministrazione finanziaria sono nei numeri di uno studio Eurispes secondo il quale ogni parte d'Italia può vantare un primato di evasione fiscale, il Sud per numero di evasori, il Nord per ammontare delle somme evase. Negli ultimi tre anni la Guardia di finanza ha scoperto 9 mila evasori totali e 5 mila parziali per un totale di 72 mila miliardi di imposte dirette e 14 mila di Iva sottratte al fisco. Il ministro delle Finanze Vincenzo Visco Raffaello Masci LETTERA CARO direttore, le confesso che sono rimasto assai sorpreso dai titoli cop i quali la stampa italiana ha accompagnato la proposta del governo di presentare la legge finanziaria per il 1998 non a fine settembre ma a giugno. In sé la cosa non è particolarmente nuova: già lo scorso anno il governo si era ripromesso di presentare la legge finanziaria prima delle vacanze estive, non riuscendo poi in questo obiettivo. Se quest'anno vi riuscisse, la cosa avrebbe qualche marginale effetto positivo, ma nulla di rilevante. Il problema è un altro: io interpreto questo annuncio come la rinuncia alla manovra che il governo aveva preannunciato per la primavera e cioè come un addio all'Europa. Come è noto, il Trattato di Maastricht prevede che, per fare parte del primo gruppo di Paesi che costituiscono l'Unione Monetaria Europea, devono essere rispettati cinque parametri relativi all'anno 1997: l'inflazione, i tassi di interesse, il tasso di cambio, il debito pubblico e il fabbisogno finanziario dello Stato. Supponendo che l'inflazione e i tassi di interesse rimangano dove sono oggi, l'Italia rispetterebbe queste due condizioni, così,come potrebbe"essere considerato sufficiente il ritorno nello Sme deciso a fine 1996.1 problemi riguardano Ja finanza pubblica. Lo stock^cTel debito eccede di gran lunga il limite del 60% e soprattutto non si sta avvicinando «al valore di riferimento con ritmo adeguato», come richiede l'art. 104 C del Trattato. Ancor più grave, e certamente determinante, la situazione del fabbisogno pubblico. Esso dovrebbe collocarsi entro il 3% del reddito nazionale a fine '97. Nel '96, esso ha superato il 7% ed è ben difficile pensare che in un anno esso possa più che dimezzarsi passando da 140 mila a 60 mila miliardi. Uno scostamento è ormai certo, anche se il governo dice di non conoscerne ancora la misura esatta. Il ministro del Tesoro ha accennato a 20 mila miliardi. Io penso che non saranno meno di 30 mila. Fino a ieri il governo sembrava deciso a fare una manovra in primavera dell'ordine di 20 mila miliardi. A mio avviso - e l'ho scritto molte volte - è sbagliato aspettare. Se si deve tagliare un de¬ molttare La Cgil all'attacco ficit è molto meglio tagliarlo presto ed eventualmente restituire qualcosa dopo, qualora i conti vadano meglio del previsto, piuttosto che aspettare l'ultimo momento per intervenire. Se si aspetta, la conseguenza è che è troppo tardi per fare qualcosa o che bisogna concentrare in pochi mesi i tagli necessari. Ventimila miliardi su base annua sono meno di duemila miliardi al mese; su nove mesi sono oltre duemila miliardi al mese; dal 15 agosto al 31 dicembre sono quasi cinquemila miliardi al mese, cioè una cifra impossibile. La mia impressione - e lo scrivo con molta amarezza - è che il governo abbia ormai rinunziato all'ingresso alla Moneta Unica con il primo gruppo di partecipanti e si prepari a portare il fabbisogno al 3% a fine '98 e cioè a entrare, eventualmente nell'Unione Monetaria con un secondo gruppo di Paesi, non alla data del 1° gennaio del 1999 bensì a quella del 1° gennaio del 2000, nella migliore delle ipotesi. Non si spiega altrimenti la dichiarazione del presidente del Consiglio, fatta questa mattina, secondo cui questa nuova impostazione consentirebbe di alleggerire i sacrifici. Non si tratta, infatti, di alleggerire sacrifici la cui misura è, per così dire, stabilita~dai pa~ rametri di Maastricht. Se li si ripartisce su un arco di tempo più lungo, si rinuncia all'Unione Monetaria. Su questo punto è indispensabile un chiarimento. Pongo tre domande: il governo italiano ha ancora intenzione di entrare nell'Uem il 1° gennaio 1999? E' tuttora prevista una manovra in aprile, oppure l'idea è stata accantonata? Che senso ha concentrare in pochi mesi una manovra piuttosto pesante sul bilancio 1997 come quella che appare necessaria? Queste sono domande alle quali mi auguro vi sia una risposta del governo. Ho chiaro nella mente il ricordo delle parole pronunciate dal ministro del Tesoro Ciampi nel suo primo incontro con la commissione di Bilancio della Camera quando enumerò le conseguenze drammatiche che l'esclusione dell'Italia dall'Unione Monetaria Europea avrebbe comportato. Da quello che vedo, temo che gli italiani debbano prepararsi a questa amara eventualità. Mi creda cordialmente alfa alfa | Giorgio La Malfa alfa

Luoghi citati: Europa, Italia, Roma