Il doppio paradosso di questa sentenza di Augusto Minzolini

// doppio paradosso di questa sentenza // doppio paradosso di questa sentenza delitto Calabresi a Lotta continua. Per chiudere il cerchio, e affermare un rapporto penale, bisogna fare i salti mortali: e la sentenza Sofri li fa. C'è un punto in cui la sentenza dice: «Se l'omicidio è attribuibile a Lotta continua, la decisione di uccidere dev'essere stata presa dal vertice del movimento», La colpa di Sofri è affermata sulla base di una necessità. Una necessità che non è mai esistita, nel movimento. Sofri dovrebbe aver «tradito» il movimento che aveva creato, trasformandolo da movimento in gruppo, dove valgono gli ordini. Se c'è una cosa inconcepibile nella biografia di Sofri, che antepone, in maniera perfino disamabile, la coerenza alla vita (e al carcere), è questa. Capitò la stessa cosa a Toni Negri, quando si ipotizzò che Potere operaio fosse in realtà la faccia pubblica delle Brigate rosse. Tesi oggi abbandonata da tutti. Chi l'ha emessa se ne vergogna un po'. Eppure a quell'epoca un Presidente della Repubblica, integerrimo, la sposò immediatamente, mandando un telegramma di appoggio al magistrato che l'aveva inventata. Metà della stampa ci credette. Sofri che isola in Lotta continua un gruppo chiuso, in cui l'ordine sostituisce la direttiva, facendo di Lotta continua un feudo, è la riedizione di quella tesi tramontata. Per questo l'«ordine» che avrebbe dato Sofri è così confuso: non si sa se pioveva, se l'auto dell'agguato era blu o beige, se scappò verso Nord o verso Sud. Il pentito dice cose del tutto contrarie a quelle dei testimoni oculari. O mente lui o mentono loro. Come direttiva, è perfetta. Come ordine, ha tutti i difetti della irrealtà. Perciò Sofri doveva essere prosciolto nel processo, e consegnato alle nostre accuse: perché, direttiva o ordine, sempre un morto ammazzato c'è. Invece è stato condannato forzosamente, e questo spinge tutti a prenderne le difese. Un errore della magistratura genera una catena di errori sui giornali. Ferdinando Camon ship alternative non offrono di più. Anzi. Fini si muove secondo uno schema rigido e asfittico: tenta di dimostrare in ogni occasione la sua capacità di condizionamento della politica di Berlusconi, il suo diritto di veto. In più, il presidente di An è fragile di fronte ad ogni iniziativa che metta in discussione la sua area di consenso. Da qui la decisione di collocarsi a metà strada tra Berlusconi e Cossiga. Infine, proprio Cossiga, il grande guastatore: per l'età, per le cariche ricoperte in passato, è difficile che possa diventare il leader di una destra populista che dalla piazza arriva al potere, ma semmai potrebbe finire per essere l'apripista per un personaggio come Di Pietro. Ma un nuovo Polo di destra nato in questo modo non avrebbe nessuna parentela con i conservatori o i moderati che governano in Europa. Così, a bene vedere il centrodestra invece di avere tre potenziali leader non ne ha nessuno. C'è il rischio che dopo aver compiuto appena pochi passi di quella traversata nel deserto verso la rivincita che gli aveva preconizzato Giuliano Ferrara all'indomani del 21 aprile, il Polo si sia già perso. Augusto Minzolini

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