Goffe antisemita, e l'ambasciatore si dimette

Goffe antisemita, e l'ambasciatore si dimette Goffe antisemita, e l'ambasciatore si dimette Costretto a lasciare Washington fra le polemiche lo svizzeroJagmetti BERNA. Il ministero degli Esteri svizzero ha annunciato ieri nella capitale Berna le dimissioni dell'ambasciatore elvetico in Usa Carlo Jagmetti. Le dimissioni giungono dopo rivelazioni su alcune poco eleganti e bellicose affermazioni di Jagmetti sulla questione dei fondi ebraici sottratti dalle banche svizzere ai legittimi proprietari durante l'Olocausto. Secondo quanto rivelato l'altroieri dal settimanale elvetico «Sonntagzeitung», l'ambasciatore Jagmetti aveva parlato, in un rapporto confidenziale trasmesso a Berna, di «intraprendere una guerra contro gli avversari» della Svizzera nella vicenda che oppone la Confederazione elvetica ad alcune organizzazioni ebraiche internazionali. Le dimissioni sono state decise per attenuare le polemiche. Nel documento pubblicato da «Sonntagzeitung», il diplomatico indicava il capo dei nemici della Confederazione nel senatore americano Alphonse D'Amato. Jagmetti illustra le sue riflessioni sulla «campagna in corso contro la Svizzera». Si tratta di una «guerra che la Svizzera deve condurre sul fronte interno ed esterno e che deve vincere», afferma l'ambasciatore, e aggiunge: «Della maggior parte degli avversari non ci si può fidare». Werner Rom, presidente della comunità di culto israelitica di Zurigo, aveva chiesto la sospensione immediata del diplomatico. Il documento pubblicato era a suo avviso un'ingiuria: «Gli ebrei non conducono alcuna guerra contro la Svizzera», aveva dichiarato al telegiornale della tv svizzero-tedesca. Per Jagmetti non si trattava del primo passo falso nella vicenda dei fondi ebraici. Una gaffe aveva già commesso alla fine dello scorso ottobre: in una conferenza stampa indetta a Carlo Jagmetti, ambasciatore svizzero negli Usa, è stato costretto ieri alle dimissioni a seguito di affermazioni che i gruppi ebraici hanno giudicato offensive Washington per spiegare i passi intrapresi da Berna, egli aveva dichiarato che le richieste formulate da Greta Beer, una settantatreenne sopravvissuta dell'Olocausto, per ottenere i soldi depositati in Svizzera dal padre, poi morto in un campo di concentramento nazista, erano state infruttuose perché il con¬ 1 U to era già stato prosciugato da uno zio della donna. Greta Beer si era detta choccata dall'affermazione e il senatore D'Amato aveva chiesto spiegazioni a Jagmetti. L'ambasciatore - si è poi saputo - aveva presentato per fatti quelle che erano soltanto voci. E il dipartimento federale degli affari esteri aveva dovuto esprimere pubblico rammarico per le dichiarazioni. Da Budapest si apprende che l'Ungheria ha ricevuto ieri dalle autorità svizzere un elenco di 33 nomi di ebrei titolari di conti in banche elvetiche rimasti poi vittime dell'Olocausto. Il portavoce del ministero degli Esteri Gabor Szentivanyi ha detto che la lista comprende nomi di persone incluse nel protocollo segreto all'accordo del 1973 fra Ungheria e Svizzera, in base al quale a Budapest fu accordata a mo' di indennizzo una somma di 325 mila franchi svizzeri. [.Ansa]

Persone citate: Alphonse D'amato, Carlo Jagmetti, D'amato, Gabor Szentivanyi, Greta Beer, Werner Rom