Marino: ora mi dispiace che siano finiti in galera

Marino: ora mi dispiace che siano finiti in galera Marino: ora mi dispiace che siano finiti in galera «Sono il primo a dire che non basta. Ma, ripeto, io ho affrontato sette processi. Tutto quello che ho detto è stato oggetto di verifiche e di riscontri. La parola di un pentito non basta, a meno che non ci siano riscontri». Eppure i dubbi restano. Senza voler rifare l'ennesimo processo, il ruolo di Sofri... «Non voglio aggiunger nulla, altrimenti magari presto il fianco a nuove faziosità. Ma sia chiaro: in quegli anni Sofri e Lotta continua erano la stessa cosa, non c'era nulla lì dentro Anselma Dall'Olio ha aderito allo sciopero della fame prò Sofri ROMA. «Per il mio amico Adriano Sofri, per l'ingiustizia che sta subendo, faccio lo sciopero della fame. E cioè ricorro all'ultima arma, diciamo così, di fronte a un'ingiustizia profonda, e contro la quale non c'è più nulla da fare». Chi parla è Anselma Dall'Olio, che ha aderito, quarantotto ore fa, allo sciopero della fame indetto da Carlo Panella. Panella, oggi giornalista del Tg4 di Emilio Fede, e collaboratore del Foglio, conosce Sofri da una vita: era a Lotta continua, e quando di quel movimento restò in vita essenzialmente l'omonimo quotidiano, fu l'inviato che, da Teheran, si entusiasmò per la rivoluzione khomeinista, cosa che a Sofri non piacque granché. Dall'Olio, invece, americana d'origine, e femminista di prima fila, è nota soprattutto per avere sposato Giuliano Ferrara. Dice Anselma Dall'Olio che «per riparare all'ingiustizia si deve muovere il Presidente della di cui lui non fosse informato. E nei processi lo hanno confermato pure i testi della difesa. Mimmo Pinto, ad esempio, il parlamentare. Non ho mai fatto nulla, ha detto, senza chiedere il parere di Sofri». E adesso? I tre condannati non chiedono la grazia... «Non mi fa affatto piacere che qualcuno sia privato della libertà personale. Io credo che sia arrivato il momento dell'amnistia per quegli anni. L'amnistia per tutti, sia per quelli di sinistra che di destra. E' un fatto politico, perché gli avvenimenti di quegli anni era¬ no l'ultimo atto della guerra civile». Come la mettiamo con i parenti delle vittime? «Sì, è vero. Ma il problema cambia se lo si guarda con gli occhi della politica, di quell'ultimo scorcio di guerra civile. Ecco, io che credo che i parlamentari, gli intellettuali, debbano impegnarsi in questa direzione: amnistia per tutti, meglio della grazia per qualcuno». Torniamo a quel qualcuno. Non sente il bisogno di spiegarsi con loro, di comunicare? «Io sì, questo sentimento l'ho provato più volte in questi anni. Ma non credo che dall'altra parte ci sia voglia di un incontro del genere». Beh, per causa sua hanno una prospettiva di 22 anni di galera... «Ma se fosse stata confermata la prima sentenza sarei andato in galera anch'io. Il mio è stato un pentimento religioso, non un calcolo giudiziario». E non era possibile pentirsi lasciando fuori gli altri? «E com'era possibile? Certo, si fosse trattato di una vicenda personale, ma questo è un fatto che ha segnato una generazio¬

Luoghi citati: Roma, Teheran