La triste terra dei Balcani

La triste terra dei Balcani La triste terra dei Balcani quindi, di colpo, agli occhi di un popolo svegliatosi da un sonno coatto, una serie di miraggi: l'Italia, al di là"del mare, un posto favoloso (in televisione) da raggiungere in una notte di avventura; oppure la ricchezza, o meglio una prospettiva di guadagni facili, con i quali uscire dalla miseria, in casa, senza affrontare l'Adriatico, e anche senza lavorare. Suscitano paradossalmente una qualche pena umana persino i mascalzoni che hanno organizzato le truffe, credendo magari di essersi improvvisati finanzieri, a loro modo vittime anch'essi di un malinconico miraggio. Per dire quanto l'Albania fosse fuori dal mondo, basti pensare che, nel 1975, fu il solo Paese a non partecipare alla conferenza paneuropea di Helsinki. E del resto, da lì a poco, Hoxha il tiranno avrebbe rotto anche con Pechino, L'ex Paese di Hoxha sconta mezzo secolo di cupo isolamento piazze in rivolta. Persino a Belgrado, dove pure la protesta è «creativa», cioè si affida alla fantasia, oltre che alla tenacia, dei dimostranti. Ma anche lì, di fronte al muro cieco del potere, appena sbrecciato da qualche tatticismo, lentamente l'angoscia prevale sulla speranza. E non parliamo di Sofia, dove folle frustrate protestano contro la povertà e l'indigenza, prima ancora che in nome di un cambiamento politico. Ma lo spettacolo più triste è l'Albania. Un Paese tenuto per quasi mezzo secolo fuori dal mondo, nel segno di una squallida utopia montanara, senza più riferimenti con lo stesso movimento comunista. Poi una libertà mal gestita, precaria. E dopo aver fatto dell'Albania un'isola «cinese» nel Mediterraneo, in polemica con i «revisionisti» di Mosca. E il regime durava dal 1946, ed era succeduto, senza soluzione di continuità, all'annessione all'Italia fascista e all'occupazione tedesca. Forse questo spiega, o aiuta a spiegare, la scarsa pratica, diciamo così, della democrazia, e dei meccanismi in genere di una società moderna. Aiuta a spiegare perché, con l'avvento delle libere elezioni, la partita si sia giocata tra un opinabile leader «democratico», l'attuale presidente Beri- sha (cultore non tanto del mercato quanto di un liberismo «ultra», utopico quasi come il comunismo di Hoxha, e per di più con venature di autoritarismo politico), e un partito «socialista» che si vergogna di dirsi erede del vecchio regime, ma non ha un serio programma alternativo. Salvo, ora, sostenere la piazza contro Berisha, con un'inversione di ruoli, rispetto a Belgrado e a Sofia, dove a resistere sono proprio gli «ex». Al di là dei casi interni, esistono ora pericoli internazionali, per la rivolta delle piazze balcaniche. Per fare un esempio, l'«insurrezione» di Tirana e di altre città potrebbe contagiare, in qualche modo, la maggioranza albanese del Kosovo, provincia giustamente riottosa della Serbia di Milosevic. Il quale, per suo conto, ha già lanciato qualche segnale di volersi servire di quella situa-

Persone citate: Beri, Berisha, Hoxha, Milosevic